VI Domenica del Tempo Ordinario Anno A

Preghiere e racconti “Scegli la vita” «Io ti ho posto davanti la vita e la morte, / la benedizione e la maledizione; / scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza…» (Dt 30,19).
«Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, / non indugia nella via dei peccatori…» (Sal 1,1).
La strada della morte che il primo Salmo ci chiede di non imboccare la stiamo percorrendo, tutti quanti.
La morte è diventata il pastore che seguiamo docilmente fino al suicidio universale che essa ci ha convinto a preparare con le nostre mani.
E perché la sua opera sia perfetta, ci rende ciechi a quanto con esse costruiamo.
La strada della morte si riassume in poche cifre: due miliardi di uomini affamati sul pianeta, centinaia di milioni di uomini asserviti a regimi politici assassini, negatori di tutti i valori ai quali fingiamo di credere, alcune centinaia di milioni di vittime assassinate dalle guerre e dai conflitti dell’ultimo secolo.
La strada della vita si apre di fronte a noi, ma noi voltiamo la testa, rifiutandoci non solo di imboccarla, ma anche di prendere coscienza della sua esistenza.
Di fronte ai pericoli del nostro tempo, la strada della vita apre all’uomo possibilità sino a ieri inimmaginabili di progresso della conoscenza, di approfondimento, libertà, liberazione e salvezza.
Quest’ordine ha cessato di essere un pio desiderio, per diventare la condizione certa della sopravvivenza dei mondi.
Ciò determina la necessità di un risveglio spirituale che ci renda attenti alle realtà create dalla nostra scelta e dalla nostra speranza (…).
Nella lotta contro la bestia che cova in ogni uomo, la Bibbia, i Vangeli e il Corano, come i Veda dell’India o i testi che celebrano le Quattro Nobili Verità del buddhismo, levano per i credenti le loro armi spirituali di fronte agli strumenti di violenza e di morte della bestia.
Fin dalla nascita, ci troviamo di fronte a un mondo che non ammette l’indifferenza.
Recitate il Decalogo in ebraico, in greco, in arabo o nelle 2170 lingue in cui le dieci Parole sono attualmente tradotte: incontrerete un mondo che richiede di fare una scelta fra la luce e le tenebre, fra la vita e la morte.
Esistono infatti due vie e noi ne siamo avvisati: il mondo è diviso in due.
Si impone quindi una scelta, che costituisce la necessità e il rischio di tale scissione.
Quest’ultima esprime una realtà evidente: le tenebre e la luce si spartiscono l’universalità fisica e spirituale del reale.
Rileggiamo il Decalogo.
Ognuna delle Dieci parole descrive il mondo della luce e dell’unità, dell’amore e della vita, opposto a quello della divisione, dell’idolatria, dell’assassinio, dell’adulterio, del furto, della menzogna e della bramosia, governati dalle tenebre e dalla morte.
Mosè, insieme con Gesù e Muhammad, ci ordina: «Scegli dunque la vita, perché tu viva».
(A.
Chouraqui, I Dieci Comandamenti).
Arik e la Torah Arik mi ha indicato un alberello aggrappato a un palo di sostegno.
«Vedi, in noi – come negli alberi – c’è un naturale desiderio di salire, di innalzarci.
Magari è sepolto sotto chili di scorie, ma esiste.
È una sorta di nostalgia che dimora nella parte più profonda di ogni uomo.
La vita però è complessa e piena di contrasti e noi, abbandonandoci unicamente al giudizio della nostra mente, rischiamo di sbagliare direzione, di venir abbagliati da qualche finto sole.
Per questo esiste la Torah, è come il tutore di quel giovane albero, ci aiuta a salire dritti, ad andare incontro al cielo senza farci spezzare dalle tempeste di vento.» (Susanna TAMARO, Ascolta la mia voce, Milano, Rizzoli, 2006, 192-193).
  Invito alla preghiera G Come può un giovane conservare pura la vita? Mettendo in pratica le tue parole.
  T Ti cerco con tutto il cuore: fa’ che non mi allontani dai tuoi comandamenti.
G Conservo nel mio cuore le tue istruzioni e non sarò colpevole verso di te.
  T  Ti rendo grazie, Signore, perché mi insegni le tue leggi.
