Credenti e atei, un dialogo per ritrovarsi

Anticipiamo un brano dell’intervento su “Jesus” del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura che promuove il “Cortile dei Gentili”, dialogo tra credenti e atei.
Il primo incontro sarà a Bologna, organizzato dall’Università, il 12 febbraio Credenti e non credenti stanno su territori differenti, ma non si devono rinserrare in un isolazionismo sacrale o laico, ignorandosi o peggio scagliandosi sberleffi o accuse, come vorrebbero i fondamentalisti di entrambi gli schieramenti.
Certo, non si devono appiattire le differenze.
Ognuno ha i piedi piantati in un “cortile” separato, ma i pensieri e le parole, le opere e le scelte possono confrontarsi e persino incontrarsi.
Ricorrendo a un gioco di parole assonanti (ma non di etimologie), tra Cristiani e Gentili si potrebbe adottare la tecnica del duello (dal latino bellum), in uno scontro all’arma bianca, alla maniera del giansenista e del gesuita del film La Via Lattea di Buñuel.
Quello che il progetto denominato “Cortile dei Gentili” vuole proporre è, invece, un duetto (dal latino duo) ove le voci possono appartenere anche agli antipodi sonori eppure riescono a creare armonia, senza per questo rinunciare alla propria identità, cioè, fuor di metafora, senza scolorirsi in un vago sincretismo ideologico.
Da un lato, i “Gentili” devono ritrovare quella nobiltà ideale così com’era espressa dai grandi sistemi “ateistici” (pensiamo a Marx o alla celebre parabola sul Dio morto della Gaia scienza di Nietzsche o ai versi di Heine: «Non sentite la campanella? In ginocchio! Si portano i sacramenti a un Dio che muore»), prima che venissero incapsulati in sistemi politico-ideologici o piombassero nello scetticismo e nell’idolatria delle cose o degenerassero nell’ateismo sprezzante, sarcastico e infantilmente dissacratorio.
D’altro lato, la fede deve ritrovare la sua grandezza, manifestata in secoli di pensiero alto e in una visione compiuta dell’essere e dell’esistere, evitando le scorciatoie del devozionalismo o del fondamentalismo e rivelando che la teologia ha un suo rigoroso statuto metodologico parallelo e specifico rispetto a quello della scienza.
in “ la Repubblica” del 4 febbraio 2011

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