Mons. Rouet, i laici e le lezioni del Vaticano II

Domenica 13 febbraio la diocesi di Poitiers ha festeggiato il commiato di colui che è stato il suo pastore per 17 anni.
L’eco suscitata dalle dimissioni di Albert Rouet per raggiunti limiti di età (75 anni) va al di là dell’ordinario.
L’uomo simboleggia un modello di prelato oggi raro, di quelli che vanno oltre la semplice fedeltà formale allo spirito del Vaticano II.
“È succeduto a due vescovi dinamici.
Non è un vescovo che esce dal nulla”, spiega tuttavia Marc Taillebois, direttore della comunicazione della diocesi e iniziatore dell’opera Vous avez fait de moi un évêque heureux.
La diocesi di Poitiers ha infatti puntato da molto tempo sulla formazione dei laici creando, dal 1974, un Centro teologico per accompagnare il cambiamento della Chiesa (abbandono di preti, emersione dei laici) e prestare attenzione alla società.
Mons.
Rouet resterà per molti come colui che ha osato uscire dalla struttura tradizionale “una parrocchia – un prete”, organizzando, dal 1995, delle “comunità locali”.
Una équipe di cinque delegati pastorali laici per cinque funzioni – annuncio della Parola, preghiera, carità, finanza e coordinamento – accompagnata da un prete.
“Nessuno sapeva in che direzione stavamo andando, ricorda Éric Boone, oggi direttore del Centro teologico diocesano.
Le reazioni erano tutte positive.
Proponevamo uno strumento di rivitalizzazione delle campagne.
E i laici erano sorpresi nel rendersi conto che la Chiesa aveva bisogno di loro.” “Padre Rouet ha una concezione paolina della missione: i carismi, i ruoli di tutte le membra del corpo…”, precisa Marc Taillebois.
Quindi, la governance nella diocesi di Poitiers si intende sinodale.
“Il Consiglio pastorale diocesano è chiamato a decidere insieme.
L’arcivescovo non impone.” corresponsabilità Invitati da un prete e dai delegati precedenti, Nathalie e Thierry Durouchoux iniziano il loro secondo mandato di tre anni di delegati pastorali per una comunità del centro città a Poitiers.
“Non intendiamo questo ruolo come una buona azione.
Viviamo veramente la corresponsabilità tra preti e laici.
In altre diocesi, i cristiani si riuniscono attorno a un prete.
Qui, è la comunità che si riunisce e il prete viene a raggiungerla.” Questo modo poco comune (in ambiente cattolico) di concepire l’azione pastorale non è però un’invenzione del vescovo.
“Padre Rouet ha semplicemente preso molto sul serio il Concilio e la dignità battesimale dei fedeli”, riassume Éric Boone.
Mentre tutti i suoi colleghi prelati sono oberati di lavoro e di preoccupazioni, Albert Rouet si prende il tempo di leggere i giornali, di incontrare degli eletti, di interessarsi a mille cose.
Marc Taillebois riassume: “È vescovo di Poitiers per tutti gli abitanti della Vienne e delle Deux-Sèvres”, nel senso che si rivolge “agli uomini di buona volontà”, secondo l’espressione cara a Giovanni XXIII.
Personalità atipica, Albert Rouet sa far venire accanto a sé le persone giuste per il suo progetto.
“L’ho conosciuto quando era vescovo ausiliare a Parigi.
Sono venuto a Poitiers per lui”, racconta Marc Taillebois.
Stessa avventura per Isabelle Parmentier, che lavorava per un’altra diocesi.
“Mi ha proposto un impiego, che ho rifiutato.
Allora ne ha creato un altro, per farmi venire!”, racconta questa teologa che occupa un posto “trasversale” a servizio della Parola, intervenendo un giorno nelle comunità locali, il giorno dopo in un servizio diocesano o in un movimento.
Quando non predica un ritiro per i preti.
“Sono venuta per servire i suoi orientamenti pastorali.
E sto vivendo gli anni più belli del mio impegno di cristiana.” A sentire i suoi collaboratori, il lavoro accanto all’arcivescovo di Poitiers è un piacere.
“Governa con la fiducia, spiega la teologa Isabelle Parmentier.
Poiché crede in Dio, crede profondamente nell’Uomo, senza aver paura delle sue debolezze, né delle proprie.
Ci spinge alla creatività, all’inventiva.” Scelte Perché mai il laboratorio di Poitiers – visitato in questi ultimi anni da emissari di più di 70 diocesi francesi ed estere! – non ha avuto emuli (o forse pochissimi)? “Il progetto corrisponde ad un territorio, a una storia.
Non è replicabile, assicura Marc Taillebois, che fa notare che esistono altre esperienze.
La diocesi di Poitiers ha istituzionalizzato una struttura, l’ha codificata.
Noi l’abbiamo fatto per scelta, non per mancanza di preti.” A forza di sentire l’antifona “Eh, voi a Poitiers siete fortunati”, il direttore della comunicazione frena gli entusiasmi.
“Vediamo le fragilità”, dice pensando alla decina di preti che hanno rifiutato il sistema, vivono da elettroni liberi e sono felici di veder arrivare domani un “vero vescovo”.
Il futuro immediato preoccupa coloro che vivono pienamente l’avventura.
“Certi tremano, altri sperano”, riassume Marc Taillebois, che assicura che il solco tracciato in questi quarant’anni non  potrà essere cancellato da un nuovo prelato.
Non foss’altro per il fatto che migliaia di laici (1) preparati e abituati alle responsabilità non si lascerebbero sottomettere senza reagire.
“Coloro che si sono lanciati nell’avventura sono convinti dei benefici.
Lo spirito delle comunità locali ha dato impulso a delle abitudini che resteranno”, assicura Nathalie Durouchoux.
Questo cambiamento è una vera sfida per Isabelle Parmentier: “Per difendere quello che abbiamo vissuto, ci crediamo abbastanza? Sapremo adattarlo al nuovo vescovo e al mondo che si muove?” Il mio ministero è fecondo ma non redditizio”, riconosce la teologa che sa che le realtà finanziarie possono essere fatali al suo posto di lavoro.
“Ma questa funzione, tutta al servizio delle relazioni, resterà profetica.” Proprio come il ministero di un vescovo fuori del comune.
(1) Cinque delegati in 320 comunità locali, certe create 15 anni fa, e nominati per tre anni.
intuizioni e convinzioni Albert Rouet, Vous avez fait de moi un évêque heureux, intervista con Marc Taillebois e Éric Boone, éd.
de l’Atelier.
Due anni dopo il successo di J’aimerais vous dire (Bayard), Albert Rouet presenta un’ultima testimonianza sui 17 anni che hanno profondamente segnato la sua diocesi.
Interrogato da due collaboratori laici vicini a lui, Marc Taillebois e Éric Boone, il vescovo di Poitiers rivisita lungamente le linee fondamentali della sua azione pastorale.
Si comprendono meglio le concezioni che hanno dato vita alle famose comunità locali, e le sue convinzioni sul ministero dei preti (“il problema non è il loro numero, ma per fare che cosa”) o l’impegno nel mondo (“la vera contrapposizione non è tra lo spirituale e il sociale, ma tra impegnati e sonnolenti”).
Senza mai porsi come uno che fa lezione, Albert Rouet spiega semplicemente come ha organizzato la sua diocesi per “dare gusto alla vita cristiana”.
Un libro istruttivo e di facile lettura.
in “www.temoignagechrétien.fr” del 19 febbraio 2011 (traduzione: www.finesettimana.org)

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