Credere al mistero pasquale

Sembra che certi cristiani non credano alla Resurrezione! Questa incredulità non è forse dovuta al fatto che, nello spirito di molti, la parola resurrezione, per quanto riguarda Gesù, è interscambiabile con la parola apparizione? Focalizzare Pasqua sulle apparizioni e vedervi soltanto la rivivificazione di un cadavere non solo è cristologicamente assurdo, ma anche logica fonte di scetticismo.
Com’è possibile arrivare a questo? Senza dubbio perché Pasqua, con le sue apparizioni, giunge come ultima parte del triduo pasquale – Giovedì santo, Venerdì santo, Pasqua – e viene percepita come il suo culmine.
Dimenticando che il mistero pasquale si struttura anche in un secondo trittico altrettanto essenziale – Pasqua, Ascensione, Pentecoste –.
Secondo trittico senza il quale la Resurrezione e le apparizioni di Gesù sarebbero solo un bel discorso.
È vero che la densità liturgica e l’emozione sono in questo caso meno forti, i simboli meno palpabili.
Ma se Pasqua non è credibile senza la Cena, la Passione e la Resurrezione, non è credibile neppure senza la Resurrezione, l’Ascensione e la Pentecoste.
Il mistero pasquale non si esprime solo nel registro del passaggio attraverso la morte verso la vita.
Credere alla Resurrezione è una cosa più ampia, più esigente ma anche più vera.
Vuol dire credere alla piena realizzazione di Gesù in Cristo, nella sua esaltazione e glorificazione.
La fede nella Resurrezione non si limita a credere alle apparizioni, ma soprattutto in ciò che questa parola si sforza di far valere, che riguarda anche la nostra pienezza umana.
Gesù non appare per dire: “Sono risorto, questa è adesso una verità rivelata, bisogna trasmetterla se volete salvare le vostre anime.” Dio non si limita a comunicare un messaggio agli uomini, si comunica lui stesso come piena realizzazione dell’uomo.
Prima di essere un qualcosa fatto di avvenimenti oggettivabili, storicamente sensibili (colui che era morto si fa vedere vivo), la Resurrezione è, per i discepoli, un’esperienza tangibile, vitale.
Sono introdotti nella veracità di Cristo uomoDio, rivelazione della loro filiazione divina: è l’Ascensione.
Sono introdotti in una presenza reale, che, attraverso lo Spirito effuso, rivoluziona il loro quotidiano: è la Pentecoste.
Il senso eccezionale della vita iniziato con l’avvenimento Resurrezione è troppo spesso ridotto alla descrizione delle apparizioni e alla fattualità di immagini mentali o artistiche che ne perturbano la percezione.
Ma non lasciamoci ingannare.
Il Vangelo non pretende affatto, ad esempio, che Gesù resuscitato sia stato visto da testimoni diversi dai discepoli, dai fratelli, e che qualcuno lo abbia toccato per verificare, nemmeno Tommaso! Allora, con quali occhi lo hanno visto vivo in persona poiché, innanzitutto, non lo riconobbero? Esattezza o veridicità della visione? Lo Spirito confermatore non stava già operando per aprire gli occhi della mente? Ci si accontenta troppo spesso di un approccio esclusivamente liturgico dei testi, li si dà ad intendere solo al primo livello, quello letterale.
Il rischio è di ritrovarsi in un vicolo cieco, con delle apparizioni di cui ci si servirà come di miracoli evidenti per polemizzare con i denigratori della fede! Non è perché si fa vedere, che Gesù è resuscitato, ma perché è stato risollevato di tra i morti, perché la sua vita è una con il Padre e perché il loro Spirito comunicato apre gli occhi dell’intelligenza.
Le apparizioni punteggiano l’avvenimento di Pasqua ma non lo definiscono da sole.
È necessaria l’esperienza del mistero cristico, sia per i testimoni di allora che per noi.
Alla fine non c’è altra prova della Resurrezione che la prodigiosa, imprevista comunità degli Atti degli Apostoli, nuova creazione.
A quale Resurrezione crediamo? Credere al mistero pasquale non vuol dire accontentarsi di confessare la storicità delle apparizioni fino alla fine dei tempi, come la morte di Socrate o la nascita di Napoleone.
È essenzialmente capire che ognuno è in grado di gustare della triplice e simultanea pienezza di Resurrezione, Ascensione, Pentecoste, a titolo individuale, come soggetto unico, ma anche comunitariamente.
Se una di queste tre parti venisse a mancare, le altre due svanirebbero e, per noi, tutto il mistero pasquale.
Non possiamo bloccarci ad una comprensione iniziale della fede nella Resurrezione, alle apparizioni, ad una affermazione oggettiva lontana dall’uomo, ad una verità da credere senza implicazioni.
Se Gesù è diventato Cristo, è affinché noi diventassimo Cristo con lui, anche noi testimoni della sua Resurrezioneùù in “La Croix” del 3 luglio 2010 (traduzione: www.finesettimana.org)

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