Pedofilia e Chiesa

Il Senatore Pera su “Il Tempo” di oggi, 8 aprile 2010 Tre lezioni sui laicisti e la Chiesa Chi conduce la campagna contro la Chiesa non mira ai preti.
Dietro l’attacco al Pontefice si rivela la guerra culturale ai valori giudaico-cristiani.
  La battaglia non è ancora vinta e la guerra sarà ancora lunga e cruenta, ma il primo assalto è stato respinto.
Sulla questione della pedofilia, cristiani e cattolici di tutto il mondo hanno compreso alcune lezioni fondamentali.
Prima.
La riparazione con atti di giustizia ecclesiastica e civile dei casi accertati di pedofilia fra i sacerdoti non è il vero interesse di chi conduce la campagna.
Se davvero lo fosse, allora analoghe prese di posizione si sarebbero dovute verificare in altri casi, oppure si sarebbe presa l’occasione per riflettere sulle nostre leggi sempre più permissive in materia etica.
Perché la pedofilia è un crimine orrendo e l’uccisione di un embrione con una pillola è una “conquista civile”? O sono crimini entrambi oppure chi fa la distinzione fra l’uno e l’altro non si riferisce al crimine in sé, ma a qualche altra cosa.
L’essere sùbito saltati da parte degli accusatori dalla denuncia dei singoli casi all’accusa indiscriminata alla Chiesa come istituzione ha fatto capire che è precisamente questa altra cosa  ciò che essi hanno in mente.
Seconda lezione.
Cristiani e cattolici hanno anche compreso che la persona del Papa non è l’obiettivo della campagna.
Perché se c’è uno che ha preso sul serio questi scandali e li ha denunciati, questi è Benedetto XVI.
Impossibile rimproverargli disattenzione, negligenza e ancor meno connivenza.
La sua predicazione di una vita, il suo magistero, la sua inequivoca dottrina sul punto gli hanno fatto sempre scudo contro qualunque denigrazione o insinuazione.
E l’immagine visibile di quello scudo è quel “celeste sorriso di Cristo” di cui ha parlato il cardinal Sodano con un’immagine doppiamente felice perché mette assieme l’espressione di fiducia che emana dal volto, anche provato, di Benedetto XVI con la serenità interiore del Suo animo.
È un calvario quello a cui il Papa viene sottoposto, ma che egli riesce a percorrere non tanto come un fardello suo personale quanto come la prova che ogni autentico cristiano deve superare quando lo “scandalo del Crocifisso” entra nel mondo.
È per questo che anche chi si è avventurato a chiederne le dimissioni come presunto responsabile di un “Altargate”, come Nixon del “Watergate”, ha dovuto riconoscere che egli è privo di colpe.
Dunque, anche per questo rispetto è risultato chiaro che il bersaglio della campagna sta altrove.
Terza lezione.
Cattolici e cristiani hanno infine ben capito dove è collocato questo “altrove”.
È la Chiesa e più precisamente la sua predicazione e testimonianza cristiana ciò che disturba.
Giustamente, il cardinal Sodano e altri hanno denunciato il vero obiettivo: la campagna dei laicisti è contro chi difende la vita, la persona, il matrimonio, l’etica.
Questa è la guerra culturale che attraversa tutto l’Occidente in questo momento di crisi morale.
Da un lato, chi predica la libertà senza responsabilità, l’autonomia dell’individuo senza vincoli, la relatività dei valori come fonte di ogni valore; dall’altro lato, chi oppone che se l’etica non ha verità, allora il bene è solo una pacca sulle spalle che ciascuno dà a se medesimo ogni volta che ha perseguito il proprio interesse e l’ha fatta franca.
La contraddizione che stringe l’Occidente è drammatica e la spirale in cui si avvolge è perversa.
Non puoi esaltare la libertà sessuale, perdonare ad ogni infrazione, abbassare ogni guardia, tollerare ogni trasgressione, esaltare la omosessualità fino al punto di voler introdurre il reato di omofobia, e poi scandalizzarti della pedofilia.
Se non c’è più il senso del peccato, ciò che è moralmente lecito o illecito finisce sotto la legge generale della forza.
Dispiace che queste lezioni non siano state ben comprese da molti laici.
E che essi per primi non abbiano reagito contro una campagna palesemente anticristiana.
Se avessero memoria storica di che cosa ha rappresento il cristianesimo per la nostra civiltà, se avessero consapevolezza culturale di quale valore fondante esso fornisce a quegli stessi valori che essi sostengono di difendere, e se avessero onestà intellettuale per ammettere che la stessa laicità è un concetto interno al cristianesimo, non ad esso estraneo o imposto, allora, credenti e praticanti o no, non si farebbero trascinare in una guerra che, se fosse vinta da chi la conduce, porterebbe alla stessa distruzione della laicità.
