De Rita: il protagonismo? Ai cattolici non piace

L’intervista «Sono state le elezioni meno politiche degli ultimi anni.
Perché nessuno ha veramente parlato di “politica”, di scelte, di prospettive.
Il risultato finale? Da una parte un fortissimo localismo, una gran voglia di radicamento nel territorio: lo dimostra la differenza tra il pesante astensionismo alle elezioni regionali rispetto a quello più basso registrato per le provinciali e le comunali.
Dall’altra c’è il clamoroso protagonismo di Berlusconi, che ha rivendicato la propria dimensione carismatica, il suo essere l’uomo giusto al momento giusto…».
Giuseppe De Rita, sociologo e da sempre analista delle abitudini degli italiani, sintetizza così questo risultato elettorale: «Per aggiungere altri dati rispetto a ciò che ho appena detto, mi sembrano evidenti altre due tendenze.
La prima, chiarissima a tutti: la Lega è radicata ovunque al Nord, ben salda proprio in virtù del localismo.
E l’altra è che si va, se continua così, verso il partito dei cacicchi, cioè dei capetti locali ben riconoscibili dalla base.
È accaduto per Roberto Formigoni in Lombardia.
Lo stesso è successo, specularmente, per Nichi Vendola in Puglia.
Saranno questi “cacicchi”, in futuro e se si prosegue in questa direzione, ad attirare consensi.
Altro che i discorsi politici che non si sentono più».
Ma dove si trovano le radici profonde dell’astensionismo, professor De Rita? «Purtroppo il mondo politico italiano sta vivendo una stagione strettamente legata al protagonismo, ovviamente Berlusconi è il primo.
Per comprenderne gli sbocchi, basta seguire L’isola dei famosi o Il grande fratello.
Allora si verifica un fenomeno molto semplice.
Passi per un duello, che so, Berlusconi-Prodi.
Ma quando c’è il duello tra due mini-protagonisti regionali, magari inventati lì per lì negli ultimi sei mesi, allora non si va a votare perché la garetta tra minori non appassiona, non interessa.
È come assistere a una partitella di serie B o addirittura C dopo aver visto un grande match di serie A, o come passare dall’attico al pianterreno».
E così, spiega il professor De Rita, va a votare solo chi ha interesse specifico: «La gente “normale” diserta, va chi è legato alla formazione politica o ad altre questioni che lo interessano.
Si sopporta, invece, il protagonismo del piccolo sindaco locale: perché sanno chi è, lo considerano uno di loro, ne conoscono pregi e difetti personali».
Professor De Rita, secondo alcune analisi il mancato voto cattolico avrebbe contribuito a nutrire il fenomeno dell’astensionismo.
Pensa che sia così? «Tenderei ad escludere che il voto cattolico abbia deciso le sorti della Bresso o della Bonino, per capirci.
Penso invece che gli elettori di fede cattolica mal sopportino per temperamento la personalizzazione della politica: proprio quel fenomeno del protagonismo di cui parlavo».
E perché? «Perché i cattolici, da De Gasperi in poi passando per un protagonista naturale come Fanfani, ha sempre visto al potere personalità forti ma mai “leader soli al comando”.
Anche Fanfani, robusto decisionista, doveva fare i conti con le correnti e gli altri capi, mettersi a capire le loro istanze…».
Secondo De Rita anche la recente posizione della Conferenza episcopale non ha deciso le sorti del voto: «Il cattolicesimo più autentico, quello che riempie le parrocchie e le messe domenicali, non fa militanza di vertice ma di base.
Si occupa della comunità, la vive.
Hanno una cultura di gran rispetto nei confronti degli altri.
Non sono mai centrati su se stessi».
Ma lei sostiene che il voto cattolico, dopo il discorso di Bagnasco, non ha deciso nemmeno nel caso Polverini-Bonino? «Sinceramente non credo.
L’astensionismo nel Lazio si deve, a mio avviso, nella mancanza della gamba principale per la Polverini e nel quesito irrisolto della Bonino».
E quale sarebbe? «La Bonino ha corso da solista radicale slegata dalla coalizione o invece, semplicemente, la coalizione proprio non c’era e la Bonino era l’unica realtà visibile di qualcosa che non esisteva? Un bel problema…
Bersani ha parlato di Bonino fuoriclasse.
Ma non è detto che i fuoriclasse siano destinati alla vittoria».
E quindi, arrivando alla sintesi, a una conclusione? «Mi viene in mente una meravigliosa espressione di Gianni Brera, quando parlava di calciatori e diceva: puoi anche avere i piedi più belli di questa terra, ma se non sai correre, figlio mio…».
in “Corriere della Sera” del 31 marzo 2010

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