  G  Le mie labbra vanno ripetendo tutte le decisioni che hai preso.
  T  Seguire i tuoi precetti mi dà gioia come avere un’immensa ricchezza.
  G  Voglio meditare i tuoi decreti, non perdo mai di vista le tue vie.
  T  Le tue leggi mi rendono felice, non dimenticherò le tue parole.
  G  Dona a me, tuo servo, la vita: metterò in pratica le tue parole.
  T  Aprimi gli occhi e contemplerò i frutti stupendi della  tua legge.
(dal Salmo 119)         * Per l’elaborazione della «lectio» di questa domenica, oltre al nostro materiale di archivio, ci siamo serviti di: – Lezionario domenicale e festivo.
Anno A, a cura della Conferenza Episcopale Italiana, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2007.
– Temi di predicazione.
Omelie.
Ciclo A, Napoli, Editrice Domenicana Italiana, 2004.  – Messalino festivo dell’Assemblea, Bologna, EDB, 2007.
– COMUNITÀ MONASTICA SS.
TRINITÀ DI DUMENZA, La voce, il volto, la casa e le strade, «Allegato redazionale alla Rivista del Clero Italiano» 91 (2010) 10,  71 pp.
– E.
Bianchi et al., Eucaristia e Parola.
Testi per le celebrazioni eucaristiche.
Tempo ordinario anno A [prima parte], in «Allegato redazionale alla Rivista del Clero Italiano» 89 (2008) 4, 84 pp.
– Fernando ARMELLI, Ascoltarti è una festa.
Le letture domenicali spiegate alla comunità, Anno A, Padova, Messaggero, 2001.
      VI DOMENICA TEMPO ORDINARIO   Lectio – Anno A   Prima lettura: Siracide 15,16-21        Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in lui, anche tu vivrai.
Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano.
Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.
Grande infatti è la sapienza del Signore; forte e potente, egli vede ogni cosa.
I suoi occhi sono su coloro che lo temono, egli conosce ogni opera degli uomini.
A nessuno ha comandato di essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare.
             v «Se vedi una persona saggia, va’ presto da lei; il tuo piede consumi i gradini della sua porta» (Sir 6,36).
Questa frase avrebbe potuto essere scritta all’entrata della scuola che, fra la fine del III e l’inizio del II secolo a.
C., Ben Sira (il Siracide) aveva aperto a Gerusalemme.
Ai giovani discepoli che seguivano le sue lezioni e che, d’altra parte, si sentivano anche attratti dalle proposte seducenti del mondo ellenistico ed erano affascinati dalle lusinghe della vita pagana, egli indicava il cammino della vita, insegnava la Toràh, la sapienza di Dio.
     Era anche un poeta, Ben Sira.
La Toràh era per lui «come un cedro del libano, come un cipresso sui monti dell’Ermon, come una palma in Engaddi, deliziosa come le rose di Geri- co»; ne assaporava il profumo, «come di cinnamomo e balsamo, come mirra scelta»; vedeva la sapienza uscire dai suoi rotoli e traboccare «come il Giordano nei giorni della mietitura» (Sir 24,13-24).
     Incantato dalla bellezza della legge di Dio, trasmetteva la sua passione agli alunni.
Insegnava loro: «Davanti a ogni uomo stanno la vita e la morte, il fuoco e l’acqua»; ognuno deve scegliere, è libero e responsabile delle proprie azioni, può costruire o rovinare la propria esistenza.
Se prende decisioni insensate la colpa non è di Dio che ha fatto bene ogni cosa, ma soltanto sua.
     Non v’è alcuna costrizione interiore a peccare.
L’uomo può dominare i propri istinti (Sir 21,11), può controllare i propri desideri e le proprie passioni (Sir 20,30).
Se compie il male, se devia dai sentieri tracciati dalla Toràh attira su di sé sventure e disgrazie (Sir 40,10), se invece segue i cammini indicati dal Signore avrà vita e benedizione.
     Così si esprimeva Ben Sira, il vecchio saggio, desideroso di orientare i suoi figli e i suoi discepoli sulla via tracciata dalla Legge di Dio.
  Seconda lettura: 1Corinzi 2,6-10        Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla.
Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria.
Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.
Ma, come sta scritto: «Quelle cose che occ

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