La Chiesa in decadenza? Mai stata così fiorente

Sono molte le lettere che denunziano una decadenza della Chiesa, descritta anche in termini drammatici.
Vengono proposte cause e rimedi per questo fenomeno.
Qui considereremo il fatto della decadenza (esiste o non esiste?), alcune ragioni di questo fatto e qualcuno dei rimedi proposti.
Ma vorrei prima esporre alcune mie convinzioni.
Primo: sono dell’avviso che la storia ci mostri come la Chiesa nel suo insieme non sia mai stata così fiorente come essa è ora.
Per la prima volta ha una diffusione veramente globale, con fedeli di tutte le lingue e culture; può esibire una serie di Papi di altissimo livello, una fioritura di teologi di grande valore e spessore culturale.
Malgrado alcune inevitabili tensioni interne, la Chiesa si presenta oggi unita e compatta, come forse non lo fu mai nella sua storia.
Secondo: la Chiesa non va vista solo nel suo aspetto istituzionale, identificandola per giunta con la gerarchia, cioè con i preti, i vescovi e il Papa.
Essa è composta da tutti coloro che credono in Gesù Cristo Figlio di Dio, attendono la sua venuta definitiva, lo amano e si comportano col prossimo come con Gesù stesso.
Fanno parte o sono chiamati a far parte della Chiesa anche tutti gli altri uomini, i quali, come si esprime il Concilio Vaticano II, hanno «un solo fine ultimo, Dio, del quale la provvidenza, la testimonianza di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti» (Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, n.
1).
Terzo: una tale società esiste nella storia e quindi ha anche bisogno di una struttura visibile.
Perciò esiste nella Chiesa anche l’aspetto istituzionale, la cui configurazione però è primigenia solo in pochi punti.
Per il resto è sottoposta alla legge dell’adattamento e del cambio, con risultati più o meno felici, come appare chiaramente dalla storia della Chiesa.
Ma di tutte le istituzioni di questo mondo essa è tra quelle che sono durate più a lungo e che hanno mostrato nei secoli una capacità grande di rinnovamento e di cambio.
Basta pensare ai giorni del Concilio Vaticano II e alla carica di gioia che esso fece esplodere.
Quarto: molte delle lettere contengono osservazioni oggettive, ma che nascono dalla considerazione del nostro mondo occidentale.
Esse non tengono conto della vivacità e della gioia che si trova nelle chiese dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina.
Vengo ora ad alcune risposte alle singole lettere.
Alla prima dico che il senso profondo di Dio e di Gesù Cristo è dato congiuntamente da una sensazione del cuore e dalla corrispondenza di questo sentimento con la grande Tradizione.
Essa, come dice il Concilio Vaticano II, progredisce «sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con la profonda intelligenza che essi provano nelle cose spirituali, sia con la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verità» (Costituzione dogmatica Dei Verbum, n.
8).
Mi pare qui molto ben descritto quanto avviene nel cuore dei credenti.
E io ne ho conosciuti tanti così, anche in Occidente.
Alla seconda: la lettera contiene osservazioni oggettive e in parte condivisibili.
Ma v’è anche da tener presente il tanto bene che c’è nella Chiesa, il fervore di molti laici, la dedizione di molti preti.
Io ne ho conosciuti tanti e per questo posso parlare così.
Sull’ultima proposta mi esprimerò più sotto.
Per la terza lettera rimando a quanto ho detto sopra sulla Chiesa come istituzione storica, legata quindi anche ai rivolgimenti del mondo ma ancorata nella sua fede e speranza in Dio e capace di rinnovarsi continuamente.
Essa ha avuto il coraggio, negli ultimi tre secoli, di sottoporre ad analisi critica le proprie fonti.
Ha saputo perciò riconoscere e quanto nelle antiche storie sia dovuto al genere letterario e quale prezioso messaggio esse contengano.
Convengo con l’autore della quarta lettera (e di molte altre che non trovano spazio per la pubblicazione) sulla noiosità di non poche prediche domenicali.
Bisogna anche riconoscere che l’omelia è un genere difficile.
Sono anche d’accordo sul fatto che ci voglia più gioia.
Sant’Agostino diceva a questo proposito: «gaudens catechizet», cioè si faccia la catechesi con gioia.
27 dicembre 2009 Eminenza, sono credente ma mi sento disarmata da questa Chiesa che non mi fa sentire dentro la sensazione che io chiamo Dio e che mi stravolge quando sono davanti a un cielo stellato, al sorriso dei bimbi, a una donna o a un uomo.
La Chiesa deve ritrovare la purezza e l’umiltà che sento nel Vangelo e deve concentrarsi di più sul perdono invece di accanirsi nel giudizio.
Roberta Preti, Piacenza Gentile Cardinale, la Chiesa sta impoverendosi di fedeli e ancora non reagisce proponendo idee al di fuori di una bonaria e banale socialità.
Se lei vuole dire qualche cosa al mondo, sia coraggioso e proponga riforme quali l’abolizione del celibato dei preti ed un coinvolgimento più incisivo dei laici nella comunità.
Francesco Bertini Milano Eminenza, la Chiesa sta morendo.
Un’istituzione, che per sua stessa natura, è immutabile non può resistere ai mutamenti avvenuti nell’ultimo secolo e negli ultimi anni.
Il progresso scientifico, il cambiamento dei costumi e del modo di pensare in seguito alla diffusione di Internet: tutto questo ha portato ad uno sgretolamento del controllo che finora ha esercitato la Chiesa cattolica.
Come si fa a credere, oggi, che Dio abita nel Cielo, che esiste un inferno, che Gesù è salito in cielo dopo essere morto? Fra qualche centinaio di anni verremo sbeffeggiati perché credevamo alle storie raccontate nella Bibbia.
Paolo Rosa, Pavia Al centro delle mie riflessioni ci sta la Messa.
Tanti vanno e tanti ne sono delusi, tanti non vanno.
Il rito si è svuotato di quello che forse fu: ascoltare la parola di Gesù attraverso quelle del parroco.
Tanti concetti sono presenti nella vita di oggi che ci rimandano ai Vangeli, tante parole di Gesù sono piene di significati moderni, tante vite sono rappresentate nei Vangeli.
Ma io non trovo tutto questo nella messa di oggi, troppe parole astratte, troppi riferimenti banali, troppa morale e poco indirizzo concreto.
Qualche volta sembra che la debolezza dei parroci sia la debolezza della Chiesa.
Manca la passione, la sofferenza ma anche la gioia.
Roberto Rossi ,Arezzo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *