Il Tar su Irc e alternativa

Il Tar sulla valutazione di Irc e alternativa   di Sergio Cicatelli     Con le due sentenze n.
33433 e n.
33434, depositate lo scorso 15 novembre, il Tar del Lazio, sezione III bis, ha rigettato quasi integralmente due ricorsi paralleli promossi lo scorso anno contro tutte quelle parti del regolamento della valutazione, Dpr 122/09, che riconoscevano all’Irc una significativa incidenza sulla valutazione degli alunni.
I ricorsi, in larga parte simili, erano stati presentati separatamente dalle solite sigle che da anni promuovono azioni del genere e dalla Cgil, sull’onda della sentenza emessa pochi mesi prima dal medesimo Tar del Lazio, sezione III quater, n.
7076, contro l’ordinanza ministeriale che consentiva la partecipazione dell’Irc all’attribuzione del credito scolastico.
Il Tar del Lazio ha risposto con due sentenze ampiamente sovrapponibili, che si distinguono solo per la considerazione che viene dedicata in una delle due alle attività alternative.
Le posizioni assunte oggi dal Tar possono per certi aspetti risultare soddisfacenti, in quanto rigettano i ricorsi e quindi convalidano il quadro normativo vigente, ma introducono anche elementi di ulteriore incertezza per la reticenza con cui affrontano questioni decisive.
In particolare, mentre i ricorrenti lamentavano la condizione di partecipazione a pieno titolo dell’Idr alle operazioni di valutazione, il Tar argomenta che non si può parlare di partecipazione a pieno titolo per via dei numerosi vincoli alla valutazione dell’Irc, che vanno dalla scheda separata, al divieto di voto numerico, alla circostanza del voto determinante in sede di scrutinio.
Tutte queste limitazioni non consentirebbero di parlare di partecipazione a pieno titolo alla valutazione e quindi non giustificherebbero le doglianze dei ricorrenti.
Su questo aspetto il Tar evita di dare una interpretazione autentica della clausola sul voto determinante dell’Idr, limitandosi a ribadire la controversa formulazione del 1990, ma lasciando intendere che – proprio in quanto clausola aggiuntiva e limitativa – il ruolo dell’Idr ne uscirebbe almeno in parte ridimensionato, «non potendosi dubitare che il docente della religione cattolica, sotto lo specifico profilo dell’attività valutativa, non è assimilabile ai docenti delle materie curricolari».
In relazione allo specifico caso di contributo alla determinazione del credito scolastico, il Tar respinge la tesi che il contributo dell’Irc possa creare discriminazione, ma lo fa ancora una volta per via delle peculiarità della valutazione dell’Irc che impediscono – a suo parere – una effettiva incidenza dell’Idr sul credito.
Gli Idr infatti non possono essere privati dello status di docenti e quindi di procedere alla valutazione dei propri studenti, ma lo fanno in maniera limitata ai soli aspetti generici dell’interesse, impegno e assiduità, e non intervenendo con una valutazione di merito circa il profitto acquisito nella propria disciplina.
In altre parole, si salva l’insegnante condannando l’insegnamento: è falso che la presenza dell’Idr al momento di determinare il credito scolastico possa costituire motivo di discriminazione, ma sarebbe altrettanto falso che l’Idr possa determinare tale credito in maniera analoga a quella degli altri docenti, dovendosi distinguere tra lo status dell’Irc e quello delle altre discipline scolastiche: «Non è quindi rispondente una configurazione del credito scolastico sul quale può incidere in maniera significativa il giudizio del docente di religione cattolica; a parte l’obiettiva circostanza – non tenuta in considerazione – che, come ogni giudizio, esso non conduce necessariamente ad un esito di segno positivo».
Per il resto, valgono le considerazioni già svolte in merito dal Consiglio di Stato nella citata decisione n.
2749/10.
E proprio come nella decisione del Consiglio di Stato, il Tar conclude una delle due sentenze (quella in risposta alle associazioni anti-Irc) con alcuni rilievi circa le attività alternative, accogliendo su questo punto le eccezioni dei ricorrenti, che avevano lamentato la condizione discriminatoria in cui si troverebbero coloro che chiedono di frequentarle, dato che i loro insegnanti sono stati accreditati dal regolamento della valutazione di un solo parere consultivo in sede di scrutinio.
Pertanto, le parti del Dpr 122/09 che negano la partecipazione del docente di attività alternative alle operazioni di valutazione finale devono essere considerate illegittime.
Oltre a questa conclusione, che già pone il Ministero nella delicata condizione di dover emendare – come era fin dall’inizio prevedibile – il Dpr 122/09, il Tar sollecita anche un altro intervento normativo, chiedendo che proprio per la delicatezza del settore «il Ministero della Pubblica Istruzione dia mano ad una nota informativa, chiara e puntuale, sull’insegnamento della religione cattolica, diretta agli organi scolastici e alle famiglie degli studenti, sugli aspetti organizzativi e sui riflessi didattici di detto insegnamento, con un necessario riferimento ovviamente anche alle previste attività alternative all’insegnamento della religione cattolica».
In attesa di vedere se il Ministero vorrà accogliere l’invito del Tar, prepariamoci comunque a seguire un’altra puntata di questo interminabile contenzioso, dato che è già in calendario l’udienza di un ulteriore ricorso promosso dalle solite sigle ancora una volta in materia di credito scolastico.
 

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