Dal 6 al 9 luglio si svolgono le Assises internationales du cathécumenat.
Il loro lavoro sarà proseguito attraverso un Osservatorio internazionale delle pratiche catecumenali.
L’Istituto che lei dirige (l’Institut supérieur de pastorale catéchétique) ha come missione la catechesi.
Perché ha organizzato le prime Assises internationales du cathécumenat? Perché in una Chiesa colpita dalla crisi della trasmissione, il catecumenato si presenta sotto certi aspetti come un esempio in controtendenza.
Il numero di bambini catechizzati continua a diminuire, ed anche quello dei catechisti, ma aumenta il numero dei catecumeni.
Il catecumenato sembra proprio essere un luogo di rinnovamento delle pratiche di trasmissione.
Del resto, con l’aumento dell’individualismo, si constata che i processi di costruzione dell’identità credente siano stati sconvolti.
Non si diventa credenti come trent’anni fa! Da qui l’interesse a costituire una rete di ricerca per sapere come si scopre o si riscopre la fede nelle nostre società attuali.
Da questo punto di vista, la Francia è un passo più avanti…
La Chiesa francese è stata pioniera in materia di catecumenato: i primi battesimi di adulti, con tappe liturgiche, sono iniziati nel 1952 a Parigi.
Tutti conoscono l’importante riflessione teologica di Henri Bourgeois a Lione.
Questo dipende dalla storia del nostro paese e dalla nostra secolarizzazione avanzata.
Tuttavia bisogna che queste ricerche vengano continuate.
Che cosa possiamo imparare dalle esperienze dei paesi stranieri? Nel catecumenato, il rapporto con la cultura è fondamentale.
Ad esempio, un adulto che si presenta al battesimo in Francia lo fa in una relativa indifferenza sociale.
Non è la stessa cosa per un catecumeno in Senegal, dove più dell’80% della popolazione è musulmana…
E questa esperienza è senza dubbio interessante per delle diocesi in cui la religione maggioritaria non è più la religione cattolica…
Si dice spesso che i nuovi battezzati non restano a lungo nella Chiesa…
Il progetto di ricerca ha anche la missione chiarire anche certe idee preconcette diffuse.
Come quella secondo la quale i battezzati adulti lascino la Chiesa nel giro di due anni! Quello che già sappiamo, è che un terzo dei nuovi battezzati traslocano nei due anni successivi al battesimo.
E andando in un’altra parrocchia, per definizione, non sono più considerati catecumeni.
Bisogna quindi tener conto della mobilità dei giovani adulti.
Da qui l’importanza di riunire tutti i dati e favorire la costituzione di una rete internet.
Chi sono oggi i catecumeni? Il Servizio nazionale della catechesi e del catecumenato pubblica ogni anno le statistiche dei battezzati adulti.
Ma si sa comunque che l’immensa maggioranza dei catecumeni sono dei giovani che crescono nelle cappellanie della scuola pubblica (AEP) e della scuola cattolica.
Ora, non sono contabilizzati.
Si valuta oggi a 20 000 il numero di adolescenti che fanno una richiesta di tipo catecumenale, che richiedono cioè il battesimo o la cresima, solo nelle AEP.
Per quanto riguarda gli adulti, il numero è di circa 2 900.
È questa dinamica che vogliamo studiare perché crediamo che lì si giochi una parte del futuro della Chiesa in Francia.
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