«Ora la cellula non ha più segreti Scoperta che cambierà il mondo» Gilberto Corbellini, uno dei maggiori studiosi di biologia molecolare, docente di storia di medicina e bioetica all’università La Sapienza, accoglie con entusiasmo l’atteso annuncio di Craig Venter sulla creazione in laboratorio della prima cellula artificiale.
Qual è il significato di questa scoperta? Innanzitutto sono state individuate le strutture molecolari di una cellula, quelle necessarie al suo funzionamento.
I ricercatori del gruppo di Venter hanno scomposto e poi rimontato le sue componenti, ad esempio i cromosomi e i complessi biochimici, individuando il numero di geni minimo che servono per farla vivere.
Una cellula è composta di tanti pezzetti ed era fondamentale capire quali fossero essenziali per farla funzionare e replicare.
Quali saranno i passi successivi? Da ora si potranno aggiungere a questa struttura minima altre componenti.
Immaginiamo un computer cui si aggiungano schede.
Disponiamo di unità operative minime sulle quali montare ad esempio geni anche presi da altre cellule per ottenere la produzione di enzimi nuovi capaci di metabolizzare uno zucchero o di digerire idrocarburi.
Avremo nuovi organismi artificiali, con caratteristiche che non esistono in natura, di cui sperimentare le potenzialità.
Le combinazioni sono in teoria infinite? Sì, ma ora bisogna vedere cosa questa cellula artificiale accetta e riesce a far funzionare.
A partire da questo organismo possono capire quali sono gli elementi essenziali di altri microrganismi e vedere se in essi esistono gli stessi moduli.
Si faranno confronti.
Arriveremo forse a capire l’evoluzione della vita.
È una scoperta straordinaria sia dal punto di vista conoscitivo e sia applicativo.
Si va verso la possibilità di inventare forme di vita artificiali, come avere in mano un meccano con cui costruire forme infinite.
Sul piano dei benefici che potrebbero derivarne per l’uomo è una scoperta importante o è una rivoluzione confinata al mondo del laboratorio? È una scoperta rivoluzionaria anche per uomo.
Se riuscissimo a creare cellule con le caratteristiche desiderate potremmo pensare a quelle che producono farmaci.
Potremmo capire i meccanismi della replicazione cellulare e comprendere i processi patologici alla base delle malattia.
Venter pensa di realizzare il suo sogno: costruire batteri salva-ambiente con un Dna programmato? Che cosa si può immaginare come applicazioni pratiche? Si possono immaginare applicazioni infinite, anche per l’ambiente.
Pensiamo al petrolio riversato in mare nella Louisiana.
Avremmo la possibilità di utilizzare microrganismi per disinquinare ambiente degradando il petrolio.
Prospettive lontane? Non troppo.
Consideriamo che ci sono voluti 10 anni per decodificare il Dna, la metà rispetto a quanto si prevedeva.
Per costruire la cellula artificiale sono bastati 8 anni.
Significa che andiamo spediti.
Le biotecnologie corrono velocemente.
D’altra parte, le informazioni ottenute in vari campi della ricerca di base sono enormi e potrebbero essere usate per far decollare questo progetto.
Venter non parla a caso.
Finora ha realizzato tutte le sue promesse.
Margherita De Bac Corriere della Sera 21 05 2010 Bagnasco: «Un segno ulteriore della grande intelligenza dell’uomo» «Un segno ulteriore della grande intelligenza dell’uomo».
Che è un «dono di Dio» da impiegare sempre con «responsabilità».
Così il cardinale Angelo Bagnasco ha commentato la notizia della creazione di una cellula in laboratorio, prima forma di «vita artificiale».
«Non conosco i dettagli della scoperta», ha subito messo in chiaro il presidente della Cei, alla richiesta di un commento da parte dei giornalisti prima di entrare in Duomo per l’omaggio alla Sindone: si tratta però – ha affermto – di un’ulteriore manifestazione di grandezza dell’intelligenza umana, «dono» del Creatore per penetrare i misteri e le leggi del creato.
«L’intelligenza – ha aggiunto – non è mai senza responsabilità.
Ogni acquisizione scientifica va illuminata da una visione etica che abbia sempre al centro la dignità umana».
Avvenire 21 05 2010 Dal laboratorio la prima cellulache si riproduce Costruita in laboratorio la prima cellula artificiale, in grado di dividersi e autoreplicarsi come ogni cellula vivente.
La realizzazione è frutto della ricerca di Craig Venter, uno dei decodificatori del genoma umano, che da anni persegue l’obiettivo di ottenere la «vita artificiale».
Il risultato ottenuto da Venter, pubblicato sulla rivista «Science», è «sicuramente un eccellente lavoro di bioingegneria – commenta il genetista Bruno Dallapiccola – ma non dobbiamo pensare alla vita come comunemente la si intende, di organismi interi, quanto della possibilità di organizzare una cellula in grado di produrre copie di sé».
Anche se lo stesso Venter afferma che si tratta di una «cellula che cambia la definizione di ciò che si intende per vita.
Questa è la prima specie auto-replicante esistente sul pianeta Terra il cui padre è un computer».
Padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, ha detto prudente: «Aspettiamo di saperne di più» La sfida della «vita artificiale» è una sfida che lo scienziato-imprenditore Craig Venter persegue da anni.
Le tappe più significative che lo hanno portato al risultato odierno passano dalla formazione del primo cromosoma artificiale (nel 2007) e nel 2009 il trapianto di genoma da un batterio a un altro.
