“Seminando grano, raccoglierai una volta.
Piantando un albero, raccoglierai dieci volte.
Diffondendo bellezza, raccoglierai cento volte» (1).
Farsi condurre dalla poesia alla ricerca della verità non vuol dire semplicemente privilegiare gli aspetti estetici, la dimensione del bello, il lato di dolce fruibilità della realtà.
Se essa ci apre la strada alla verità, è perché essa ci fa intuire che questa verità è una verità in cor-relazione, una verità che le cose reclamano e che essa stessa interpella con intensità e immediatezza, appellandosi alla nostra responsabilità, facendoci correggere la prospettiva nel nostro rapporto con noi stessi, con il mondo e con ciò che trascende queste due dimensioni della realtà.
È di grande interesse qui ricordare – come un leitmotiv di queste riflessioni – quanto ha scritto un grande poeta polacco, un maestro da poco scomparso, Czeslaw Milosz, nel suo Cagnolino lungo la strada: «È un momento particolare nella plurisecolare storia della religione! La Provvidenza ha stabilito che si stemperasse la lama dei sermoni e trattati teologici, e che per l’uomo intento a meditare sulle cose ultime non restasse altro strumento di conoscenza se non la poesia» (2).
————————————— 1.
G.
GAZZANEO, La bellezza, il mio dono per le nuove generazioni, in”Luogghi dell’Infinito”, n.115, XII(2008), p.23 2.
C.
MILOSZ, Cagnolino lungo la sterada, a cura di A.Ceccherelli, Adelphi, Milano 2002, p.44 Da: VITO DI CHIO, Bisogno di maestri, Armando Editore, Roma 2010, p.
24 VITO DI CHIO, Bisogno di Maestri, Armando Editore Roma, 2010, pp.432, Euro 35,00 Il volume introduce, mediante un vocabolario accessibile all’uomo d’oggi, a una rilettura di un grande patrimonio culturale di cui siamo eredi e indica in molteplici forme come “tradurlo” nel linguaggio attuale: “Bisogno di Maestri” di Vito Di Chio non solo è uno scritto ben documentato, ma è un testo leggibile, godibile e arricchente”.
Perché c’è “Bisogno di Maestri”? Il libro di Vito di Chio non contiene ricette risolutive per venire incontro a questa mancanza, al vuoto che si è creato e si sta aggravando.
Si parla con sempre più insistenza di “insostenibile declino di chi deve educare il paese…” Il libro invita a una pausa di riflessione, di confronto, pone domande coinvolgendo il lettore.
Nell’affrontare il problema della mancanza di Maestri l’autore non parte da analisi settoriali, da indagini statistiche, sociologiche o psicologiche, ma tenta di elaborare un patrimonio culturale che, da un lato, è andato sperperandosi in questi ultimi decenni e, dall’altro, è diventato di difficile traduzione per le nuove generazioni e per l’uomo di oggi in genere.
In questo l’autore si confronta con realtà concrete, a cui dà un nome: un’antropologia alternativa a una visione dell’uomo che non parte dalla persona e dalla libertà, ma che ha assorbito la pretesa positivistica e scientista e la traduce nei processi educativi, dove appunto non la personalità del Maestro, ma altre figure divengono centrali: i tecnici, gli esperti, i metodologi, i verificatori di una oggettività di facciata; il bisogno di “Compagni di viaggio”, che ci aiutino a ritrovare e riscoprire, anche nel nostro caotico mondo, il senso profondo dell’amicizia, non solo nel suo aspetto personale, ma anche come vero motore dell’attività nella Polis, dell’impegno politico concreto; la ricerca delle sorgenti di vita interiore del Maestro; la consapevolezza che la “creazione” ci arricchisce, che la natura ha già in sé i segni di una “nuova creazione”… Ecco perché abbiamo bisogno di Maestri – di Maestri che – come afferma Hannah Arendt – si siano qualificati “per conoscere il mondo e siano in grado di istruire altri in questa conoscenza ed esperienza del mondo, acquisendo autorevolezza di fronte agli allievi, in quanto di quel mondo si assumono la responsabilità”.
Maestri che sentano la necessità, la gioia e il piacere di continuare ad imparare, perché chiamati ad insegnare (W.
Goethe).
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