Il problema dell’ateismo

L’Occidente non è soltanto ateismo e razionalismo Nel centenario della nascita torna in libreria per Il Mulino un volume del filosofo Augusto Del Noce.
Con una postfazione di Cacciari che anticipiamo.
di Massimo Cacciari (Corriere della SerA, 18 giugno 2010) La novità e l’importanza de Il problema dell’ateismo consistono nell’aver posto al centro della storia della filosofia moderno-contemporanea la posizione (che si fa opzione o postulato) ateistica; questa non è più considerata come il «punto di vista» di questo o quel pensatore, ma come il destino stesso del razionalismo e dell’idealismo europei.
Poiché la filosofia è il farsi cosciente del significato di un’epoca, tale suo esito rappresenta perciò la «realtà invadente», «senza precedenti storici» (p.
335) del fenomeno dell’ateismo nel Moderno in tutti i suoi aspetti.
La stretta connessione nel libro tra dimensione teoretica e meta-politica, elemento essenziale dell’intera ricerca di Del Noce, si arricchisce qui dell’apporto decisivo della prospettiva propriamente teologica.
Se la filosofia moderna è «segnata» fin dalle sue origini dall’esito ateistico, è evidente come la sua storia debba essere tracciata in connessione stretta con la teologia (p.
75), a differenza di ciò che avviene in quelle «storie» che si muovono dal tacito, e inindagato, presupposto del «progresso» atheos del pensiero occidentale.
L’ateismo non potrebbe definirsi, infatti, se non in opposizione a elementi essenziali della tradizione teologica.
Per Del Noce ciò non comporta affatto una semplice «sistemazione» storiografica, per quanto originale e «spaesante», il problema dell’ateismo rimane per lui fondamentalmente irrisolto, e cioè permane come aporia immanente allo sviluppo del razionalismo e idealismo moderni fino a quei suoi esiti contemporanei (tra Nietzsche e Heidegger), che potrebbero anche apparire nel più radicale contrasto con le sue premesse.
Un assunto di così straordinario impegno può essere svolto soltanto attraverso una pluralità di approcci, teoretici, teologici, storico-politici, «sincronicamente» e insieme una, direi, vichiana sensibilità per la storia del pensiero, dove la considerazione puntuale dei suoi diversi momenti, nel loro intreccio, sia sempre riportata al comune «destino» di cui appaiono necessaria manifestazione.
Da questo punto di vista, la prima domanda riguarda la differenza essenziale tra l’ateismo moderno e quello antico, ovvero in che termini l’ateismo nella cristianità rappresenti una autentica novitas rispetto alle sue testimonianze grecoromane; su tale base, occorrerà procedere nel distinguere i diversi momenti della storia dell’opzione ateistica, in rapporto alle diverse forme che assumono razionalismo e idealismo moderni, fino al loro apparente dissolversi; infine, si dovranno analizzare proprio tali esiti, esplicitamente ateistici, per coglierne non solo le stridenti differenze, ma come, dal loro stesso interno, riemerga o ri-corra proprio quel problema di Dio, che l’ateismo assoluto o compiuto aveva dichiarato risolto.
È a questo punto che si farà maggiormente valere la posizione filosofica e teologica dello stesso Del Noce, e che si renderanno manifesti i presupposti e le ragioni della sua «lotta» al dilagante affermarsi del postulato ateistico (…).
Ma che cosa intendiamo con il termine ateismo? Ne è possibile una definizione in generale, che ne abbracci le diverse epoche? L’ateo è colui che nega l’esistenza di Dio? Ma quale Dio? O ateo è invece chi sostiene che non-è Dio tutto ciò di cui è dimostrabile l’esistenza? In quest’ultimo caso, la posizione atea si avvicinerebbe «pericolosamente» proprio ad un misticismo di impronta neoplatonica.
Forse è possibile, in primissima istanza, e sulla scorta delle indicazioni dello stesso Del Noce, definire ateistica la negazione della possibilità stessa del soprannaturale (p.
356), l’affermazione (che Del Noce ritiene «senza prove») che ogni idea di «trascendenza» determina un’insanabile lacerazione nell’unità dell’Io.
Un simile «postulato» sembra precedere e fondare l’ateismo in quanto «certezza» che al termine «Dio» nulla corrisponda di determinato o determinabile.
Questa «certezza» si fa strada nella storia della filosofia e nella cultura, nel significato antropologico del termine, europee insieme con la «evidenza» del successo straordinario della comprensione razionale-scientifica della natura.
Da un iniziale agnosticismo è necessario, per Del Noce, che si giunga per questa via ad un ateismo assoluto, e che questo dia vita ad una prassi, ad un agire politico, che si configura per lui come un autentico «stato di guerra» contro Dio.
Ma i passaggi attraverso i quali questo «destino» si dispiega sono essenziali per comprenderne l’intero impianto, poiché essi non segnano momenti che progressivamente si oltrepassano, bensì invece, piuttosto, fattori interni dell’idea stessa di ateismo.
AUGUSTO DEL NOCE , Il problema dell’ateismo, Il Mulino Bologna, 2010,  pp.
656, € 22.00.
Ritorna in libreria oggi, edito da Il Mulino, uno dei libri importanti del Novecento, Il problema dell’ateismo di Augusto Del Noce (pp.
656, € 22), filosofo del quale ricorre quest’anno il centenario della nascita.
La prima edizione uscì nel 1964, l’ultima nel 2001 (con un’introduzione di Nicola Matteucci).
Ora l’opera è riproposta con l’aggiunta di un’ampia postfazione di Massimo Cacciari, intitolata Sulla critica della ragione ateistica (della quale, in questa pagina, diamo in anteprima un estratto).
In essa — un vero e proprio saggio sull’argomento, in cui sono messe in luce le qualità dell’analisi di Del Noce — oltre a rimeditare le tesi de Il problema, vengono esaminate numerose tematiche inerenti alla negazione di Dio.
Cacciari ricostruisce momenti di storia e consegna a questo scritto non poche riflessioni personali.
Per offrire un esempio, diremo di una pagina in cui sottolinea come l’ateismo si presenti oggi quale oblio di se stesso: non è più un’idea, una visione del mondo, «non si predica più».
Del Noce riteneva che la negazione di Dio non fosse il destino dell’Occidente, ma soltanto il suo problema.
Vide alla base di esso quel razionalismo sterile, nemico del mistero e del soprannaturale, che molta parte ha avuto nella filosofia moderna.
Cacciari mette in luce il percorso individuato da Del Noce: il «segreto» teologico dell’ateismo, intorno alla cui «scoperta» ruota il libro riproposto, è costituito dal rifiuto «senza prove» dello «status naturae lapsae», ovvero dello stato di natura decaduta.
E la sua opzione fondamentale è nel «rifiuto della concezione biblica del peccato».
Oltre a esaminare l’«irreligione occidentale» e «Il problema Pascal e l’ateismo contemporaneo» con rara acribia, il libro dedica un ampio capitolo alla «non filosofia» di Marx e al comunismo.
Nella conclusione Del Noce scrive con preveggenza che «l’ateismo, insomma, rappresenterebbe il momento della “morte di Dio”, preludio a quello della sua Resurrezione.
Può essere quindi considerato e vissuto dal cristiano come un momento di «teologia negativa».
Nel 1964 tali parole potevano essere contestate, o irrise, dagli intellettuali militanti; oggi assumono quasi un valore profetico.
di Armando Torno in “Corriere della Sera” del 18 giugno 2010

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