De Rita: “Fragili e sfiduciati, rinunciano ad indignarsi”

 

 

intervista a Giuseppe De Rita

 


Giovani esclusi da ogni prospettiva di futuro. Ma anche incapaci di scosse perché troppo fragili. E circondati da una società rattrappita. Giuseppe De Rita, presidente del Censis, ragiona sul presente e futuro della generazione dimenticata dalle manovre e dai mercati.


Una generazione sfiduciata…
«La sfiducia dei giovani si ricollega a una sfiducia nel sistema. Non è la crisi a paralizzarli. Ma la barra abbassata sul futuro da un sistema incapace di tornare a fare sviluppo. Questo crea disagio».


Perché non si indignano?
«Se facessero come a Madrid o al Cairo, non sarebbero capiti. E poi qui non succederà».


Perché?
«Perché non hanno alcuna fiducia nella lotta collettiva per cambiare il mondo e dunque preferiscono adattarsi. E poi perché non esiste alcuna rappresentanza. I sindacati difendono l´articolo 18 e le pensioni. Le altre organizzazioni si occupano dei loro perimetri, i loro orti».


Come si adattano i giovani italiani?
«Nell´unico modo possibile da noi: il sommerso, l´arte di campare comunque, di arrangiarsi. Quella è la strada. Ma il sommerso non crea sviluppo».


In questo la politica non li aiuta.
«La politica conta poco. Anche se le nostre parti sociali non danno speranze o segnali. Solo tavoli. Nel ‘70 c´erano autunni caldi, l´arrivo al potere del Pci, la crisi della chimica e della grande industria, il governatore Baffi costretto a chiedere ai petrolieri di non attraccare al porto di Napoli perché non c´erano soldi. Eppure la scossa individuale alla ripresa portò a un milione di imprese,raddoppiandole».


E oggi la scossa perché non arriva?
«Da una parte la società è tutta rattrappita: imprenditori, Stato, Comuni, spesa pubblica, ripiegati su loro stessi. Dall´altra, i giovani sono fragili psichicamente e nella capacità a vivere la professione.
Anche perché hanno studiato cose che non servono. E questo non li aiuta a fare da sé, a sviluppare una professionalità propria».


La crisi li ha sommersi.
«Certo. Ma il sistema ha retto: il reddito della famiglia, la casa di famiglia e appunto il sommerso. I giovani si sono sentiti protetti e si sono adattati. Ma questo non si tradurrà in piccola impresa e lavoro autonomo, come negli anni ‘70».


in “la Repubblica” del 21 agosto 2011


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