Una settimana di armonia tra le religioni

Il mondo è attraversato da conflitti legati alle religioni o interni a esse, che a volte si manifestano solo con parole dure o ingiuriose, ma spesso esplodono in atti di violenza e di sconvolgente estremismo.
Queste tensioni fanno emergere una questione essenziale: i credenti sono pronti a rispettare, e anche ad amare, i seguaci di un’altra fede o li considerano nemici solo perché appartengono a un credo o a una religione diversa dalla loro? Sono «aperti» o «chiusi» verso gli altri? Sono disposti a vivere in armonia con chi non è come loro? In tutte le principali religioni si vanno diffondendo conflitti e, data la enorme importanza della religione nel mondo moderno, ne discendono conseguenze immense per tutti noi, per chi appartiene a una delle grandi fedi come per chi non ne segue nessuna.
C’è naturalmente chi sostiene che la risposta vada cercata nell’ambito della politica, che di certo deve giocare un ruolo fondamentale.
Ma dato che l’estensione di questi scontri è inevitabilmente legata a questioni di natura religiosa, i credenti devono impegnarsi in modo diretto e responsabile.
Inoltre, poiché chi vive la fede con passione non vuole agire in contrasto con essa, le iniziative a favore di un atteggiamento aperto devono avere una dimensione più ampia e profonda, non possono limitarsi a chiedere di comportarsi bene verso gli altri.
Devono richiamarsi ai presupposti spirituali, teologici e scritturali del rispetto per chi segue un diverso cammino religioso o spirituale.
Il 20 ottobre del 2010, anche se la cosa ha ricevuto scarsa attenzione, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato all’unanimità una risoluzione che proclama la prima settimana di febbraio di ogni anno World Interfaith Harmony Week.
La risoluzione era stata proposta un mese prima da re Abdullah II di Giordania e rappresenta un caso unico negli annali delle Nazioni Unite, perché nomina esplicitamente Dio (anche se in modo da non escludere i non religiosi) e perché promuove relazioni interreligiose armoniose mettendo in particolare evidenza le basi scritturali e teologiche su cui dovrebbero fondarsi: «L’Assemblea generale delle Nazioni Unite invita tutti gli Stati a diffondere su base volontaria, nel corso di quella settimana, un messaggio di armonia e di apertura tra le religioni nelle chiese, moschee, sinagoghe, templi e altri luoghi di culto del mondo; un messaggio basato sull’amore di Dio e del prossimo o sull’amore del bene e del prossimo, a seconda delle tradizioni o credi religiosi di ciascuno» .
Ovviamente le risoluzioni, per quanto mosse da buone intenzioni, non cambiano il mondo, ma questa incoraggia le persone che credono nell’armonia interreligiosa e nell’accettazione dell’altro a emergere, a sfidare chi fomenta la discordia e la divisione per istrettezza di vedute o ignoranza delle altre religioni.
Essa riconosce il fatto che il messaggio della religione sul comportamento sociale non può più essere affidato solo alle élite religiose o accademiche, dato che ha un ruolo centrale nel determinare il modo in cui si svilupperà il Ventunesimo secolo.
Parlare di «amore di Dio e del prossimo» è importante, perché altrimenti i cristiani, i musulmani e gli ebrei osservanti probabilmente non si sentirebbero coinvolti dalla risoluzione — e cristiani e musulmani da soli costituiscono circa il 55%della popolazione mondiale— perché «non di pane soltanto vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Luca 4, 4 e Matteo 4, 4, e anche Deuteronomio 8, 2-3).
«In verità il ricordo di Dio è quanto ci sia di più grande…» (dal Santo Corano, 29, 45).
È però altrettanto importante parlare di «amore del bene e del prossimo» perché, mentre per i credenti il bene è Dio, l’amore per il bene coinvolge tutti gli uomini di buona volontà.
In questo modo la risoluzione, anche se basata sui due principali comandamenti su cui «si fonda tutta la Legge e i Profeti» (Matteo 22, 40), coinvolge ogni uomo, di ogni religione, fede e credenza, compreso chi non segue alcuna religione.
La World Harmony Interfaith Week ha quindi la straordinaria possibilità di contrastare l’ondata di tensioni religiose nel mondo: (1) coordinando e unendo gli sforzi di tutti i gruppi interconfessionali perché si concentrino su un tema specifico in uno specifico periodo dell’anno, aumentando così lo slancio comune ed eliminando ispersioni; (2) indirizzando e utilizzando la forza collettiva della seconda più grande infrastruttura mondiale (quella dei luoghi di culto — la prima è quella dell’istruzione) allo scopo di promuovere la pace e l’armonia mondiale: inserendo, per così dire, il giusto software nell’hardware religioso del mondo; (3) incoraggiando in permanenza e con regolarità la maggioranza silenziosa dei predicatori a dichiararsi per la pace e l’armonia, fornendo un veicolo già pronto allo scopo e rendendo pubblici questi sforzi.
Cosa può fare ciascuno di noi? Se si è un esponente religioso, un predicatore o un insegnante, basta proporre il tema dell’armonia interreligiosa nel corso della prima settimana di febbraio di ogni anno in sermoni, prediche, scritti, lezioni.
Tutto qui.
Se si vuol rendere ufficialmente noto un evento perché altri possano conoscerlo, si può inserirlo nel sito www.
worldinterfaithharmonyweek.
com.
Sullo stesso sito si possono anche pubblicare sermoni o articoli che potrebbero rappresentare un’utile risorsa per altri.
Se si è «laici» di buona volontà, ci sono molte cose che si possono fare senza grande dispendio di tempo o di denaro; ad esempio organizzare un «pranzo per l’armonia» per i vicini di fedi diverse o semplicemente invitarli a prendere una tazza di tè o di caffè, a fare una chiacchierata, a guardare un film; si può organizzare un bazar multiculturale; fare insieme un lavoro per la comunità, organizzare una ripulita a un quartiere, dar da mangiare ai senzatetto, realizzare un orto collettivo, dipingere un murale interreligioso, leggere o pregare insieme, parlare alle proprie famiglie della necessità della tolleranza e dell’armonia o anche solo salutare una persona di fede diversa o sorridergli.
Eventi significativi sono già stati avviati.
L’amore per il prossimo inizia proprio dai vicini di casa e quindi dalle comunità locali.
Una buona azione per l’armonia interreligiosa, anche se il mondo va in direzione opposta, non è come il voto dato a un candidato che viene sconfitto: conserva il suo valore.
Anzitutto per l’anima che l’ha compiuta e non è poca cosa.
Poi perché creerà una diffusione a catena del bene la cui portata futura non è prevedibile, ma che darà luogo a una spirale positiva sempre più ampia.
Durante la prima settimana di febbraio ricordatevi quindi di Dio e del prossimo o del Bene e del prossimo.
E ricordate la World Harmony Interfaith Week.
di Tony Blair e Principe Gazhi di Giordania in “Corriere della Sera” del 13 gennaio 2011 (traduzione di Maria Sepa)

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