Giovanni Maria Vian: «Il suo è realismo La dottrina resta contraria»

L’intervista «Se si rappresenta la Chiesa come chiusa, retrograda, spietata, sorda e insomma nemica dell’uomo allora sì, c’è una svolta clamorosa.
Solo che così non si rappresenta la realtà…».
E qual è la realtà, professor Vian? «C’è una bella parola greca che descrive due realtà importanti: oikonomia.
Alla lettera sta per la “legge” che governa l’oikos, la casa.
Ma in senso teologico indica il piano di salvezza di Dio per l’uomo e quindi l’atteggiamento della Chiesa nei confronti dell’umanità: come Dio ama l’uomo, la Chiesa che ama Dio ama ed è amica dell’uomo».
Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore romano, non si scompone.
In fondo, dopo le polemiche su preservativi e Aids nate durante il viaggio in Africa per una frase del Papa («Non si può superare questo dramma con la distribuzione dei preservativi, che al contrario aumentano il problema»), fu proprio il quotidiano della Santa Sede a parlare dei «buoni» risultati ottenuti in Uganda con il metodo «Abc»: «abstinence», «be faithful» e «condom», ovvero astinenza, fedeltà e solo da ultimo il preservativo.
Ciò che il Papa dice nel libro aiuta anche a capire quella frase che scatenò polemiche planetarie? «Certo.
Direi piuttosto che va vista alla luce dello stravolgimento che fu fatto delle parole di Benedetto XVI.
Il Papa spiegava come fosse illusorio e pericoloso pensare che si potesse debellare l’Aids con i preservativi, quanto si rischiasse di peggiorare la situazione diffondendo una mentalità irresponsabile e inefficace mentre invece erano necessarie prevenzione e ricerca e assistenza.
Non a caso, gli africani per primi si rivoltarono contro una mistificazione che oscurava il senso del viaggio e la volontà di mettere in primo piano il loro Continente».
Però un’apertura c’è, no? «La dottrina in sé non cambia, la morale cattolica resta contraria all’uso del preservativo: nel libro, teniamolo presente, il Papa ribadisce che “le prospettive della Humanae Vitae restano valide”…».
E quindi il divieto dei metodi contraccettivi contenuto nell’enciclica di Paolo VI…
«Sì, ma aggiunge che “altra cosa è trovare le strade umanamente percorribili”».
Il realismo della Chiesa? «È il realismo del pastore.
Resta l’obiettivo morale alto, il discorso più ampio sui rischi di una sessualità banalizzata e non a misura umana.
E insieme c’è la consapevolezza che siamo peccatori,  anche se questo fatto non dovrebbe essere assunto come un’istanza contro la verità».
Ma «i casi singoli giustificati» come un possibile «primo passo»? «Appunto: il Papa non è certo un pelagiano, conosce e ama troppo Sant’Agostino per esserlo! E la natura umana è ferita dal peccato originale.
Ma attenzione, nel testo ci sono analisi impressionanti: la condanna del turismo sessuale, della droga, la denuncia di un Occidente che ha oscurato Dio…».
L’Osservatore, comunque, aveva scritto: molti resteranno sorpresi.
«Sono innumerevoli i temi che colpiranno.
Viene confermato il rapporto specialissimo con l’ebraismo, e tra l’altro il Papa spiega perché preferisce usare l’espressione “padri nella fede” piuttosto che “fratelli maggiori”, una definizione che in Giovanni Paolo II si spiegava all’interno della mistica slava ma che al mondo ebraico può non piacere, visto che i fratelli maggiori nella Bibbia non fanno una bella figura.
E poi, ancora, l’importanza dei simboli religiosi, che spiega le considerazioni sul burqa, e insieme il porre la questione della libertà di culto e di religione nel mondo islamico.
Ma la sorpresa dipenderà forse da altro».
E cioè? «La Chiesa e Joseph Ratzinger soffrono pregiudizi tenaci.
Questo libro, come i suoi precedenti,serve a scardinarli, e del resto basterebbe seguire il suo magistero.
Benedetto XVI, proseguendo e innovando una strada già tracciata da Paolo VI e da Giovanni Paolo II, non si sottrae a nessuna domanda e lo fa con un linguaggio molto semplice e chiaro, senza strategie comunicative.
Difatti nel libro si legge che è stato provvidenziale sia stato eletto Papa un professore».
E perché? «Perché al centro c’è la necessità di porre al mondo la questione di Dio, quella che può disinnescare lo scontro di civiltà: le altre culture del mondo sono e restano scandalizzate e impaurite dal comportamento dell’Occidente, che prima ha diffuso il materialismo teorico attraverso il marxismo e ora esporta un materialismo pratico.
Per questo è decisivo riuscire a dare ragione della propria fede, che pure è un dono di Dio, e saperla spiegare razionalmente».
in “Corriere della Sera” del 21 novembre 2010

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