E ora il gruppo, coordinato da Daniel Gibson, è riuscito a combinare i due risultati, assemblando i risultati.
«Bisogna intendersi – sottolinea Dallapiccola –.
Si tratta di un risultato che apre prospettive affascinanti, ma non si deve pensare alla “creazione” della vita, qualcosa che dà origine a un organismo intero.
Il gruppo di Venter era già riuscito a individuare il numero minimo di messaggi necessari per ottenere la divisione del cromosoma, ora è giunto ad assemblare come un mosaico diversi pezzi di Dna per dare origine a una cellula artificiale, capace di dividersi e replicarsi».
Si tratta di ricerche che possono avere una certa utilità: «Lo scopo di Venter, scienziato sempre attento agli aspetti commerciali delle sue scoperte – continua Dallapiccola – è di ottenere qualcosa di utile.
Se si riesce a orientare i messaggi delle cellule verso qualcosa di specifico, si può pensare di ottenere per esempio batteri in grado di bonificare l’ambiente dal petrolio, o che abbiano attività farmacologica.
Tenuto presente che siamo ben lungi dall’ipotizzare vita come organismi pluricellulari, si tratta di un annuncio importante e in un certo senso rivoluzionario».
Lorenzo D’Avack, vicepresidente del Comitato nazionale per la bioetica (Cnb), aggiunge una riflessione etica: «Se la finalità è verso la salute dell’ambiente, è un fatto molto importante dal punto di vista scientifico.
Viceversa se la finalità fosse quella di arrivare all’uomo artificiale sarebbe invece un fatto condannabile».
Anche il presidente onorario del Cnb, Francesco D’Agostino, osserva che l’esperimento «va bene se è orientato da un forte paradigma etico verso il bene dell’uomo».
Enrico Negrotti Avvenire 21 05 2010 L’ultimo passo sarà la nascita di un organismo tutto sintetico Quello che manca adesso è solo costruire artificialmente anche la cellula che ospita il Dna Passando direttamente dal computer alla cellula, il Dna può creare una nuova identità cellulare in una cellula che ne aveva già una.
La specificità della vita sta nella sequenza nucleotidica della corrispondente molecola di Dna, molecola che può essere sintetizzata chimicamente partendo dalla sua struttura conservata in un computer.
Questo in sintesi è il messaggio limpido e lineare dell’ultimo esperimento di Craig Venter, che ha in verità più un’importanza teorica che pratica.
Il Dna dirige in prima persona tutte le operazioni dell’organismo, unicellulare o pluricellulare, compresa quella di assegnargli un’identità.
Questa è storia vecchia e abbastanza evidente per i biologi di oggi, ma ancora dura a penetrare nell’immaginario dell’uomo della strada, anche colto.
Perché la vita sembra possedere sempre qualcosa di magico o di mistico, qualcosa di non riducibile a semplici giochi di molecole.
Ogni annuncio di una creazione artificiale di una vita riceve in genere commenti ironici e si accusa lo sperimentatore di fare affermazioni avventate.
Fra questi sperimentatori arditi ma non avventati figura certamente Craig Venter che ama gli annunci clamorosi, e anche un po’ il paradosso, ma che conosce di sicuro il fatto suo e che dirige un’équipe di ricercatori di tutto rispetto.
Costoro erano già riusciti a far cambiare specie a un batterio inserendoci il Dna di un altro batterio.
Ciò significa che, anche se all’inizio il nuovo Dna si trova in un ambiente non suo, cioè in una cellula batterica di una specie diversa, dopo pochi minuti questo Dna ha saputo dirigere la sintesi ex novo di tutte le sostanze, in primo luogo proteine, che costituiscono la nuova cellula.
Questa operazione è stata compiuta per gradi negli ultimi due o tre anni, vincendo enormi difficoltà tecniche e grandi resistenze psicologiche.
In particolare, l’ultimo passo è stato, molto di recente, il trasferimento di un Dna da un batterio a un altro, ma dopo essere passato per la cellula di un fungo.
L’idea era quindi quella di essere sicuri che il Dna si fosse «ripulito» di ogni possibile contaminante prima di essere trasferito.
Ci si voleva accertare cioè che fosse quasi «nudo».
Ma forse non nudo del tutto, avrebbe commentato qualcuno.
Ecco allora l’ultimo esperimento, quello che stiamo commentando.
Il Dna non viene estratto da nessuna parte, ma viene sintetizzato chimicamente, nucleotide per nucleotide, a partire da una sequenza immagazzinata in un computer e lunga più di un milione di nucleotidi.
In questa maniera il Dna è veramente nudo e puro, e ciononostante sa fare il suo compito partendo da zero.
È vita questa? È nuova vita? Per quanto concerne la specificità e l’identità certamente sì: si passa da una sequenza digitalizzata in un computer alla cellula direttamente.
È certamente vita programmata e realizzata.
Quello che manca adesso è solo costruire artificialmente anche la cellula che ospita il Dna; poi non ci saranno più obiezioni, si spera.
Certo non è un’impresa da poco, ma non ci sono ragioni serie per dubitarne.
In seguito si potranno costruire batteri «su misura» perché sappiano compiere specifiche funzioni e poi, chissà, anche qualche cellula superiore.
Il fatto è che l’uomo sa sempre di più e non sa trattenersi dal fare.
Edoardo Boncinelli Corriere della Sera 21 05 2010
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