ZYGMUNT BAUMAN, Modernità e ambivalenza, Bollati Boringhieri, Torino 2010, ISBN: 8833920496, pp.350, € 25,00 “Ogni volta che diamo un nome a qualcosa, dividiamo il mondo in due: da un lato le entità che rispondono a quel nome; dall’altro tutte quelle che non lo fanno”.
Dare un nome equivale dunque a cercare di ordinare, classificare, archiviare, controllare: null’altro ha fatto la modernità, se non coltivare il progetto di imprimere un ordine artificiale al mondo, per contrastare l’ambivalente, l’oscuro, l’indistinto o l’indefinibile, di cui percepiva la minaccia.
Compito votato al fallimento, secondo Bauman, perché è l’ambivalenza, e non l’univocità, la condizione normale del linguaggio.
Se si ammette soltanto l’alternativa rigida tra l’ordine e il caos, ci si condanna a essere inadeguati, aprendo la strada all’intolleranza.
Ma l’ambivalenza può anche costituire una trappola.
Accadde, tra Otto e Novecento, con il percorso di integrazione degli ebrei di lingua tedesca, ossia con la loro fuoriuscita sociale e culturale dal ghetto; la modernizzazione estirpò stili di vita, parlate, costumi, e produsse la categoria ambivalente degli ebrei assimilati, estranei sia alla comunità di provenienza sia alle élite nazionali.
Tra rischi e rivincite, l’ambivalenza attraversa gli ultimi due secoli e invade la postmodernità.
Dobbiamo imparare a convivere con questo scandalo della ragione.
l’autore Zygmunt Bauman (Poznán, 1925), di origine ebraica, all’invasione tedesca della Polonia è fuggito con la famiglia in Unione Sovietica.
Rientrato in patria alla fine della guerra, ha studiato sociologia e filosofia all’Università di Varsavia, dove poi ha insegnato fino al 1968.
In quell’anno ha perso l’insegnamento, in seguito alla sua presa di distanza dalle posizioni antisemite del Partito comunista polacco, ed è riparato all’estero.
Ha ottenuto la cattedra di Sociologia all’Università di Leeds, di cui è dal 1990 professore emerito.
Gran parte della sua opera è tradotta in italiano.
Presso le nostre edizioni ha pubblicato La decadenza degli intellettuali.
Da legislatori a interpreti (1992).
Nel 1989 ha vinto il Premio Amalfi e nel 1998 l’Adorno – Preis.
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