Se l´Europa non difende le libertà religiose

Un pensiero struggente mi è tornato alla mente in questi giorni: le grandi aspirazioni perdute che nacquero alla fine del secolo scorso.
Allora sembrò a tutti che la libertà avrebbe presto trionfato ovunque.
Con la sconfitta del comunismo, in realtà, si apriva invece una fase dura, difficile, a tratti perfino tragica della storia mondiale, che sarebbe finita nell´attuale diffuso stato di violenza ed incertezza.
In fondo, le notizie che abbiamo appreso di recente dalla Nigeria, dal Pakistan, dalle Filippine, e poi, quasi a conclusione di un macabro rituale, dall´Egitto, sono un segnale eloquente del contemporaneo muoversi caotico di un´umanità da vent´anni a questa parte alla ricerca di una direzione che sfugge ad ogni controllo politico.
C´è di sicuro un ché di raccapricciante a vedere quanto sia facile sapere in tempo reale gli eccidi che si perpetrano su minoranze etniche, religiose e perfino laiche dovunque siano ritenute scomode, fastidiose o magari semplicemente irrilevanti da qualche gruppo preminente.
È quasi inutile chiedersi perché.
È chiara l´adiacenza del nostro tempo a quanto Benedetto Croce definiva in uno scritto del 1945, intitolato Libertà e forza, una situazione paradossale.
Egli giudicava impossibile, infatti, «pensare che il metodo della libertà potesse condurre alla soppressione della libertà, ossia che un giorno la moralità potesse giungere a sopprimere la moralità e a farsi suicida».
Oggi, per contro, la libertà entra direttamente in conflitto con se stessa, deflagrando istantaneamente in un sito web per pochi minuti come un estemporaneo misfatto di cronaca.
Ma cosa può esserci di più funesto che morire perché si assiste ad una messa, com´è avvenuto in Egitto, o perché si subisce una condanna a morte per adulterio, come avviene normalmente in Iran, o perché si è minoranza musulmana, ebrea e cristiana, magari per nascita neanche per pratica religiosa, come accade di sovente in medio e in estremo Oriente? Il disgusto diviene vero disappunto, pensando all´inedia che domina l´Unione Europea, senza un ´incisiva politica estera comune, e l´inefficacia delle Nazioni Unite, che non adempiono praticamente più al dovere di far rispettare almeno nei Paesi membri l´uguale dignità umana di ogni cittadino, a dispetto della solenne Dichiarazione dei Diritti dell´Uomo nel ´48.
Ciò nonostante, i comportamenti pubblici e privati sono dominati sempre e soltanto dalla libertà.
Non sembra esserci davvero niente che possa limitare l´esercizio collettivo o individuale di un´arbitraria forza egemone.
E così dappertutto proliferano violenze immani, con le più radicali bestialità elargite senza legalità dagli uni sugli altri.
Molte società di oggi, in definitiva, sono sempre più simili alla comunità «naturale» immaginata da Thomas Hobbes nel Leviatano, dove tutti gli individui sono perfettamente identici e liberi, e proprio perciò perennemente in guerra per avere le stesse cose a scapito dei più deboli, inermi e meno numerosi.
Al contrario dei conflitti del secolo scorso, infatti, che coinvolgevano popoli sovrani, quella odierna è la belligeranza anarchica tra due libertà orfane della verità, che si lacerano in modo fratricida nel loro reciproco rapporto.
Come ha spiegato Steven Lukes in un recente studio sul potere, si constata dappertutto una alternativa unica: o una mera esigenza di fare, di decidere, di oltrepassare la barriera di se stessi per realizzare materialmente e in modo illimitato le proprie possibilità.
E allora vi è una pulsione libera che inevitabilmente soffoca l´altro nella dittatura dell´egoismo della fede o dell´incredulità.
Di tale atteggiamento marcatamente decisionista rendono testimonianza i tanti integralismi laici e fideistici del mondo.
Oppure s´impone una testimonianza più profonda e radicale di libertà che si identifica con l´essere stesso della persona.
In questo secondo caso, non è il riuscire a fare che esprime la realizzazione suprema di ciascuno, ma l´accettazione di se stessi e degli altri nei rispettivi termini, un riconoscimento civile e degno di sé che è tanto più concreto quanto meno è immediatamente riportabile al gusto e al capriccio individuale.
I filosofi classici avevano già capito il fenomeno, distinguendo la libertà interiore da quella esteriore, una separazione che oggi torna a dividere fatalmente chi difende i diritti umani da chi vuole spegnerli nella brutalità.
Solo la prima libertà è, però, realmente positiva.
La seconda, anche quando è democratica, resta un´opzione che produce inevitabilmente violenza e ritorsioni.
Perciò, Benedetto XVI ha difeso giustamente, anche nel recente messaggio per la giornata della pace, il valore religioso che ha la libertà interiore per vincere l´integralismo fideista e laicista che intende cancellare dall´esterno l´unica verità intrinseca all´uomo, e che sola può dare l´agognata felicità.
In tal senso è importante – anzi, essenziale perfino inevitabile – che a livello internazionale si promuova una nuova cultura della libertà, ancorata alla verità umana e non sorretta dalla soddisfazione esclusiva dei propri interessi – siano atei o pseudoreligiosi – di tipo democratico o dittatoriale.
D´altronde, il segno tangibile che i diritti umani hanno presa e diffusione in un determinato contesto sociale è la fiducia etica che ciascuno possa trovare in sé con gli altri la pace e la verità, identificando il senso religioso del suo rapporto positivo o negativo con Dio con il significato stesso della sua umanità.
Niente, infatti, può mai sostituirsi al valore permanente e indisponibile di ogni persona senza distruggere al contempo quanto c´è di veramente civile in ogni essere umano.
E, in un conflitto globale come quello che viviamo, in gioco vi è molto più dellavittoria del capitalismo sul comunismo.
Si decide quotidianamente, con la rispettiva libertà religiosa, la sopravvivenza o meno di tutto il genere umano.
in “la Repubblica” del 18 gennaio 2011

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *