I musulmani di tutto il mondo si apprestano a celebrare l’hajj, quinto pilastro dell’islam, ovvero l’annuale pellegrinaggio a La Mecca, in Arabia Saudita.
Per domani, primo dei cinque giorni del rito, è atteso l’arrivo di circa due milioni e mezzo di pellegrini.
Le autorità di Riyadh, custodi dei principali luoghi santi dell’islam (La Mecca e Medina), hanno schierato un impressionante apparato di sicurezza e di soccorso per evitare attentati ma soprattutto la serie di incidenti mortali avvenuti negli ultimi anni per le situazioni di panico createsi a causa del grande affollamento.
Una delle grandi novità di quest’anno è l’Al Mashaar al-Muqadassah, o “metropolitana dei luoghi santi”, che entrerà in funzione domenica e grazie alla quale i fedeli potranno spostarsi con maggiore facilità e rapidità.
Alleggerirà il traffico intorno ai principali siti di almeno trentamila veicoli, stima il Governo saudita, ed è considerata uno dei progetti più significativi del regno nel settore dei trasporti pubblici.
Quest’anno correrà al 35 per cento delle sue capacità, con dieci treni che viaggeranno coprendo il tragitto con corse di circa sette minuti, trasportando a pieno carico 72.000 pellegrini.
L’itinerario si snoderà da Mina, valle dove i musulmani si raccolgono in preghiera, al monte della Misericordia, dove Maometto pronunciò il suo ultimo discorso, fino a Muzdalifah, ultima tappa del pellegrinaggio prima del ritorno a La Mecca.
L’hajj si svolge tra l’ottavo e il tredicesimo giorno del Dhu l-hijjah, dodicesimo e ultimo mese del calendario islamico, che è un calendario lunare, il che spiega perché la data del pellegrinaggio a La Mecca – che i musulmani devono compiere almeno una volta nella propria vita – varia di anno in anno.
Si tratta di un evento fondamentale, in quanto rappresenta il più grande mezzo di purificazione: nel viaggio verso e attorno la Ka’aba, la “casa di Dio”, il fedele chiede perdono per i suoi peccati e viene purificato attraverso il suo pentimento e la celebrazione dei riti.
Il pellegrinaggio comincia infatti con la proclamazione delle sue intenzioni di compiere il rito spirituale e, quando giunge in un perimetro fissato attorno a La Mecca, la persona deve purificarsi attraverso un lavacro: l’uomo deve indossare l’ihram, un indumento bianco privo di cuciture fatto di due pezzi di stoffa, la donna un semplice abito che lascia scoperti il viso e le mani.
Ognuno procede quindi con circonvoluzioni facendo sette volte il giro della Ka’aba, la costruzione a forma di cubo che si trova al centro de La Mecca e che costituisce il luogo più sacro dell’islam, in direzione della quale i musulmani pregano cinque volte al giorno.
Se può, tocca e bacia la pietra nera incrostata in uno degli angoli della Ka’aba, per l’occasione ricoperta dalla tradizionale kiswa.
In seguito i pellegrini si recano, raccolti in preghiera, nella valle di Mina, un piccolo villaggio disabitato a est della città.
Quindi lasciano Mina per ritrovarsi nella piana di Arafat per il wuquf, il rito centrale dell’hajj, il più intenso, caratterizzato da un’immobile meditazione.
In molti si riversano sul vicino monte della Misericordia, dove Maometto pronunciò il suo sermone d’addio.
Poi, tra Mina e Muzdalifah, si celebrano il rito del sacrificio (Aid al-Adha) – un montone, o una pecora, viene immolato a Dio ricordando l’obbedienza di Abramo pronto a uccidere uno dei figli pur di adempiere alla volontà del Creatore – e quello della lapidazione di Satana, attraverso il lancio di sette sassolini.
Il ritorno alla Ka’aba conclude il pellegrinaggio.
(©L’Osservatore Romano – 14 novembre 2010)
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