Quaresima: tempo di riflessione Tu che solo conosci il segreto di ciò che sono e sono atto a diventare” (Gabriel Marcel) La vita di ciascuno custodisce un segreto: un sogno affiora sollecitante e indefinito fin dai primi anni della giovinezza; la vita chiede di decifrarlo.
Anzi il compito di decifrarlo riempie la vita, giacché noi non siamo trasparenti a noi stessi.
Lo spessore che avvolge l’esistenza è il segno della sua grandezza e contemporaneamente il peso della sua condizione.
Del segreto che noi siamo portiamo una vaga intuizione che alimenta il desiderio e fermenta le attese, per lo più deluse.
Ma l’intuizione profonda che ci accompagna non cessa di fermentare gli anni fervidi della maturità: interiore percezione di inadeguatezza, di parzialità, incompiutezza; indefinita nostalgia, di pienezza di risposta.
Soprattutto progressiva consapevolezza dell’essere, cui attingiamo e che non siamo: presagio di una presenza arcana che urge oltre l’assillo delle cose, oltre la dolcezza delle relazioni.
Agostino, all’apertura di quel grande affresco che sono Le confessioni, l’ha detto con parole non più dimenticate: ‘Ci hai fatti per Te e il nostro cuore è senza pace fino a che non riposa in Te’.
Ma precisamente la luminosa Confessione che ne segue è la testimonianza più conturbante che l’incontro non gli ha dato pace.
Dio urge alla sua vita e la incalza in termini sempre nuovi.
La sua ricerca già lucida, penetrante, originale si dilata all’intero orizzonte della sua vita: non è più solo la chiarezza delle idee che lo appassiona; è l’autenticità della sua stessa esistenza che entra in gioco.
Il tentativo singolarissimo di decifrarla in tutti i risvolti misteriosi che l’attraversano, nelle pieghe segrete in cui si cela un’arcana presenza che lo sospinge a consapevolezza di sé e delle sue aspirazioni, a fermento di una intensità di vita sorprendente e inappagata costituiscono il fascino permanente della pagina di Agostino.
Agostino ha presagito e infaticabilmente perseguita una presenza in cui trovare rifugio – trovare la pace- che plachi, che risponda: l’ha man mano avvertita come stimolo e sollecitazione tenaci a portarsi un passo più in là, con la soddisfazione di un orizzonte tutto da esplorare: canta e cammina, ha detto a se stesso e a noi in una delle sue sagaci e concise annotazioni.
Camminare nella gioia perché l’itinerario è lungo ma anche appassionante, appena ci si accorga che è in gioco l’incontro, la tenerezza dell’amico con cui entrare e tenersi in relazione, che sappia dare volto anche al presagio, che voglia instaurare un dialogo a tutto campo, che solleciti a confrontarsi con disponibilità trasparente e sincera Scoprire il segreto è dunque coltivare il dialogo interiore e personale per leggere l’esistenza ed esplorare i suoi rapporti luminosi e misteriosi con la Trascendenza.
S’impone uno spazio irrinunciabile e prezioso di contemplazione, come condizione appassionante da perseguire.
Alla ricerca del proprio volto, presagito nel volto di Dio, rivelato nel dialogo con lui.
Un volto appena sbozzato, le cui linee restano da definire. Il segreto è certo in ciò che siamo, ma più profondamente in ciò che aspiriamo ad essere. La vita custodisce il segreto: può passarle accanto senza mai avvertirlo; può sentirne il presagio e spendersi per decifrarlo.
L’assillo delle cose tendono ad evadervi, magari a soffocarlo; una sosta pensosa in questo assillo è sufficiente per darvi risalto e lasciarlo parlare.
Se poi la sosta apre al dialogo interiore con l’unico che conosce il segreto, se dispone ad un incontro carico di trepidazione, l’esistenza può rivelare il tesoro che porta con sé, che segretamente l’alimenta: le risorse che suscita, cui attingere, la statura che lascia intravedere aprono sul monito evangelico “siate voi dunque perfetti come è perfetto i Padre celeste.” (Matteo, 5, 48) Dio non si dà mai parzialmente secondo la lucida intuizione del pensatore religioso moderno (S.
Kierkegaard).
L’osservazione lascia intuire la pista privilegiata: solo dandosi senza riserva ciascuno chiama a raccolta tutte le risorse di cui dispone e dà attuazione piena ai tratti che compongono la propria identità e la vanno perseguendo.
La vita dunque custodisce il segreto: può esser lasciato inavvertito e inoperante tanto che l’esistenza trascorre insignificante e vuota; può esser presagito, esplorato fino ad alimentare l’esistenza e farla fiorire in tutta la sua germinalità. Da TRENTI Z., La secolarità nell’orizzonte della creazione, Leumann, Elledici, 2009, pp.45-47 (Per gentile concessione dell’Editrice).
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