Intimidazione e disinformazione sui cattolici


 

 

La chiesa e le tasse.

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Che la denuncia del cardinale Angelo Bagnasco delle «impressionanti cifre dell’evasione fiscale» provocasse questa reazione da parte del segretario dei radicali italiani («il cardinale non può stigmatizzare l’evasione fiscale se prima non rinuncia alle agevolazioni ….») può non sorprendere, ma sorprende che sia stata ripresa in modo così clamoroso dalla rete e da tanta stampa. Mi sarei atteso invece parole di apprezzamento per una posizione netta e giusta, in un momento in cui il Paese sente di dovere preliminarmente condividere un giudizio morale solido su cui poggiare scelte e responsabilità politiche non elusive in primo luogo del dato di realtà.


Ne è seguita al contrario una aggressione alla Chiesa, di carattere oggettivamente intimidatorio, per di più fondata su una vera e propria disinformazione, utilizzata e intenzionalmente indotta. Intanto facendo confusione fra Vaticano e Chiesa italiana, ben sapendo che la competenza dello Stato italiano riguarda solo la seconda, essendo il primo un altro stato su cui non può interferire l’ordinamento tributario italiano.


Entriamo nel merito. Per quanto riguarda l’Ici si contesta la norma che prevede l’esenzione per gli immobili nei quali gli enti non commerciali svolgono attività «destinate esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, ….. (articolo 7, c1, lettera I del d.lgs. 30dicembre 1992, n. 504)». Gli immobili sono dunque esenti solo se utilizzati da enti non commerciali e se destinati totalmente all’esercizio esclusivo di una o più tra le attività indicate.


Si tratta di un’esenzione riservata non solo alla Chiesa cattolica, ma a tutte le confessioni e a tutti gli enti non commerciali come ad esempio le associazioni sportive dilettantistiche, le organizzazioni di volontariato, le onlus, le fondazioni, le proloco, le aziende sanitarie, e gli enti pubblici territoriali in genere. L’esenzione richiede che l’intero immobile sia destinato ad attività non commerciali (sono esclusi quindi alberghi, ristoranti, negozi, librerie) pena la perdita dell’agevolazione: non è vero dunque che basti inserire una cappella in un immobile per godere del beneficio.


Lo stesso discorso vale per l’Ires, nel senso che l’articolo 6 del dpr 60/1973 prevede l’esenzione per: a) gli enti di assistenza sociale, gli enti ospedalieri, eccetera; b) le scuole, le fondazioni, le accademie, gli istituti scientifici, eccetera; c) gli istituti per le case popolari.


Analogo ragionamento si deve fare per la stampa cattolica non destinataria di un contributo specifico ma di quanto è previsto per tutte le pubblicazioni dalla legge di sostegno all’editoria.


Ho voluto intenzionalmente rinunciare ad ogni valutazione sull’utilità sociale delle numerose attività assistenziali beneficiarie delle agevolazioni come la Caritas (mense, centri di assistenza, solidarietà internazionale) o la fittissima rete delle parrocchie (scuole per l’infanzia, assistenza agli anziani, o – per dire solo di un servizio divenuto oggi indispensabile per la generalità delle famiglie che non sanno a chi rivolgersi per la cura dei figli nel tempo  extrascolastico – i campi gioco estivi), che sollevano gli enti locali e lo Stato da spese ben superiori alle esenzioni di cui abbiamo parlato.


Mi sono limitato a contestare l’assurdità di una polemica costruita sul presupposto falso di un “privilegio” che non vedo, poiché le agevolazioni concesse a taluni immobili, come ho dimostrato, non riguardano solo gli enti ecclesiastici, ma la generalità delle istituzioni che non svolgono attività commerciali. E, allora, di cosa si sta discutendo?


in “l’Unità” del 22 agosto 2011

 

 

Contributi da Avvenire


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