“Nei 150 anni dell’Unità d’Italia. Tradizione e progetto”

Nei 150 anni dell’Unità d’Italia il X Forum del Progetto culturale   “Nei 150 anni dell’Unità d’Italia.
Tradizione e progetto” è il titolo del X Forum del progetto culturale che si terrà a Roma dal 2 al 4 dicembre 2010 (Complesso Santo Spirito in Sassia – Borgo S.Spirito).
Si aprirà alle 15.30 con il saluto del Card.
Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della CEI.
Seguirà la presentazione a cura del Servizio nazionale per il progetto culturale della CEI dei dieci forum.
Modererà Eugenia Scabini, preside della Facoltà di psicologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Nel pomeriggio lo storico Andrea Riccardi interverrà su Identità e “missione” mentre il letterato Claudio Scarpati si soffermerà sul “patrimonio culturale”.
I “nodi di 150 anni di storia” e “sul presente e il futuro dell’Italia” verranno trattati rispettivamente dallo storico Agostino Giovagnoli e dal rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Lorenzo Ornaghi.
Al termine è previsto un dibattito.
Il secondo giorno di lavori si aprirà alle 9.30: la Chiesa e i cattolici in Italia, i cattolici e la cultura, le opere e la tradizione dei cattolici, i cattolici, la politica e le istituzioni sono le tematiche che verranno affrontate il 3 dicembre nel dibattito articolato per gruppi moderati da Sergio Belardinelli, Francesco Bonini, Francesco Botturi e Francesco D’Agostino.
Nel pomeriggio poi alle 15.30 è prevista la tavola rotonda con la partecipazione di Giuliano Amato, Dino Boffo, Lucio Caracciolo, Giuliano Ferrara sul tema “Nei 150 anni dell’Unità d’Italia”.
Modererà Paola Ricci Sindoni.
Il 4 dicembre il X Forum si concluderà con l’intervento del Card.
Camillo Ruini, Presidente del Comitato per il progetto culturale.
 “Iniziati nel 1997 con una riflessione introduttiva su Fede, libertà intelligenza, i Forum sono state occasioni da un lato per superare quella duplice sindrome di conflittualità e di subalternità, che caratterizzò i dibattiti nel mondo cattolico per decenni, dall’altro poi per affrontare i grandi noti del dibattito culturale, a partire dai processi per cui si va non solo ripensando, ma ridefinendo l’umano – spiega Francesco Bonini, coordinatore scientifico del Servizio nazionale per il progetto culturale della CEI -.
Il progetto culturale si vuole configurare come una “utilità di sistema” della chiesa nella società italiana.
Di qui il tema del X forum, che si colloca nei 150 anni dell’Unità d’Italia, assunti come dato di fatto.
Al di là dei luoghi comuni e delle discussioni storico-politiche, il sottotitolo: tradizione e progetto, esprime l’obiettivo di rispendere, sulla base della consapevolezza dei nodi della storia e del patrimonio dell’identità, alla questione se questo Paese ha dinanzi a sé dimensioni di futuro e come sia possibile traguardarle dal punto di vista dell’elaborazione culturale e dell’ethos collettivo”.
 I momenti più importanti del X Forum del progetto culturale saranno trasmessi in diretta audio-video dal sito internet www.progettoculturale.it/xforum.
   Programma X Forum progetto culturale.pdf    Comunicato Stampa X Forum.doc  I cattolici, a pieno titolo «soci fondatori» d’Italia I cattolici sono “soci fondatori” del nostro Paese, e l’Unità d’Italia – che è “un sentire comune circa le cose più importanti del vivere e del morire” – “resta una conquista preziosa e un ancoraggio irrinunciabile”.
Sono questi i due binari principali attorno a cui si è articolato il saluto con cui il card.
Angelo Bagnasco, presidente della Cei, ha aperto il 2 dicembre il X Forum del progetto culturale, in corso a Roma (fino al 4 dicembre), sul tema: “Nei 150 anni dell’Unità d’Italia.
Tradizione e progetto”.
“Cogliere il contributo cristiano rispetto al destino del nostro Paese – ha ammonito il presidente della Cei – richiede una lettura della storia scevra da pregiudizi e seriamente documentata, lontana dunque tanto da conformismi quanto da revisionismi”.
Da san Francesco d’Assisi, cui “si lega il ripetuto uso del termine Italia”, e santa Caterina da Siena, sono “innumerevoli le figure” che hanno dato “un incisivo contributo alla crescita religiosa e allo sviluppo sociale e perfino economico della nostra Penisola”, segno che “l’unico sentimento che accomunava gli italiani era quello religioso e cattolico”.
Unità come risorsa.
Nel 1861, “veniva generato un popolo”, e soprattutto veniva dimostrato che “lo Stato in sé ha bisogno di un popolo, ma il popolo non è tale in forza dello Stato, lo precede in quanto non è una somma di individui ma una comunità di persone, e una comunità vera e affidabile è sempre di ordine spirituale ed etica, ha un’anima.
Ed è questa la sua spina dorsale”.
“Ma se l’anima si corrompe, allora diventa fragile l’unità del popolo, e lo Stato si indebolisce e si sfigura”, ha denunciato il presidente della Cei, secondo il quale ciò accade “quando si oscura la coscienza dei valori comuni, della propria identità culturale”.
Di qui la tesi centrale del presidente dei vescovi italiani: “Lo Stato non può creare questa unità che è pre-istituzionale e pre-politica, ma nello stesso tempo deve essere attento a preservarla e a non danneggiarla.
Sarebbe miope e irresponsabile attentare a ciò che unisce in nome di qualsivoglia prospettiva”.
Fermento nella pasta.
“Quanto più l’uomo si ripiega su se stesso, egocentrico o pauroso, tanto più il tessuto sociale si sfarina, e ognuno tende a estraniarsi dalla cosa pubblica, sente lo Stato lontano”.
“Ma è anche vero – ha puntualizzato il cardinale – che quanto più lo Stato diventa autoreferenziale, chiuso nel palazzo, tanto più rischia di ritrovarsi vuoto e solo, estraneo al suo popolo”.
In questo scenario, “la religione in genere, e in Italia le comunità cristiane in particolare, sono state e sono fermento nella pasta, accanto alla gente; sono prossimità di condivisione e di speranza evangelica, sorgente generatrice del senso ultimo della vita, memoria permanente di valori morali.
Sono patrimonio che ispira un sentire comune diffuso che identifica senza escludere, che fa riconoscere, avvicina, sollecita il senso di cordiale appartenenza e di generosa partecipazione alla comunità ecclesiale, alla vita del borgo e del paese, delle città e delle regioni, dello Stato”.
La fede, cioè, “non può essere mai ridotta a religione civile” ma “è innegabile la sua ricaduta nella vita personale e pubblica”.
Il “vivere retto”.
Partendo da queste premesse, il card.
Bagnasco ha tracciato una sorta di identikit della buona politica, rinnovando l’auspicio che “possa sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che sentono la cosa pubblica come fatto importante e decisivo, che credono fermamente nella politica come forma di carità autentica perché volta a segnare il destino di tutti”.
© riproduzione riservata IL TESTO DELLA PROLUSIONE Identità viva e presenza di Carlo Cardia

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