STEPHANIE SALDAÑA, La sposa di Damasco, Newton Compton, 2010,ISBN 978-88-541-1827-0, pp 384 , Euro 14,90 Alcuni racconti autobiografici riescono, meglio di un saggio specialistico, a mettere il lettore a contatto con questioni intricate come il dialogo tra cristianesimo e islam, il conflitto mediorientale, il discernimento spirituale tra vocazione monastica e vita coniugale, la ricerca di un equilibrio tra felicità pubblica e felicità privata in un mondo che sembra ricaduto nella spirale delle guerre di religione.
Uno di questi racconti è il bel libro dell’americana Stephanie Saldaña, La sposa di Damasco (Newton Compton, 2010, 432 pp., edizione originale pubblicata in America nel marzo 2010 col titolo di The Bread of Angels: A Journey to Love and Faith).
È l’estate del 2004 e la ventisettenne Stephanie vince la prestigiosa borsa di studio Fulbright per trascorrere un anno a Damasco e studiare la lingua araba e la figura di Gesù nell’islam.
La “liberazione” dell’Iraq sta per diventare guerra civile, e in molti pensano che il prossimo obiettivo di G.W.
Bush sarà la Siria, l’ultimo paese arabo in cui governa il partito Baath.
La prospettiva di trascorrere un anno in un paese sulla lista ufficiale dei nemici degli Stati Uniti non ferma Stephanie, che lascia Harvard e Boston, e presto scopre la ricchezza umana, culturale e religiosa della Siria, anche grazie agli esercizi spirituali vissuti al monastero ecumenico di Mar Mousa, rifondato dal gesuita italiano Paolo Dall’Oglio sulla base dei resti di un antico monastero del VI secolo nel deserto siriano a nord di Damasco.
L’autrice fa convergere nel libro la necessità di dare una misura alle distanze e alle vicinanze tra Occidente e mondo arabo-musulmano, e il bisogno di dare senso ad un itinerario personale non privo di traumi.
Stephanie Saldaña intreccia tensione spirituale, straniamento culturale, ricerca religiosa, e senso di colpa in quanto americana per le azioni del presidente Bush in Medio Oriente.
Le diverse latitudini di questo percorso (gli Stati Uniti, l’Europa, l’Asia) convergono sulla città di Damasco, una delle più antiche capitali del mondo e, da san Paolo in poi, uno dei maggiori centri del cristianesimo mondiale.
I personaggi e gli ambienti descritti dall’autrice offrono un affresco poetico e allo stesso tempo realistico di uno scenario mediorientale fatto di componenti religiose, sociali, etniche, nazionali profondamente intrecciate con il mondo occidentale.
La forma autobiografica dà a questo libro la forza di una lunga lettera d’amore inviata a Frederic non meno che ai cristiani e ai musulmani del Medio Oriente e a tutti quanti si sforzano di capire miserie e splendori di quelle terre.
di Massimo Faggioli in “Europa” del 26 agosto 2010
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