Dietro i bersaglieri che irrompono sulla breccia di Porta Pia, un carretto pieno di Bibbie fa il suo ingresso simbolico nella città dei Papi.
Da pochi mesi, in quel 1870, Pio IX ha firmato un´enciclica ai vescovi italiani per invitarli a impegnarsi «a ciò che le pecorelle fedeli aborrano dalla pestifera lettura della Bibbia tradotta».
Si libera una capitale e si libera anche la Sacra Scrittura dai veti confessionali.
Dopo centoquarant´anni da allora, la Bibbia entra nei licei pubblici italiani come libro di testo.
Probabilmente una svolta per rimediare l´enorme ignoranza italica, segnalata anche dalle indagini vaticane, di questo codice primordiale dell´umanità.
Un protocollo d´intesa tra il ministero dell´Istruzione e l´associazione “Biblia” ha sbloccato un programma di percorsi didattici sulla Bibbia all´interno delle singole materie.
L´approccio vuol essere interdisciplinare, culturale e a-confessionale.
Una sfida non facile, per un sistema ancora pesantemente condizionato dalle preoccupazioni della Chiesa cattolica per l´interpretazione ortodossa del testo fondamentale della Rivelazione giudaica-cristiana.
La partita si decide in gran parte sull´approccio laico alla Bibbia, in una società secolare e multireligiosa.
Di questo si è discusso nel convegno alla Sapienza tra esponenti laici e cattolici, promosso da “Biblia” e dal ministero dell´Istruzione, per motivare dei percorsi didattici accessibili a credenti e a non credenti, come a giovani di diversa tradizione religiosa e culturale: una Bibbia «capace di parlare anche a una società plurale» dice Agnese Cini, che ha condotto questa battaglia per anni alla testa di “Biblia”.
«Abbiamo questa grande biblioteca dell´umanità, ci può essere preziosa per reagire all´inverno dello spirito.
È un modo per far scendere dai pulpiti la Bibbia, metterla in circolazione come fermento democratico, patrimonio laico riconoscibile della cultura comune».
Era stato Amos Luzzatto, presidente della Fondazione Primo Levi, ad auspicare, insieme ad altri esponenti della cultura, come Umberto Eco e Claudio Magris, che la lettura della Bibbia non fosse confiscata in chiave confessionale, non essendo riducibile a libro religioso.
In un appello essi avevano proposto che lo studio della Bibbia non fosse programmato dentro l´ora di religione nelle scuole pubbliche, ma nel quadro dei normali percorsi didattici ( letteratura, arte, storia ecc.) come patrimonio culturale comune, interessante anche per chi non si ritiene o non è credente.
Il ritardo culturale da colmare è enorme.
Secondo un´indagine condotta da GFK Eurisko su un campione di 13mila interviste in alcuni paesi (tra i quali Usa, Russia, Francia, Germania, Spagna e Italia), patrocinata dalla Federazione Biblica Cattolica e resa pubblica in Vaticano nell´aprile 2008, solamente 30 cattolici ogni 100 nel mondo leggono la Bibbia, contro oltre 70 protestanti su 100.
La Bibbia è il libro più diffuso e stampato del mondo, tradotto in 2454 lingue differenti (sulle 6.700 parlate nel mondo), ma resta ancora poco letto e persino sconosciuto alla maggior parte delle persone.
Risulta che 86 italiani su 100 ignorano le Sacre Scritture e appena 1 su 4 ha letto una pagina biblica in modo personale, al di fuori delle celebrazioni liturgiche.
Questa è, secondo la maggior parte degli osservatori, la causa principale della puerilità culturale che continua ad affliggere la religione degli italiani.
Il fatto è che la Chiesa non è senza responsabilità in questa disfatta.
Alcuni papi come Pio IV nel 1564 e Benedetto XIV nel 1757 risposero alla Bibbia tedesca di Lutero condannando ogni traduzione in volgare della Bibbia.
Nemmeno il Concilio Vaticano II che ha rimesso al centro della Chiesa la Scrittura è riuscito a contrastare con la dovuta efficacia questa indifferenza.
Ma è difficile in breve volger di anni invertire un deficit di secoli.
Troppo a lungo la Bibbia è stata trattata da libro proibito.
Uno sforzo per la rieducazione biblica dei cattolici è stato affrontato da Benedetto XVI che ha pubblicato da poche settimane l´Istruzione “Verbum Domini” a coronamento del Sinodo del 2008 sulla Bibbia.
Significativi gli elementi novativi del testo: raccomandata l´adozione dei metodi storico-critici di indagine (a suo tempo condannati da Pio X nella furia dell´antimodernismo), demolita la pretesa del fondamentalismo biblico, che tratta il testo biblico come se fosse stato dettato alla lettera dallo Spirito, incoraggiate le traduzioni( a suo tempo vietate), accolto uno statuto non fossile ma dinamico della Tradizione.
Soprattutto il Papa esorta a un approccio razionale come chiave di lettura del testo.
Con la sola riserva su una «ermeneutica secolarizzata» che sembra difficile da conciliare con l´incoraggiamento contestuale dei metodi scientifici.
Un ulteriore elemento di incertezza nell´analisi del personaggio Ratzinger e del suo governo.
in “la Repubblica” del 17 dicembre 2010
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