Custodire il creato, per coltivare la pace

« Ogni volta che la comunità umana crea armonia, costruisce la pace e la salvaguarda.
Anzi rende più vero il creato».
Dal suo eremo di Mosciano, poco fuori Firenze, don Paolo Giannoni legge così la Giornata per la salvaguardia del creato promossa dalla Cei che la Chiesa italiana celebra oggi.
Il tema di quest’anno, Custodire il creato, per coltivare la pace , riprende il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace 2010.
Un tema che – secondo l’oblato camaldolese, teologo e docente per quaranta anni allo Studio teologico fiorentino – rimanda alla pace-shalom che «nella Bibbia non è assenza di violenza o di turbamenti, ma pienezza di vita.
Appare dunque chiaro che ogni volta che si costruisce la vita, la si risana».
La Giornata di oggi richiama alla teologia della creazione, inizio e fondamento di tutte le opere di Dio.
La creazione più che inizio è principio.
Infatti san Tommaso ricorda che Dio ha creato non le creature, ma la creazione.
Per questo la fede nella creazione non è un discorso sulle origini ma sul progetto intero che Dio ha voluto per una pienezza.
E il tema della pienezza porta in sé il desiderio: tutte le cose desiderano Dio.
Come l’uomo può farsi interprete del gemito della creazione? Prima di tutto vivendo il proprio infinito.
Nessuno potrà mai dire «ho amato abbastanza» e «sono stato amato abbastanza »; ci sarà sempre ancora da amare e da essere amati.
E lo stesso va detto della verità e della bellezza.
Invece dell’«ingiuria delle grandi verità» occorre vivere queste grandi verità facendole.
Ogni lavoro, anche quello casalingo, realizza la verità delle cose: quando un buon piatto rende più bella la creazione! E un computer è un capolavoro di perfezione sempre più perfezionata.
Inoltre una risposta grande e necessaria per interpretare il gemito della creazione è l’educazione.
E la liturgia? È una meravigliosa maniera di portare a compimento la creazione: nell’Eucaristia la materia diventa Cristo, nel Battesimo l’acqua dona la vita per la potenza dello Spirito.
Però l’armonia fra creato ed essere umano è stata infranta dal peccato.
Il peccato ci rimanda alla sua radice che non è la malizia del cuore (le mani di Dio non fanno mai una malizia e il cuore umano viene da lui), ma la limitatezza dell’essere.
Elredo di Rievaulx fa eco a Gesù dicendo che più che peccatori siamo dei grandi ignoranti.
Ogni peccato è un atto di idolatria perché, vedendo la bellezza di una creatura, ci si ferma a essa e non la si vede come segno e rimando alla bellezza piena che è Dio.
Così si falsifica l’universo e noi stessi.
Quindi la Giornata di oggi può essere letta anche come un invito alla purificazione? Certo.
L’ascesi non è una mortificazione, ma l’esercizio con il quale nella fede si fa armonia in noi, con gli altri, nel mondo.
L’armonia ci fa «ritornare» (è il verbo usato dai profeti) alla verità.
L’armonia è il metodo del «cambiamento dell’anima».
Si ritorna al Padre che ha ancora una veste, un anello e nuovi calzari.
Siamo riportati alla bellezza e alla verità.
E insieme abbiamo da essere fratelli e sorelle che cooperano all’armonia della vita e del creato dando loro veste, anello, calzari.
Anche così siamo figli del Padre.
Questo corrisponde al fatto che «Dio vide che era cosa buona ».
Come coltivare una spiritualità della salvaguardia del creato? La spiritualità (non una vita interiore, ma la vita che ci dà lo Spirito Santo) già in se stessa è salvaguardia del creato.
Uno spiritualismo falso dimentica la forma di incarnazione che è tutta la vita.
La falsificazione del Vangelo a codice di morale e la riduzione della Chiesa ad agenzia di morale (mentre è la comunità che rende attuale il mistero, l’evento di salvezza) impedisce di capire questa verità.
È essenziale giungere a una contemplazione che colga la bellezza delle cose, come frammenti che rifrangono l’immensa bellezza di Dio.
Quali vie seguire? Serve una cura che amplifica la perfezione delle creature e un grande rispetto, perché le riconosce come consorti dello stesso disegno di pienezza che coinvolge la nostra umanità.
Per questo l’ascesi è all’opposto dello scialo, del consumo, dell’offesa, della noncuranza.
L’ultima pennellata con la quale Dio termina il proprio autoritratto, ossia la Bibbia, è «rasciugare le lacrime».
Ogni volta che si rasciuga una lacrima o si costruisce una gioia che blocca la strada del pianto, possiamo cogliere quella luce che viene nell’impegno di salvaguardia che fa crescere la vita.
 intervista a Paolo Giannoni a cura di Giacomo Gambassi in “Avvenire” del 1 settembre 2010

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