Sì, la Chiesa perde influenza, ed è una notizia bellissima! E’ anzitutto una buona notizia per me che sono una donna.
Ho constatato a suffiecienza a mie spese e a spese delle mie sorelle in umanità a qual punto la chiesa ha gravato e grava tuttora con tutto il suo peso per mantenere per quanto è possibile una logica patriarcale, ossia il dominio degli uomini sul corpo delle donne, e oltre il loro corpo, sul loro spirito, sulla loro libertà.
L’ultima trovata è stata il discorso della differenza, una fregatura intellettuale che si riassume alla fin fine nella risaputa battuta di Coluche secondo la quale «alcuni sono più uguali degli altri».
Questo motivo sarebbe sufficiente per rallegrarmi, ma ne ho anche altri.
Perché non sono tra coloro che coltivano la nostalgia di una cristianità ideale, bella come un’immagine pia, in cui la Chiesa, potenza di pace e di carità, istituisce la Tregua di Dio, porta soccorso ai poveri e ai malati e guida con sapienza degna di Salomone.
Senza risalire alle crociate, senza puntare sui roghi, io mi interrogo.
Cosa diceva la Chiesa quando tanti uomini, tante donne e tanti bambini erano gettati nella tormenta disumanizzante della indrustrializzazione nel XIX secolo? Che faceva quando migliaia di schiavi erano trattati peggio delle bestie? Ha assunto il rischio di protestare contro la sorte riservata agli ebrei dalla follia nazista? Oh, certamente, ci sono cristiani che si sono opposti in nome dell’evangelo, santi e eroi: S.
Vincenzo de Paoli, S.
Giovanni Battista de la Salle, Anne Marie Javouhey, il padre Damien, Albert de Mun, l’ Abbé Pierre e Madeleine Debrêl, per citarne solo alcuni tra la folla innumerevole di coloro che hanno messo la carità prima di ogni altra cosa.
Si ha buon gioco, a cose fatte, nel mettere a credito della Chiesa le opere dei suoi figli e delle sue figlie migliori, che tuttavia sono stati quasi sempre considerati, al loro tempo, come dei fautori di disordine.
La Chiesa, nella sua espressione istituzionale, è un potere che naturalmente si allea con i poteri.
Gli esempi storici sono così numerosi, così convergenti che è impossibile citarli.
Tutt’al più è possibile segnalare qualche raro e piccolo contro-esempio, come quello della Chiesa brasiliana, che fu, durante una ventina d’anni, risolutamente a fianco dei più poveri, sino a che Roma «ha rimesso le cose a posto».
Allora se la Chiesa perde influenza non esito a ripetere che me ne rallegro.
E io temo che alcuni vogliano trasformare la Chiesa in una lobby la cui prima funzione sarebbe la difesa degli interessi della «comunità» cattolica, la promozione della propria identità e la lotta per i propri valori.
La prima funzione della Chiesa non è quella di essere una comunità chiusa, ma una comunione.
Una comunine non difende i propri interessi, ma si apre, accoglie, incorpora.
Non promuove un «essere all’interno di sé» ma «un essere insieme» il più esteso possibile (sino all’estremità della terra e attraverso i secoli).
Quanto ai «valori», perché occorrerebbe ad ogni costo inscriverli nella legge civile al posto di poterli incidere nei cuori? Riascoltiamo i nostri predecessori, i discepoli, che avevano le stesse nostre illusioni: «Quando restaurerari il Regno di Israele?» Anche loro sognavano maggiore influenza e posizioni di forza.
Per tutta risposta ebbero il Cristo nudo, in croce.
Sogno, spero, prego perché venga il giorno in cui la Chiesa accetti il denudamento.
Quando non sarà più in nessun modo una potenza, forse potrà sperare di essere fedele al suo Signore.
Con lui e in lui sarà una semplice presenza.
Sarà al suo posto, in ginocchio ai piedi del mondo, secondo il comandamento che il Cristo le affida.
Ma questo non avverrà senza che noi anzitutto, i fedeli di Cristo, saremo umilmente al servizio dei nostri fratelli e delle nostre sorelle in umanità.
Allora, noi potremo dire in verità: la Chiesa, siamo noi.
di Christine Pedotti (editrice e cofondatrice della Conferenza dei Battezzati/e di Francia) in “Témoignage chrétien” n.
3394 del 29 aprile 2010 (traduzione: www.finesettimana.org)
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