GIANFRANCO CALABRESE, PHILIP GOYRET E ORAZIO F.
PIAZZA, Dizionario di Ecclesiologia, Città Nuova, Roma, 2009, pp.
1350, Euro 140 Un nuovo Dizionario di Ecclesiologia è stato presentato alla Pontificia Università Lateranense.
Si tratta di un corposo volume curato da Gianfranco Calabrese, Philip Goyret e Orazio F.
Piazza.
Un fatto importante nell’ambito delle pubblicazioni teologiche.
Non perché manchino dizionari di teologia.
Ve ne sono, anzi, da tempo e di pregevoli.
Se però, la teologia dogmatica e anche quella morale, liturgica, spirituale e pastorale, e poi specialmente la Sacra Scrittura e la teologia biblica avevano non pochi dizionari di riferimento, ciò non era ancora accaduto per l’ecclesiologia.
Non, perlomeno, nella forma articolata e completa con cui si presenta questo dizionario e non con simile ampiezza quanto all’insieme e alle singole voci.
L’ottima – almeno così appare già a prima vista – riuscita di questa iniziativa editoriale non può, dunque, che essere salutata con soddisfazione.
In rapporto all’ecclesiologia stessa, anzitutto.
Lo mette in evidenza nella prefazione l’arcivescovo Luis Francisco Ladaria Ferrer, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, che esordisce col richiamare il lavoro teologico durante quello che comunemente è conosciuto come “il secolo della Chiesa” (Otto Dibelius), ossia per quell’arco di tempo durante il quale c’è stata “la progressiva scoperta di questo mistero fondamentale della nostra fede e nella nostra vita che, come sappiamo, per secoli non aveva suscitato l’interesse esplicito della teologia” (p.
5).
Ladaria, poi, mette in luce la dipendenza del dizionario dal magistero del Vaticano ii, che sulla scia di precedenti interventi magisteriali (fra cui, anche temporalmente più vicina al concilio, la Mystici corporis di Pio XII), ha collocato il mistero della Chiesa al centro dei suoi interessi.
Di ciò questo dizionario intende essere un’approfondita sintesi e una fedele esposizione.
Espressamente, difatti, si dichiara che l’impianto portante dell’intera opera ha come riferimento principe il binomio Lumen gentium e Gaudium et spes due testi che, considerati nella loro reciprocità, danno vita a quella dimensione missionaria da cui sono qualificate tutte le voci e che costituisce il paradigma ermeneutico per la loro lettura.
Sul crinale, infine, di un processo storico, che ha il suo acme nel Vaticano II, il dizionario ha l’ambizione “di sostenere una sua dinamica ricezione nel variegato scenario della ecclesiologia contemporanea” e di “presentare una chiave di lettura, di indagine e di comprensione della realtà misterico-strutturale della Chiesa” (p.
7).
Tra gli altri scopi che giustificano la preparazione di ogni buon dizionario, in questo caso c’è pure quello di raccogliere in una prospettiva disciplinare le diverse questioni che interpellano l’ecclesiologia.
Sotto questo profilo è il caso di aggiungere e sottolineare alcune particolarità volute sin dal principio per questo dizionario.
Si consideri, dunque, anzitutto la provenienza dei molti autori delle voci.
Sono ben 114, legati in vario modo a 52 istituzioni tra università, atenei pontifici e facoltà teologiche operanti sia in Roma, sia nelle altre regioni d’Italia.
È, dunque, in gran parte la “teologia italiana” quella che qui s’esprime, per quanto non manchino i contributi di teologi di diversa nazionalità e attivi in istituti non italiani.
Ciò sia detto al fine di mettere in luce e onorare la profondità e la vivacità della ricerca teologica presente nelle Chiese d’Italia.
L’idea del Dizionario, peraltro, nacque nel contesto del secondo Colloquio nazionale dei docenti di ecclesiologia, che si svolse a Telese Terme nell’aprile 2004.
Coglieva, dunque, nel segno l’arcivescovo Rino Fisichella quando, in occasione della presentazione alla Lateranense, affermava che il presente dizionario, nel quadro dell’odierno bisogno di fare sintesi, si presenta come un singolare e armonico mosaico ecclesiologico.
Si riconoscerà, d’altronde, che raccogliere il trattato ecclesiologico in 161 voci non è stata impresa facile, tenuto conto dello sviluppo che esso ha conosciuto specialmente dopo il Vaticano II.
All’appuntamento conciliare, difatti, l’ecclesiologia era giunta con una grande ricchezza di studi e con una molteplicità di proposte ecclesiologiche senza, tuttavia, avere raggiunto un consenso rispetto alla struttura, ai contenuti e alla metodologia.
Dal Vaticano ii in avanti, però, l’interesse per la costruzione di un trattato di ecclesiologia è stato ed è ancora oggi in crescendo.
È stata, allora, opera davvero meritoria quella dei curatori nell’integrare i vari temi (biblici, storici, liturgico, ecumenico, pastorale, canonico, e così via) d’interesse ecclesiologico in una (non esclusiva) prospettiva storico-dogmatica, preoccupandosi che ogni voce conservasse la sua specificità disciplinare e al tempo stesso rimanesse aperta a una positiva interazione critica per un efficace discorso teologico-sistematico.
Un’ultima caratteristica è giusto mettere in luce ed è quella su cui indirizza l’attenzione anche l’arcivescovo Ladaria.
È la disposizione “modulare” delle singole voci.
La proposta è evidenziata nelle pagine iniziali dove sono presentati ventiquattro “moduli”, ciascuno dei quali suggerisce al lettore la possibilità di selezionare ambiti specifici di ricerca.
“La lettura modulare, secondo moduli appositamente non titolati per non condizionarne concettualmente il contenuto – avvertono i curatori – favorisce la duplice possibilità di fruire, contestualmente, di specificità disciplinare e integrazione critica, per cui ogni voce è idealmente collocata all’interno di una unità tematica e si sviluppa in armonia con le altre voci presenti nel modulo” (pp.
7-8).
Va da sé, in ogni caso, che nel dizionario le voci sono materialmente disposte in rigoroso ordine alfabetico e perciò facilmente rintracciabili.
Ciascuna di esse, però, fornita di aggiornata e completa, per quanto essenziale, bibliografia, è previamente qualificata, a seconda dei casi, come voce “fondativa”, o “secondaria”, o “esplicativa”.
Distinzione senza dubbio utile, almeno perché aiuta, magari il principiante, a scegliere secondo l’aureo principio contenuto nella breve lettera De modo studendi, che se non è di san Tommaso, come si è ritenuto, si armonizza stupendamente con la sua metodologia: ut per rivulos, non statim in mare, eligas introire, quia per faciliora ad difficiliora oportet devenire.
Altrimenti detto, la diversa qualificazione delle “voci” aiuta il lettore a individuare subito ciò che è davvero alle fondamenta dell’ecclesiologia.
di Marcello Semeraro Vescovo di Albano
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