GIUSEPPE BARBAGLIO,Il mondo di cui Dio non si è pentito, EDB, Brescia 2010, pp.
280, euro 24,50 Vi sono riflessioni che nascono strettamente legate a eventi di attualità e che paiono destinate a invecchiare precocemente, come le notizie di giornata che le hanno suscitate.
Ma non sempre questa adesione agli avvenimenti quotidiani è portatrice di caducità dei pensieri che suscita, soprattutto se chi riflette sugli eventi lo fa ancorandosi a principi e orientamenti solidi, fondati su convinzioni che non solo non vengono smentite dal mutare delle stagioni, ma che invece forniscono criteri di discernimento validi in ogni circostanza.
Davvero lodevole è quindi un’iniziativa come quella del Centro editoriale dehoniano EDB che ha deciso di riproporre, all’interno di una specifica collana, una serie di scritti di Giuseppe Barbaglio, uno dei più acuti biblisti italiani, scomparso tre anni or sono.
Nel più recente volume della serie – Il mondo di cui Dio non si è pentito (pp.
280, euro 24,50) – sono raccolti e organicamente disposti diversi articoli apparsi soprattutto sulla rivista Bozze attorno a due snodi fondamentali – «pace e violenza» e «laicità del mondo, laicità del cristiano» – e a una ricerca sull’ispirazione biblica di quattro encicliche papali: la Pacem in terris di papa Giovanni, la Redemptoris hominis, la Centesimus annus e la Veritatis splendor di Giovanni Paolo II.
Sono riflessioni datate quelle di Barbaglio – e volutamente tuttora corredate di nomi e circostanze che ne rivelano l’età – eppure tornare su certe tematiche con la sapienza propria di questo studioso significa scorgere l’immutata attualità.
Non è forse ancora di oggi la domanda se «l’uomo è capace di pace sulla terra»? E non riguarda anche noi la questione della «bugia al potere».
E non sarebbe utile tornare a ricollegare l’obiezione di coscienza al rifiuto delle armi, dell’inimicizia e della guerra e non confinarla soltanto in un ospedale o una farmacia? È forse passato il tempo in cui interrogarsi su «quanta violenza è rimasta nella nostra idea di Dio»? Oppure siamo così convinti di aver penetrato – e soprattutto fatto nostro – il significato autentico dell’amore per i nemici annunciato da Gesù? O ancora – percorrendo gli scritti della parte dedicata alla «laicità», intesa soprattutto con nonsacralità – è così estraneo alle grandi questioni odierne riflettere sulla politica, il potere, i poveri, i simboli religiosi, la «profezia nella Chiesa e della Chiesa», o su «nazionalismi e religioni», o sul rapporto tra Israele e la terra? No davvero.
Gli scritti di Barbaglio sembrano redatti ieri, offerti a noi oggi per il domani della Chiesa e della società.
Rileggerli significa non solo ritrovare la voce di un amico dell’umanità e di un figlio della Chiesa che ha speso la sua vita per annunciare il Vangelo, ma soprattutto lasciarci a nostra volta provocare dalla Bibbia per scrutare i segni dei tempi e per testimoniare ai fratelli e sorelle in umanità che veramente Dio non si è mai pentito del mondo che ha creato.
È un messaggio di grande speranza quello che esce da queste pagine, un messaggio di cui abbiamo particolarmente bisogno in questa stagione in cui viene da chiedersi se davvero vale la pena spendersi per custodire la memoria della radicalità del Vangelo.
Ma, come scriveva Pessoa, «sempre vale la pena, se l’anima non è piccola» di Enzo Bianchi in “La Stampa” – Tuttolibri – del 29 maggio 2010
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