Dalle divisioni all’incontro
Aula Grande Fondazione Bruno Kessler | Trento, via Santa Croce 77
Convegno a Trento il 30 aprile – 1 maggio organizzato dall’associazione Biblia in collaborazione con la Fondazione TKessler, che ospita l’evento, e il centro per l’ecumenismo e il dialogo dell’Arcidiocesi tridentina. Tra i relatori: teologi, accademici e scrittori italiani e internazionali.
La Bibbia è ancora il «Grande Codice» dell’Occidente? Qual è stato il passato e qual è il futuro del libro che, di volta in volta elemento di unione o pomo della discordia, è stato il motore delle vicende europee? Sono le domande che risuonano al centro del convegno che a Trento da domani fino a domenica discute de «La Bibbia nella storia d’Europa dalle divisioni all’incontro».
Organizzato dall’associazione Biblia in collaborazione con la Fondazione Kessler, che ospita l’evento, e il centro per l’ecumenismo e il dialogo dell’Arcidiocesi tridentina, vede sul tavolo dei relatori teologi, accademici e scrittori italiani e internazionali, provenienti dal mondo cattolico e protestante ma anche laico, come ad esempio Tullio de Mauro, a cui è affidata la prolusione. Il programma oscilla tra studi di approfondimento storico e riflessione sull’attualità: «Anche la storia della ricezione dei singoli testi e del testo scritturistico nel suo insieme fa certamente parte della
cultura biblica – afferma Marinella Perroni , del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo e membro del comitato scientifico di Biblia –. ‘ Scriptura crescit cum legente’, diceva Gregorio Magno. Un motto che se interpretato in senso troppo individualista o intimista non darebbe ragione del carattere del testo venerato come ‘sacro’ da ebrei e cristiani e riconosciuto come cardine dello sviluppo culturale umano. La Scrittura cresce infatti anche attraverso la lettura che ne fanno le Chiese e i gruppi sociali nelle diverse epoche culturali e nei diversi momenti religiosi collettivi. Per questo la ricerca nei confronti del Libro non può prescindere dal prestare attenzione anche a momenti della storia della
ricezione biblica. Non c’è dubbio che, strettamente intrecciata con lo sviluppo della cultura d’Europa, la Bibbia è stata anche una delle cause delle sue profonde lacerazioni religiose e politiche. Ripercorrere la storia della formazione delle Scritture ebraiche e cristiane nella città di Trento, che è stata scenario di uno dei momenti più drammatici della storia intracristiana, supera la semplice ricostruzione del passato e si traduce in interrogativi sul futuro: oggi, per la cultura
europea, la Bibbia è ancora fonte e motivo di divisione o può aprire nuovi spazi di maturazione culturale e di dialogo religioso?».
Per Paolo Ricca , già decano della Facoltà valdese di Teologia «Certamente la Bibbia è oggi ancora il testo più ecumenico che ci sia. Tutte le Chiese di tutte le tendenze e orientamenti, unanimemente riconoscono in lei la ‘parola originaria’. È l’elemento che ha permesso al Cristianesimo di diventare quello che i testimoni volevano che fosse. Per questo un Cristianesimo che si allontana dalla Bibbia si allontana anche dalla sua natura e va alla morte spirituale e fisica. Se c’è una parola che può unire le Chiese, malgrado le differenze interpretative, è quella della Scrittura. Quella è la parola della fede cristiana: un riconoscimento che c’è sempre stato, anche quando i cristiani tra loro non si parlavano».
Una parola che non è sempre stata accessibile nel mondo cattolico, come sottolinea la storica Gigliola Fragnito : «Fino al Concilio di Trento l’Italia era, insieme con Germania e Polonia, il paese dove più alta era la circolazione di volgarizzamenti parziali del testo sacro». Una serie di pronunciamenti dell’Inquisizione e della Congregazione dell’Indice bloccarono alla fine del Cinquecento ogni traduzione «in lingue materne», la cui sorte designata era il rogo: «Una risoluzione contrastata, a cui si opposero semplici fedeli ma anche vescovi e inquisitori. E che fu valida per Italia, Spagna e Portogallo, dove vigeva l’Inquisizione, ma non per il resto d’Europa. In Francia e nelle Fiandre, ad esempio, ebbero circolazione diverse traduzioni. Solo nel 1758 con Benedetto XIV il divieto venne abrogato, ma il gap rimase. È solo con il Concilio Vaticano II che si incoraggia la lettura della Bibbia. E Giovanni Paolo II, in proposito, ha fatto moltissimo».
Cosa resta però oggi della Sacra Scrittura in Occidente? Se, come constata amaramente Ricca «La Bibbia oggi è piuttosto assente. In Italia come all’estero o è cancellata o è in corso di cancellazione», più articolata è l’opinione di Piero Stefani, biblista e studioso di ebraismo: «Si sta verificando una situazione singolare, capovolta rispetto a quella più tipicamente attestata nel passato. Nei paesi cattolici, dove era stata sottratta alla lettura diretta, la Bibbia ora sta crescendo sempre più nella conoscenza dei singoli fedeli e oggi è certamente molto più nota e letta rispetto a
quando venne chiuso il Concilio Vaticano II. Nei paesi tradizionalmente protestanti invece, dove il testo sacro era patrimonio di dominio pubblico, la secolarizzazione sta progressivamente erodendone la conoscenza e la diffusione. Un dato, questo, che vale soprattutto per le Chiese riformate storiche e per l’Europa: c’è infatti a livello globale un biblicismo aggressivo e fondamentalista assai rigoglioso nelle chiese evangelico-pentecostali. L’avvicinamento delle
tradizioni cattolica e protestante è invece ormai un fatto acquisito a livello accademico. È significativo che questo convegno abbia luogo a Trento: rispetto a quei tempi, infatti, la Bibbia non è più oggetto di contesa. Biblisti protestanti e cattolici sono oggi quasi indistinguibili, mentre prima mancava riconoscimento reciproco. Vale la pena segnalare che il nuovo atteggiamento nel mondo cattolico è precedente al Concilio Vaticano II e può essere anticipato al 1943 e all’enciclica Divino Afflante Spiritu con cui Pio XII legittimò il metodo storico critico, vale a dire proprio quello che la
Chiesa per secoli aveva combattuto del mondo protestante. Su questo panorama resta invece meno individuabile il passaggio nel mondo ortodosso, dove la lettura della Bibbia passa sempre attraverso la mediazione dei Padri».
Accanto a queste due linee c’è un fenomeno sempre più largamente diffuso di un approccio non religioso al testo biblico: «La Scrittura – prosegue Stefani – viene affrontata come un testo letterario, secolare». La Bibbia un archetipo narrativo, sulla falsariga dell’Iliade e dell’Odissea?
«Gli episodi della storia biblica vengono sempre più frequentemente sottoposti a operazioni diriscrittura. Questo modo di accostarsi, trasversale alle diverse culture e diffuso soprattutto fuori dai nostri confini, consente però anche un approccio sereno al testo, senza la vis polemica e ideologica del laicismo».
Alessandro Beltrami
in “Avvenire” del 28 aprile 2011