«E dove è la novità? Da sempre si sa che nel Corano è prevista anche l’uccisione di cristiani con la spada.
Il vescovo Raboula Antoine Beylouni lo ha semplicemente ricordato senza tradire nessuna verità.
Non sono questi i motivi che mettono a rischio i rapporti cristiano-islamici».
Il cardinale francese Jean-Louis Tauran (67 anni), presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, non sembra preoccupato che nel Sinodo si sia ricordato che è lo stesso libro sacro dei musulmani a prevedere l’eliminazione dei cristiani.
«Purtroppo è così e se si fa finta di niente si fa un cattivo servizio alla verità storica», puntualizza il porporato che in Vaticano, dopo il Papa, è la massima autorità sull’Islam.
Cardinale Tauran, ma lei non teme che il dialogo con l’Islam ora sia più difficile? «No.
Chi conosce il Corano sa che in quelle pagine c’è veramente scritto che i cristiani possono essere uccisi.
Basta semplicemente leggere il testo sacro ai musulmani.
Per questo non penso che il dialogo con l’Islam possa essere compromesso da quanto è stato ribadito al Sinodo.
Non è la conoscenza della verità che può mettere in crisi i rapporti tra fedeli di religioni diverse».
Eppure, quando Benedetto XVI nel 2006 in Germania toccò gli stessi argomenti i musulmani si sentirono offesi e fu costretto a chiedere scusa.
«Sono due vicende diverse.
A Ratisbona il Santo Padre fu vittima di un colossale equivoco amplificato dai lanci di agenzie stampa che si limitarono a diffondere solo brevi stralci della sua lectio magistralis.
Equivoco prontamente chiarito dallo stesso Santo Padre, come in seguito hanno preso atto tanti leader musulmani ricevuti in Vaticano o incontrati durante i viaggi apostolici.
Altra cosa è l’intervento di monsignor Beylouni al Sinodo, dove il presule ha semplicemente ricordato quanto realmente è scritto nel Corano».
Lei non crede che rilanciando verità storiche tanto scomode il dialogo tra cristiani e musulmani si complichi a vantaggio di estremisti e fanatici? «Mi rendo conto che toccare certi argomenti a volte può far male.
Ma se si vuole veramente promuovere il dialogo interreligioso le verità, anche quelle scomode, non vanno nascoste.
L’importante è conoscersi e dialogare.
La vera sfida è un’altra: quanti in Medio Oriente hanno saputo che al Sinodo sono intervenuti un sunnita e uno sciita? E chi è a conoscenza degli sforzi comuni che leader cristiani e musulmani fanno in difesa della vita? La vera sfida è far conoscere alle masse islamiche tutti questi piccoli importanti passi.
Solo così il dialogo potrà crescere e fruttificare».
in “la Repubblica” del 23 ottobre 2010
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