Finita l’era degli scandali nascosti

L’intervista Per Michael Novak, l’autore de «L’etica cattolica e lo spirito del capitalismo» e di numerosi altri libri sulla religione e la politica, la lettera pastorale del Papa ai cattolici irlandesi dopo gli ultimi scandali che hanno scosso il Vaticano, «risponde alle istanze morali dei fedeli» in tutto il mondo.
«Benedetto XVI — sostiene — proclama che la Chiesa ha sbagliato, non solo che i colpevoli degli abusi sui minori ne rispondono a Dio e alla giustizia umana, e ammonisce che l’autorità ecclesiastica deve essere completamente onesta e aperta».
Troppo a lungo, sottolinea il filosofo cattolico conservatore, che negli Anni ottanta fu ambasciatore alla Commissione dei diritti umani all’Onu, gli scandali vennero nascosti o contenuti: «Rammento che nella mia adolescenza i preti pedofili erano giudicati malati che andavano curati, un errore a cui la Chiesa doveva porre subito riparo.
Il Pontefice ha dimostrato di avere capito la lezione».
Gli scandali sembrano danneggiare soprattutto i rapporti tra il Vaticano e il mondo anglosassone.
«Gli scandali sono gravi, e le vittime hanno diritto al risarcimento e alle scuse da parte della Chiesa, oltre che a una severa punizione dei colpevoli.
Ma l’ostilità di certi americani nei confronti del Vaticano è dovuta anche a certi avvocati e interessi finanziari che vedono negli scandali una fonte di guadagno.
La pedofilia non è un male solo cattolico, esiste in altre Chiese, in scuole pubbliche, nei boy scout: contro alcuni leader dei boy scout, anzi, inizierà a giorni un processo».
Qualcuno dice che il mondo anglosassone soffre di un antipapismo storico.
«E’ un tema che preferisco non toccare, solleverebbe un polverone inutile.
Il fatto fondamentale è che l’autorità morale della Chiesa cattolica, la più alta al mondo, è lesa da questi comportamenti inaccettabili.
Philips Jenkins, un teologo protestante, sostiene che la percentuale dei preti pedofili cattolici è inferiore a quella di altri ambienti.
Ma è una piaga che va eliminata ovunque».
Come è visto Benedetto XVI nel mondo anglosassone? «Distinguerei tra i cattolici e i media secolari.
In prevalenza i primi lo seguono.
I cattolici apprezzano molto i suoi richiami al ruolo cruciale della coscienza, alla tradizione americana di libertà religiosa, ai limiti della autorità dello stato.
E’ chiaro che ha studiato a fondo queste questioni.
I media secolari, invece, sono in genere critici, non perché sia un Papa tedesco, ma perché lo considerano dottrinario e controverso».
Inizialmente fu accusato di essere anti islamico.
«Per il suo riferimento a un passo del XIV secolo su una atrocità dell’Islam? Io penso che rievocando quell’episodio storico il Pontefice ottenne la reazione che sperava.
Portò a un chiarimento: nel mondo islamico furono e sono commesse atrocità ma non è affatto la tendenza prevalente.
L’accusa era infondata, il Papa vuole il dialogo tra le religioni, come il suo predecessore».
In America Giovanni Paolo II ebbe una popolarità senza precedenti.
«La ebbe in tutto il mondo grazie alla sua straordinaria personalità.
Giovanni Paolo II fu un Papa poetico, teatrale, carismatico, con una profonda fede e umanità, che attrasse le folle e i media.
Nessun leader religioso o politico resse al suo paragone».
E Benedetto XVI? «Forse è meno mediatico, solleva meno entusiasmi.
Ma lungo le strade dell’America io ho visto cartelloni con la sua immagine e la scritta: “Amo il mio pastore tedesco”, un significativo gioco di parole».
in “Corriere della Sera” del 21 marzo 2010

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