Allo Stato converrebbe incrementare il numero delle paritarie

Nell’ambito delle iniziative legate all’apertura di un canale tematico dedicato alle scuole paritarie, Tuttoscuola ospita un forum, nel quale si apre al mondo dell’associazionismo, ponendo domande sull’istruzione non statale.
Il primo a rispondere è stato Vincenzo Silvano, presidente della Compagnia delle Opere (CdO) – Opere Educative.
D: Sul finanziamento delle scuole paritarie ci sono tuttora opinioni molto contrastanti, che vanno dal rifiuto di qualunque tipo di sostegno economico all’idea che la preclusione costituzionale (“senza oneri per lo Stato”) vada interpretata nel senso che lo Stato non può avere in nessun caso l’obbligo di finanziare le scuole non statali, anche se paritarie, ma ne può avere la facoltà, ovviamente sulla base di una legge.
Qual è la vostra posizione in proposito? R: Siamo totalmente d’accordo -anche perché questa è l’interpretazione autentica fornitaci dagli stessi “padri” della Costituzione- che lo Stato non abbia l’obbligo ma ne abbia tuttavia la facoltà.
Vorremmo, però, andare oltre il concetto di “facoltà”, introducendo quello di “convenienza”.
Allo Stato converrebbe incrementare il numero delle scuole paritarie, poiché -come è ormai stranoto- oltre a fornire in moltissimi casi una istruzione/educazione di alta qualità, garantiscono allo Stato – in virtù di una gestione economica accorta ed efficiente- un risparmio pari a circa 6 miliardi di euro l’anno! E’ dunque evidente, impostato così il problema, che ogni opposizione alla libertà di scelta educativa ha un sapore ottusamente ideologico e conseguenze negative per tutti sotto molteplici profili.
D: Gli interventi per il diritto allo studio, che sono di competenza regionale, non fanno distinzione di trattamento tra alunni di scuole statali e paritarie.
Potrebbe essere questa la strada per venire incontro alle maggiori spese dei genitori che scelgono la scuola paritaria? R: Certamente gli interventi regionali per il diritto allo studio possono e devono contribuire a favorire la libertà di scelta educativa, ma non possono essere gli unici.
Occorrono anche provvedimenti legislativi nazionali che garantiscano una base di uniformità per quanto riguarda i finanziamenti alle scuole (e/o alle famiglie) in tutto il paese, sennò si rischiano quelle difformità macroscopiche che già esistono.
Per es.
in Lombardia c’è la Dote scuola che è un importante passo in avanti in questo senso, ma in tantissime altre regioni non c’è quasi nulla, se non esigui rimborsi per chi ha un reddito ISEE al limite della sussistenza (€ 10.633 !!), indipendentemente dal fatto che i figli frequentino scuole statali o paritarie.
Le stesse leggi sul diritto allo studio, così, attribuendo le medesime provvidenze economiche a tutti, producono una grave discriminazione, dimenticando che chi sceglie la scuola paritaria paga due volte ( nelle tasse e con la retta), mentre chi sceglie la scuola statale no.
Anche in questo caso, servirebbe un approccio al problema meno dettato da valutazioni ideologiche e una informazione più chiara, mentre in realtà, ove si tenta (come in Lombardia) di sanare almeno in parte questa discriminazione, si scatenano proteste strumentali a non finire.
D: Che cosa pensa della detraibilità fiscale delle spese sostenute dai genitori che iscrivono i loro figli alle scuole paritarie? R: E’ uno strumento intelligente e facilmente realizzabile, che rientrerebbe a pieno titolo nelle politiche a sostegno della famiglia di cui tanto si parla ma su cui ancora poco si opera…
Tra l’altro, aggirerebbe anche le obiezioni di chi si oppone risolutamente al finanziamento diretto alle scuole in virtù del mal interpretato art.
33 della Costituzione.