Oppure non si mostrerebbero ora disattenti ora indifferenti rispetto alla posta che è in gioco.
Dispiace anche che a questa incomprensione non abbiano fatto eccezione alcuni esponenti dell’ebraismo.
Dimenticare che Benedetto XVI ha reciso alla radice qualunque alibi all’antisemitismo, perché lo ha negato in dottrina e non semplicemente con gesti mediatici; dimenticare inoltre che proprio Benedetto XVI si è più di altri riferito alla nozione di “giudaico-cristiano”; e trascurare che se il cristianesimo è messo in discussione anche il giudaismo lo è, significa commettere un errore grave, di prospettiva storica e di cultura.
 Si può pensare che il mondo debba ancora atti di riparazione agli ebrei, soprattutto si deve pretendere che questi atti non si esauriscano in qualche cerimonia occasionale in cui si spendono lacrime a comando, ma chiedere ogni volta che si scusi chi già si è scusato nei modi e limiti in cui può scusarsi, o intimare revisioni di episodi e personaggi, oppure sentirsi offesi per una analogia fra discriminazioni, come quella fatta da padre Cantalamessa, peraltro innocente e offerta in buona fede a chi come solo loro, gli ebrei, possono meglio capirla, è segno o di protervia intellettuale, che non si vorrebbe vedere tra quei nostri amici, o di confusione fra questioni cruciali di civiltà e piccoli interessi di questa o quella comunità o di carriera di questo o quel personaggio, che sarebbe meglio non commettere.
I laicisti non fanno distinzioni, perché non hanno scrupoli.
Se oggi salvano gli uni per condannare gli altri è perché domani si apprestano a invertire le parti.
La guerra che essi hanno da tempo dichiarata richiede l’unione di tutte le forze mature e consapevoli.
Non prevalebunt, certamente, ma sono pericolosi.
Marcello Pera                                       08/04/2010      “Ma Pietro cominciò a giurare e a spergiurare che non era vero: “Io neppure lo conosco quell’uomo che voi dite!”( Cfr.Mc14,71; Mt26,69-75; Lc 22,56-72; Gv18,25-27).
Di: Maria de falco Marotta.
  La crisi che travaglia la Chiesa ad opera dei suoi ministri, specialmente della Gerarchia e persino del Papa, quando non è infallibilmente assistito, è profonda..
Ultimamente, di fronte ad alcune affermazioni di Benedetto XVI, dei fedeli si sono sentiti ancor maggiormente smarriti per l’enorme scandalo dei preti, dei vescovi pedofili.
Qualcuno si lascia tentare persino dalla sfiducia nella Chiesa, come se fosse morta, e propone perfino il libero pensiero o la terza era gioachimita dello Spirito Santo, che dovrebbe rimpiazzare il Papa e la Chiesa petrina.
Ma non diciamo sciocchezze.
Una cosa è la fede in Gesù Cristo, da cui il cristianesimo che ha più di due miliardi di fedeli e un’altra è la sua gerarchia che con il Papato è diventata una potenza multinazionale, tanto che un avvocato americano vuole citarlo in giudizio a rispondere delle malefatte dei  preti e prelati pedofili.
Il guaio è che non si conoscono i Vangeli.
Lì è già tutto scritto: il tradimento, la sete del potere, la simonia.
Soprattutto che Gesù ha sempre perdonato i suoi apostoli, specie Pietro che lo ha rinnegato apertamente e che nei secoli a venire, spesso ha continuato a farlo, sebbene le opere grandi dei cristiani superino in abbondanza le loro pessime azioni.
E sul quotidiano La Stampa, è stata pubblicata un’ indagine dell’Istituto Piepoli realizzata da www.agcom.it che afferma che il 62% degli intervistati non approva l’operato della Chiesa, perché sta cercando di insabbiare i casi di pedofilia coprendo i colpevoli.
La domanda è stata posta non correttamente, ma si sa che la maggioranza della gente non ha molta conoscenza della “chiesa”, in quanto “corpo mistico di Cristo”, quindi gerarchia e fedeli, vengono facilmente confusi e per Chiesa, stavolta si sarebbe dovuto usare il termine Gerarchia( papa, vescovi, cardinali, preti…).
Cerchiamo di capire meglio.
Pedofilia e crisi del sacerdozio «Quella attuale è una crisi tremenda per la Chiesa… È molto più che la crisi delle violenze sessuali perpetrate su dei minori da parte di alcuni sacerdoti e religiosi.
È la crisi di tutta la concezione del sacerdozio e della vita religiosa» nella Chiesa: sono chiare le parole che Timothy Radcliffe, già maestro generale dei domenicani, utilizza per rileggere i recenti avvenimenti che hanno colpito la Chiesa, quella irlandese in particolare (in il Regno – documenti, n.
7, p.
201).
Lo fa rivolgendosi ai sacerdoti della diocesi di Dublino durante un ritiro spirituale dello scorso dicembre.
«È una crisi tremenda per la Chiesa, ma reca con sé una promessa e una benedizione».
Infatti, i tanti e complessi fattori in gioco sono riconducibili a un modello di «potere che si trova alla radice della crisi delle violenze sessuali: la violenza del potere esercitata ai danni dei piccoli e dei vulnerabili».
Ma questo non è «il potere di Gesù, che era mite e umile di cuore».
Pertanto, conclude il domenicano, «non avremo una Chiesa sicura per i giovani finché non… diventeremo di nuovo una Chiesa umile in cui siamo tutti pari, figli dello stesso Padre».
Figuriamoci! E’ considerevole il realismo di non scaricare tutto sulle spalle dei colpevoli, che vanno naturalmente messi in condizione di non nuocere più, denunciati e giudicati.
Se certi episodi si sono verificati, non è stato solo per un fatto statistico (tra i preti ci sono i pedofili così come tra altri categorie civili), ma anche per un modo di concepire il sacerdozio che può averli in qualche modo resi possibili.
E’ l’esigenza non dell’apologia, ma della continua revisione di vita che vale per tutti.
Il “mistero” di Cristo, della Chiesa e del Papa   Più di 2000 anni fa, i Giudei fecero rotolare una pietra tombale sul Sepolcro di Gesù e vi misero a guardia dei soldati, ma la pietra fu rovesciata dagli Angeli quando Cristo risuscitò da morte e vinse il male attraverso la sua apparente sconfitta in croce.
Il Cristianesimo è la religione della vittoria tramite la perdita anche, e soprattutto, della propria vita.
Quindi non c’è pietra che tenga.
La storia – se non il catechismo – dovrebbe avercelo insegnato: la Chiesa è cresciuta e si è rafforzata proprio quando sembrava essere annientata.
Le “gaffes” e, peggio ancora, gli errori del clero e della Gerarchia, sono la prova provata della sua indefettibilità, come diceva il cardinal Consalvi a Napoleone: “Maestà, lasci perdere, neanche noi preti siamo riusciti in milleottocento anni a distruggere la Chiesa romana, non è cosa da uomo, neppure lei ci riuscirà”, e Napoleone non vi riuscì… Ciò dovrebbe insegnare qualcosa anche a noi.
Certamente noi cristiani siamo devoti del papa, giacché Cristo la sua Chiesa l’ha fondata su Pietro e i suoi successori (i Papi) e per questo ci distinguiamo dai protestanti e dalle varie denominazioni eretiche o scismatiche, le quali – contro il volere di Cristo – non ritengono Pietro come loro principio e fondamento con un vero primato di giurisdizione( tali questioni si stanno appianando).
E ciò senza negare terribili eventi  che alcuni Papi possono aver commesso come uomini o le ambiguità ed errori che possono sussistere nell’ insegnamento non normativo – e quindi non infallibilmente assistito – del Papa, ad esempio il concilio “pastorale” Vaticano II.
Non occorre, perciò, cambiar religione o Chiesa davanti allo sfacelo spirituale del mondo cattolico.
Il rimedio non è Buddha, né Maometto e neppure il “Libero Pensiero” o il gioachimismo.
Basta attenersi a quanto si é sempre insegnato circa il mistero di Cristo, della Chiesa e del Papa.
  La nostra Fede, compendiata nel Credo e spiegata nel Catechismo, ci insegna che il Papa è il Vicario in terra di Gesù Cristo.
Egli è la Pietra sulla quale Cristo ha costruito la Sua Chiesa e contro la quale “le porte degli inferi non prevarranno”.
In quanto a Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, è un mistero che si definisce come “Unione Ipostatica”.
Tale mistero ci disorienta spesso perché durante la sua vita e specialmente durante la sua Passione, quando la sua “Natura divina si nascondeva e lasciava trasparire solo quella umana, che soffriva terribilmente” (S.
Ignazio da Loyola) ci annienta la ragione.
Gli Apostoli  si scandalizzarono, smarrirono il principio immateriale della  Fede, rinnegarono o abbandonarono Gesù, non riuscendo a capire e ad ammettere che il Messia potesse essere sconfitto e umiliato.
In quanto alla Chiesa, nella sua totalità( gerarchia e fedeli), dai suoi inizi a Gerusalemme, dopo la Pentecoste, ha continuato il suo cammino nel corso della storia.
Anch’essa ha un duplice elemento; quello divino (il principio che l’ha fondata e la vivifica, ossia Cristo e la Sua grazia, e il fine a cui tende, vale a dire il Cielo e Dio visto “faccia a faccia”) ed uno umano (le membra di cui è composta, gli uomini, sia i fedeli che la gerarchia).
Nel corso della sua storia  vi sono pagine gloriose e pagine tremende(crociate, inquisizione, potere temporale dei papi…).
Se non avessimo la virtù teologale della Fede nella origine divina della Chiesa e nella protezione di cui la ammanta Gesù “ogni giorno, sino alla fine del mondo”, rischieremmo di scandalizzarci e perdere proprio quella Fede “senza la quale è impossibile piacere a Dio” (San Paolo).
In quanto al Papa,  è un uomo, ma assistito da Dio; però solo a certe specifiche condizioni, che non tolgono o aggiungono nulla alla sua natura umana debole e caduca.
San Pietro stesso rinnegò Gesù non una, ma ben tre volte (“non conosco quest’uomo”).
E’ necessario, allora,  riguardo a Gesù, alla Chiesa e al Papa sempre aver presente il loro duplice elemento: umano, e dunque fallibile e  divino, e quindi irreprensibile.
Se ci si attiene solo al  primo, si cade nel razionalismo naturalista e si rinnega la Fede teologale; se si evidenzia  solo al secondo, si scivola verso un angelismo rigorista e o pneumatismo cataro, che porta egualmente alla rovina (“ogni eccesso è un difetto”).
Così possiamo anche sorridere che il Papa ha detto che i preti sono angeli in una delle sue ultime omelie! Nel caso di Benedetto XVI, non si può negare la sua forma mentis filosoficamente e dogmaticamente modernistica, acquisita sin dai primi anni di seminario.
Egli stesso ce ne dà conferma nella sua autobiografia.
Questa forma mentis traspare dai suoi scritti ed è apparsa anche nel viaggio in Terra Santa, durante le riunioni interreligiose con islamici e israeliti.
Non si può confutare la formazione immanentistico- kantiana di Ratzinger, ma neppure si può lapidarlo – in odio al Papato – ad ogni parola che dice o omette di dire.
Come Cristo è la “pietra d’angolo, rigettata dal costruttore, ma che schiaccia tutti coloro i quali inciampano contro di essa”, così il Papa è il Vicario in terra della “pietra d’angolo” e “chi tocca il Papa in quanto tale muore”, così diceva Pio XI.
Ma lui, poveretto, non aveva intuito l’evoluzione sociale e tecnologica dei nostri tempi.
Oggi si ritiene del tutto lecito mostrare storicamente le eventuali lacune (anche dottrinali) di alcuni Papi, purché lo si faccia come San Paolo: “Ho resistito in faccia a Pietro, poiché era reprensibile”; è reprensibile ed è Pietro ovvero il Papa.
Ci auguriamo tantissimo che l’alta gerarchia si ricordi che: «In questioni teologiche difficili e non definite, occorre dare il proprio parere con umiltà e pace, conformandosi alla istruzione e capacità degli ascoltatori, insistendo maggiormente sulla pratica della Chiesa, esortando a seguire i buoni costumi; invece di lasciarsi coinvolgere da controversie che non hanno una conclusione certa e che sono quindi pericolose sia per chi le spiega [abuso di potere, orgoglio spirituale e intellettuale] e sia per chi le ascolta [se non ha la capacità e la preparazione per comprenderle e metterle in pratica correttamente]» (s.
Ignazio da Loyola, Obras Completas, Madrid, BAC, 1982, pp.
289-290).
        Chiesa dei peccatori, Chiesa dei santi di Karl Lehmann in “Frankfurter Allgemeine Zeitung” del 1° aprile 2010 (traduzione: www.finesettimana.org) Anche se si preferisce evitare parole grosse, la rivelazione nelle scorse settimane di molti casi di abusi costituisce una profonda crisi in particolare per la Chiesa cattolica.
Anche se sono implicati molti fattori esterni alla Chiesa, non ha alcun senso puntare il dito prima su altri.
Altrimenti si potrebbe dare l’impressione di voler distogliere l’attenzione dalla responsabilità propria o relativizzare ciò che è accaduto.
Come Chiesa neppure ci dobbiamo meravigliare se veniamo giudicati severamente – certo talvolta anche con malignità e malevolenza – con gli stessi criteri con cui la Chiesa in altre situazioni presenta le sue convinzioni morali, in particolare in riferimento alla sessualità.
I casi di abusi scoperti funzionano qui come un boomerang.
Certo non dobbiamo lasciarci tappare la bocca e dobbiamo dire con nettezza che si tratta chiaramente di un malcostume sociale, di cui la maggior parte di noi non aveva sospettato l’entità.
Lentamente vengono scoperti comportamenti negativi anche in luoghi finora poco sospetti.
Le indicazioni numeriche

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