L’intervista I credenti, come hanno percepito e come percepiscono i progressi dell’astronomia? I credenti condividono con gli astronomi lo stesso fascino per il cielo.
Non stupisce, allora, se i primi hanno sempre manifestato una certa preoccupazione per ciò che potevano scoprire i secondi.
Ponendo l’essere umano al centro della creazione, le credenze ereditate dalla Bibbia non allontanano forse qualsiasi possibilità di altri pianeti abitati? È vero che il cardinale Nicolas de Cue, nel XV secolo, ha potuto parlare di abitanti della Luna senza che Roma si occupasse in qualche modo di lui, ma Giordano Bruno, invece, nel 1600 è stato bruciato per aver affermato, tra le altre cose, che l’universo era infinito ed aver presupposto quindi l’esistenza di innumerevoli mondi.
Dalla rivoluzione copernicana, si è stabilita una sorta di accordo: gli studiosi si sarebbero interessati al “come” delle cose; i teologi al “perché”.
A quel punto, non c’era più ragione di accendere roghi.
Con l’elaborazione, negli anni ’30 del secolo scorso, della teoria del Big Bang da parte di Georges Lemaître, astrofisico e canonico, c’è perfino la grande tentazione di arrivare ad una sorta di “concordismo”; il racconto degli scienziati assomiglia estremamente a quello del libro della Genesi! Nella seconda metà del XX secolo si accelera la conquista spaziale.
La preoccupazione dei credenti diminuisce? Anche loro sono presi dall’entusiasmo collettivo.
I cristiani, papa in testa, applaudono allo Sputnik, il primo satellite messo in orbita, nel 1957, poi a Yuri Gagarin, il primo uomo nello spazio, nel 1961, a Neil Armstrong e Buzz Aldrin, sulla Luna, nel 1969…
Oggi, con la diffusione delle attività spaziali, i credenti non mostrano più grande interesse per le poste in gioco sociali ed etiche che ne possono derivare.
È proprio un peccato.
La scoperta di un’altra Terra rimetterebbe in discussione la credenza secondo la quale il nostro pianete e l’universo sono stati creati da Dio? Mi piace ricordare che questo problema è stato risolto…
nel 1277, da Étienne Tempier, allora vescovo di Parigi.
Aveva messo fine ai dibattiti che, alla Sorbona, opponevano i sostenitori di Aristotele, difensori del carattere unico del mondo, a coloro che vedevano la possibilità di un altro universo, dando ragione a questi ultimi! Il suo argomento era: se Dio vuole creare altri mondi, con esseri extraterrestri, può farlo senza chiedere il nostro parere.
Trovo questo approccio pieno di buon senso teologico…
anche se non risolve tutti i problemi.
L’astronomia è una scuola di modestia, anche per i credenti.Indipendentemente dal fatto che siano cristiani, ebrei o musulmani, i credenti sono sempre più diffidenti nei confronti dell’astronomia? Le scoperte astronomiche, come quelle della paleoantropologia e della biologia dell’evoluzione, hanno dato un duro colpo alle concezioni dell’Universo e dell’umanità su cui i credenti fondavano una parte delle loro convinzioni.
Non è una cosa nuova – penso evidentemente a Copernico o a Darwin -, ma l’impatto delle scienze e delle tecnologie sulle nostre società è diventato tale che esse paiono imporsi a detrimento delle nostre credenze più antiche.
I movimenti creazionisti, che estendono oggi la loro influenza ben al di là degli Stati Uniti, dove sono apparsi alla fine del XIX secolo, mostrano questo disagio.
Ciò detto, evidentemente non tutti i cristiani, non tutti i musulmani, non tutti gli ebrei sono contrari alle scienze.
E non tutti sono creazionisti! Sono convinto che accettando il dialogo, credenti e ricercatori possono trarre profitto da queste scoperte che rivoluzionano la nostra conoscenza dell’Universo, del vivente, dell’umano.
*Jacques Arnould, storico delle scienze, teologo, ricercatore al CNES.
Suoi libri più recenti: “La Terre en un clic.
Du bon usage des satellites”, Odile Jacob, pp.
208, € 21,90, 2010, e “Une fenêtre sur le ciel.
Dialoghes d’un astrophysicien e d’un théologien”, con Marc Lachièze, Bayard, p.
276, € 18, 2010.
in “Le Monde” del 4 dicembre 2010 (tra duzione: www.finesettimana.org)
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