La rivincita della spiritualità

Lasciata fuori (o quasi) l’editoria religiosa dai libri che hanno fatto l’Italia, i temi della spiritualità si prendono la rivincita nelle sale del Lingotto, dove alcuni degli incontri più seguiti di ieri riguardavano appunto questi argomenti. Non è un caso che Erri De Luca, nel pomeriggio, abbia riempito la Sala Oval ed Enzo Bianchi, nella serata, abbia trattenuto nella Sala Rossa molti lettori, nonostante un disguido che ha fatto slittare l’incontro di mezz’ora. Sono stati due degli appuntamenti più seguiti (oltre naturalmente a Umberto Eco, abbonato al tutto esaurito), che hanno convogliato quello che Ernesto Ferrero definisce un bisogno «di fare qualcosa per la collettività e che forse sopperisce a una drammatica assenza di riferimenti nella società». Il volto religioso del Salone è affidato a non credenti come Erri De Luca, che afferma di escludere la divinità dalla sua vita, ma non da quella degli altri; agli uomini di Chiesa più progressisti, quelli che parlano, come Enzo Bianchi, anche agli increduli; ai preti di battaglia impegnati nel sociale, come don Virginio Colmegna e don Giacomo Panizza, anche loro ieri impegnati, allo stand di Ibs, in un incontro,
moderato da Marco Revelli, che ha affrontato i temi caldi dell’immigrazione e dell’accoglienza. Di Chiesa e religione si parla abbondantemente in questo Salone e spesso in chiave critica, soprattutto verso le gerarchie. Oggi toccherà al potere temporale con incontri che certo non saranno indulgenti, a partire dal «dialogo immaginario» del matematico Piergiorgio Odifreddi con Joseph Ratzinger, fino al «Dossier Vaticano» in cui Bruno Ballardini, che affronta l’opera di evangelizzazione della Chiesa come una strategia che adotta gli strumenti del marketing, dialoga con Ferruccio Pinotti,
autore di una controinchiesta su Wojtyla. Domani sarà Michela Murgia a raccontare gli stereotipi in cui la Chiesa ha rinchiuso l’immagine femminile. Ieri però è stato il giorno delle Sacre Scritture. E non è un caso che Erri De Luca, da anni impegnato, ricorda Ferrero, «in un corpo a corpo con parole antiche» per le sue traduzioni della Bibbia, e il priore della comunità monastica di Bose,  Enzo Bianchi, abbiano entrambi analizzato la stessa pagina del Vangelo di Giovanni, quella dell’adultera condannata alla lapidazione che Gesù salva con le parole «Chi è senza peccato scagli la prima pietra». De Luca, che ha appena pubblicato E disse (Feltrinelli), risale al cuore nel monoteismo, raccontando la storia di Mosé che «va a prendersi» sul Monte Sinai «la notizia della divinità», e la recapita a un popolo che accetta di prendere su di sé quel carico, ma parla anche delle Sante dello scandalo (Giuntina), cinque donne tra cui Maria, una «genealogia che passa attraverso Davide e arriva fino al Messia, figure che hanno avuto un ruolo decisivo nel rapporto con la divinità, mortificato, nel corso, dei secoli, da traduzioni che hanno attribuito alle Scritture una condanna del corpo femminile». Delle donne nella Bibbia parla anche Bianchi, che presenta una pubblicazione liturgica, un Evangeliario secondo il rito romano, pubblicato dal Messaggero di Padova. Un incontro che insiste sulla necessita di «riseminare il Vangelo, liofilizzato nei valori cristiani», dice Ugo Sartorio, direttore del «Messaggero di Sant’Antonio». «Vangelo — ricorda il priore di Bose — significa buona notizia. Non tutta la Bibbia è Vangelo. Ho l’impressione che noi
oggi non sentiamo il Vangelo come una buona notizia perché le stesse Chiese l’hanno imbalsamato, ne hanno fatto un breviario di etica, un deposito di dogmi. Il Vangelo dovrebbe rallegrare, spingere verso la felicità, è una buona notizia, che non si può dare in modo rabbioso, arrogante, nemico. Il fatto è che noi cristiani non sappiamo più dare una buona notizia» .

di Cristina Taglietti
in “Corriere della Sera” del 14 maggio 2011

 

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