Occorre però aggiungere due nota bene: 1) sarebbe necessario un livello di detraibilità fiscale più sostanzioso di quelli mediamente riconosciuti per altri settori, che è pari al 19%; 2) non può essere l’unico strumento per favorire la libertà di scelta educativa ma dovrebbe far parte di un mix di strumenti che tutti insieme realizzino una piena parità economica tra scuola statale e paritaria.
D: L’ipotesi più radicale è che a tutti i genitori venga dato un buono studio, corrispondente a un costo standard calcolato a livello nazionale, spendibile indifferentemente nelle scuole statali e in quelle paritarie.
Che cosa ne pensa? R: Sarebbe bello, ma pensiamo che non sia facilmente realizzabile in questo momento.
Occorre, inoltre, tenere conto delle differenze regionali e locali di distribuzione della ricchezza e del reddito, che incidono in misura diversa sulle potenzialità di spesa delle famiglie e sui costi delle scuole .
Bisognerebbe quindi prevedere anche dei correttivi in tal senso.
Per questo insistiamo sul mix di strumenti.
D: Nelle ultime settimane si è parlato spesso della costituzione di albi regionali degli insegnanti abilitati, dai quali le istituzioni scolastiche autonome, statali e paritarie, possano attingere direttamente, scegliendo, senza rigidi vincoli, i docenti migliori.
Rispetto all’obiettivo di qualificare l’offerta formativa delle scuole, quali elementi positivi o negativi ritiene che abbia la proposta? R: La nostra esperienza e la riflessione sull’esperienza stessa ci portano ad affermare che la possibilità di scelta autonoma del personale docente è una condizione imprescindibile per realizzare una vera autonomia delle istituzioni scolastiche (statali e non) ed innalzarne la qualità, poiché i docenti sono davvero un punto chiave del sistema di istruzione.
Senza questa possibilità, i dirigenti delle scuole statali si troveranno sempre con uno strumento spuntato fra le mani, un’autonomia monca…Non ci interessano tanto gli albi regionali in se stessi, quanto la possibilità di stabilizzare il corpo docente e soprattutto quella di sceglierlo (o rimuoverlo quando non è all’altezza).
Questo sarebbe, tra l’altro, un passo importantissimo anche in ordine ad una valorizzazione della categoria professionale degli insegnanti, che finalmente potrebbero proporsi per le loro effettive competenze, e non in base ad anonime e fuorvianti graduatorie.
D: Nelle settimane scorse è stata avanzata la proposta di definire graduatorie regionali che, rispetto a quelle attuali, dovrebbero introdurre nuovi requisiti finalizzati ad assicurare maggiore stabilità dei docenti.
La maggiore rigidità che conseguirebbe dalla proposta può assicurare maggiore qualità al servizio? Se sì, sarebbe opportuno che venisse estesa anche alle scuole paritarie? R: Come accennato prima, la necessità di dare una stabilità al corpo docente statale, soggetto ogni anno ad un controproducente balletto delle cattedre, è fuori di dubbio.
Però questa dovrebbe essere unita anche ad una effettiva possibilità per i dirigenti di sollevare dall’incarico chi non è adeguato: proviamo a immaginare cosa significa doversi tenere per almeno 4-5 anni un docente che non combina nulla o, peggio ancora, crea dei danni psicologici e formativi (e casi così, purtroppo, non sono rari…).
Questa è la situazione attuale di quei dirigenti statali che hanno insegnanti di ruolo inamovibili ma deleteri per l’istituzione scolastica…
Allora: stabilità per chi vale, ma senza la rigidità attuale, perché la qualità del servizio è assicurata innanzitutto dalla qualità del docente, e quando questo è davvero capace la scuola ha tutto l’interesse a tenerselo…
Quanto alle scuole paritarie, la situazione è diversa; l’autonomia di arruolamento è già effettiva e non mi pare proprio sia necessario apportare modifiche.
Come si dice: “squadra che vince non si cambia”…
tuttoscuola.com

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *