Testimoni del nostro tempo: Madeleine Delbrêl

Pubblichiamo ampi stralci di una delle relazioni presentate al convegno “Il servizio sociale tra persona e società:  la testimonianza di Madeleine Delbrêl” organizzato dall’Istituto Petroniano di studi sociali dell’Emilia Romagna e tenutosi all’Istituto Veritatis Splendor di Bologna.
Madeleine Delbrêl è conosciuta soprattutto per la sua testimonianza di donna di fede libera e senza conformismi dentro l’istituzione ecclesiale, per la sua presenza missionaria negli ambienti dell’ateismo contemporaneo e per i suoi testi spirituali di grande vivacità letteraria e profondità mistica.
Da qualche anno è stato riscoperto anche un altro capitolo della sua ricca personalità, quello di lei come operatrice dei servizi sociali.
In effetti Delbrêl ha esercitato la professione di assistente sociale in anni pionieristici nella periferia di Parigi a Ivry-sur-Seine, tra il 1933 e il 1945, prima nell’ambito di un centro sociale parrocchiale e poi, dal settembre 1939, nei servizi sociali comunali.
La sua competenza e la sua capacità organizzativa le guadagnarono crescenti responsabilità durante gli anni tragici della seconda guerra mondiale, fino a svolgere il compito di delegata tecnica per tutta la zona di Parigi-Sud, con anche l’incarico della formazione delle ausiliarie dal 1941 al 1945.
Già nello scoutismo Madeleine aveva ricoperto in breve tempo significative responsabilità per la sua riconosciuta “capacità di immaginazione e di iniziativa”, e proprio grazie al movimento scout era venuta in contatto per la prima volta con le classi popolari e la realtà delle periferie.
Quando nel 1933, dopo esser diventata infermiera e al termine del primo anno di studi sociali, si installa con due amiche a Ivry-sur-Seine, città alle porte di Parigi con più di trecento fabbriche, trova una situazione drammatica per le condizioni abitative e di lavoro degli operai, e scopre l’ateismo ufficiale comunista, che permea tutta la città.
Mentre la maggioranza dei cristiani resta sulla difensiva e sembra incapace di comprendere la sfida anche religiosa posta dalle disuguaglianze e dalle trasformazioni in atto, Madeleine cerca di superare l’atmosfera di ostilità e la logica di contrapposizione, imprimendo attraverso il Centro di azione sociale nuovo impulso alle attività caritative e formative della comunità cristiana locale, con una disponibilità che non conosce barriere.
In una crescente prossimità alla gente al di là delle classificazioni, intesse rapporti umanamente significativi e di sincera collaborazione con tutti, compresi i militanti comunisti.
Il 1° settembre 1939 la Germania invade la Polonia e scoppia la seconda guerra mondiale.
Nel quadro della mobilitazione generale Madeleine viene designata come assistente sociale al Comune di Ivry e assunta con l’approvazione del sindaco comunista, che attesta di conoscerne e apprezzarne “le alte qualità professionali e la dedizione”.
Pochi giorni dopo le amministrazioni comuniste vengono sciolte e sostituite da delegazioni prefettizie.
Madeleine, come tutto il personale del comune in gran parte comunista, conserva il suo incarico e si trova a svolgere un importante ruolo di coordinamento nell’evacuazione di Parigi, organizzata nell’ottobre 1939, e successivamente nel maggio 1940 nel controesodo massiccio dall’Est e dal Nord verso la capitale.
Le sue responsabilità crescono progressivamente:  nel giugno 1940 viene nominata dal prefetto Delegata tecnica del servizio sociale.
Il 1° gennaio 1941 entra nel Servizio sociale della Regione Parigina e nel 1942 anche nel Consiglio municipale di Ivry, come tecnico, in rappresentanza dei servizi sociali.
Nell’assumere questi incarichi Madeleine è mossa dal desiderio di servire il Paese in un momento drammatico e si mantiene “assolutamente passiva a livello politico”.
Di fronte agli immani problemi determinati dalla disfatta militare e dall’occupazione tedesca, Madeleine riesce a coinvolgere gli elementi attivi di Ivry e a dare vita a tutta una rete di iniziative volte ad alleviare le sofferenze e a venire incontro ai bisogni della gente.
A partire dal gennaio 1941 il Soccorso Nazionale le affida l’organizzazione di corsi di formazione per le ausiliarie delle assistenti sociali, di cui c’è urgente bisogno.
Madeleine definisce allora un programma di studi di nuovo genere, che favorisca le esperienze sul campo più che l’apprendistato teorico.
Di fatto Ivry diviene una specie di laboratorio dei servizi sociali, a cui altri vengono a ispirarsi.
Madeleine stessa comunica le sue iniziative e le sue convinzioni in due sue pubblicazioni La Donna e la Casa (1941) e Veglia d’armi per le lavoratrici sociali (1942).
La sua alta visione del servizio sociale si accompagna alla consapevolezza della sua necessità in una società “continuamente soverchiata dalla immensa pasta umana”.
Il 25 agosto 1944 la municipalità comunista riprende il suo posto.
Il giorno successivo, dopo un bombardamento che aveva gravemente colpito Ivry, Madeleine viene riconfermata dai nuovi responsabili comunali, che sapevano l’impegno con cui aveva aiutato molte famiglie colpite per motivi politici o razziali e nascondendo militanti comunisti ricercati.
Lei accetta di rimanere per un anno, fino all’ottobre 1945.
Le sue idee si sono trovate affidate anche a un certo talento letterario.
I suoi scritti spaziano dalle poesie alle meditazioni spirituali per la sua comunità, ai testi in cui offre il suo contributo alla ricerca di nuove vie di evangelizzazione, a una ricchissima corrispondenza, fino ai testi professionali nei quali troviamo le linee direttrici cui ispirava il suo lavoro.
Donna piena di intraprendenza, ha avuto la preoccupazione di serbare la sua libertà di parola e di azione persino sotto l’occupazione tedesca.
Se il suo approccio alla questione delle donne era tributario a una visione tradizionale della differenza dei sessi, la sua testimonianza e i suoi testi aprono brecce a nuove prospettive per un approccio “femminile e non femminista” a un forte protagonismo sociale delle donne.
Colpisce in lei un’attenzione alla realtà senza idee preconcette e l’esigenza di tenere costantemente insieme fattori apparentemente contrapposti:  un senso acuto della unicità di ogni persona e la valorizzazione del tessuto delle relazioni a cominciare da quelle familiari ritenute insostituibili; il bisogno di lasciarsi ammaestrare dalla vita e l’esigenza di acquisire strumenti per una riflessione umile ma rigorosa; il valore dell’intervento immediato nelle situazioni di bisogno e la preoccupazione di collocarlo in un orizzonte più ampio, per preparare la strada agli interventi legislativi e amministrativi; la coscienza di una dipendenza dei servizi sociali dalla politica e insieme la difesa della loro indipendenza contro ogni strumentalizzazione.
In un’epoca di grandi ricette ideologiche, Madeleine è convinta “che anche la migliore società resta imperfetta”, per cui il compito del servizio sociale consiste nel “compensare ciò che la società ha in sé di troppo rigido, di troppo statico, di troppo fisso”, in modo che possa trasformarsi continuamente, adattandosi alla “complessa e immensa pasta umana”, come una “rivoluzione” che si deve fare “giorno per giorno”.
Tutto questo non si comprende appieno se non si misura l’impatto della sua conversione avvenuta a vent’anni.
Da allora Madeleine si era sentita in debito verso tutti di quell’Incontro abbagliante col Dio vivente, che le aveva cambiato la vita.
Lei stessa scriveva:  “È stato il mio personale Incontro con Cristo Signore.
Scrivo Incontro in grande e al singolare, incontro vero e sempre incompiuto col Dio vivente.
Ormai mi sembra vero solo ciò che può entrare nel realismo di quell’incontro o scaturirne come una conseguenza necessaria”.
Da qui la sua fiducia nel “valore degli incontri”:  “Tutti gli esseri che incontriamo hanno qualcosa da donarci e ciascuno di loro ha qualcosa da ricevere da noi”.
“Dappertutto è Gesù che attende; e in noi è Gesù che cammina”.
Si colloca a queste profondità spirituali e mistiche la chiave della sua sincera apertura a tutti e in particolare la sua concezione del servizio sociale come crocevia di incontri e compito di cerniera:  “Siamo continuamente tra gli uni e gli altri; approfittiamone per fungere da cerniera.
(…) non rifiutiamoci, dopo aver toccato con mano e col cuore tali lacerazioni, di rammendarle (…) È un lavoro da donne, è fatto per noi”.
Questo passo merita attenzione.
Madeleine vi testimonia efficacemente quello sguardo al femminile che è spontaneamente più attento alla singolarità delle persone, alla concretezza delle situazioni e alla connessione vitale dei vari ambiti di intervento.
Ma la sua affermazione va oltre.
È convinta, infatti, che solo un servizio sociale che resiste alla tentazione di un approccio burocratico o ideologico alle persone, che non smette di toccare la realtà “con mano e col cuore”, con contatti in cui ci si lascia toccare e cambiare, può promuovere un’autentica ricostruzione del tessuto sociale e una ricucitura delle tante “lacerazioni” che segnano la vita delle persone.
Per lei solo contatti pieni di fiducia e di bontà sono capaci di agire in profondità e cambiare le persone, perché ossigenano il cuore e quindi risvegliano la coscienza della propria dignità personale, il senso di responsabilità verso gli altri e una profonda nostalgia di Dio.
A convalidare lo stile di Madeleine la testimonianza di un giovane che lei aveva aiutato a uscire dal carcere:  “Madeleine è il solo essere al mondo che mi abbia amato in speranza.
Lei ha indovinato il mio vero io, sfigurato per tutti, sconosciuto a se stesso, odiato da se stesso, senza coscienza di sé nel carcere da cui – dopo dieci anni e con il suo aiuto – giungo a liberarmi.
Grazie a lei io sono esistito per uno dei miei simili prima di esistere nella mia coscienza, quando tutti gli altri non potevano che ignorarmi.
Se non c’è più grande amore che dare la propria vita per coloro che  si  amano, come situare colui che rende la vita a chi l’ha perduta, che la dà a chi non l’ha mai conosciuta?”.
(©L’Osservatore Romano – 8 maggio 2010)

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