Ecco dunque i tre paragrafi chiave del messaggio per la Giornata della Pace 2010: “Se vuoi coltivare la pace, coltiva il creato”.
IL COMANDO DI COLTIVARE E CUSTODIRE LA TERRA [6] All’origine di quella che, in senso cosmico, chiamiamo “natura” vi è un disegno di amore e di verità.
Il mondo “non è il prodotto di una qualsivoglia necessità, di un destino cieco o del caso.
Il mondo trae origine dalla libera volontà di Dio, il quale ha voluto far partecipare le creature al suo essere, alla sua saggezza e alla sua bontà” (Catechismo della Chiesa cattolica, 295).
Il libro della Genesi, nelle sue pagine iniziali, ci riporta al progetto sapiente del cosmo, frutto del pensiero di Dio, al cui vertice si collocano l’uomo e la donna, creati ad immagine e somiglianza del Creatore per “riempire la terra” e “dominarla” come “amministratori” di Dio stesso (cfr.
Genesi 1, 28).
L’armonia tra il Creatore, l’umanità e il creato, che la Sacra Scrittura descrive, è stata infranta dal peccato di Adamo ed Eva, dell’uomo e della donna, che hanno bramato occupare il posto di Dio, rifiutando di riconoscersi come sue creature.
La conseguenza è che si è distorto anche il compito di “dominare” la terra, di “coltivarla e custodirla” e tra loro e il resto della creazione è nato un conflitto (cfr.
Genesi 3, 17-19).
L’essere umano si è lasciato dominare dall’egoismo, perdendo il senso del mandato di Dio, e nella relazione con il creato si è comportato come sfruttatore, volendo esercitare su di esso un dominio assoluto.
Ma il vero significato del comando iniziale di Dio, ben evidenziato nel libro della Genesi, non consisteva in un semplice conferimento di autorità, bensì piuttosto in una chiamata alla responsabilità.
Del resto, la saggezza degli antichi riconosceva che la natura è a nostra disposizione non come “un mucchio di rifiuti sparsi a caso” (Eraclito, 535-475 a.C.), mentre la rivelazione biblica ci ha fatto comprendere che la natura è dono del Creatore, il quale ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci, affinché l’uomo possa trarne gli orientamenti doverosi per “custodirla e coltivarla” (cfr.
Genesi 2, 15).
Tutto ciò che esiste appartiene a Dio, che lo ha affidato agli uomini, ma non perché ne dispongano arbitrariamente.
E quando l’uomo, invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio, a Dio si sostituisce, finisce col provocare la ribellione della natura, “piuttosto tiranneggiata che governata da lui” (Centesimus annus, 48).
L’uomo, quindi, ha il dovere di esercitare un governo responsabile della creazione, custodendola e coltivandola (Caritas in veritate, 50).
ECOLOGIA DELLA NATURA, MA PRIMA ANCORA DELL’UOMO [12] La Chiesa ha una responsabilità per il creato e sente di doverla esercitare, anche in ambito pubblico, per difendere la terra, l’acqua e l’aria, doni di Dio Creatore per tutti, e, anzitutto, per proteggere l’uomo contro il pericolo della distruzione di se stesso.
Il degrado della natura è, infatti, strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana, per cui “quando l’ecologia umana è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio” (Caritas in veritate, 51).
Non si può domandare ai giovani di rispettare l’ambiente, se non vengono aiutati in famiglia e nella società a rispettare se stessi: il libro della natura è unico, sia sul versante dell’ambiente come su quello dell’etica personale, familiare e sociale (Caritas in veritate, 15.51).
I doveri verso l’ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri.
Volentieri, pertanto, incoraggio l’educazione ad una responsabilità ecologica, che, come ho indicato nell’enciclica “Caritas in veritate”, salvaguardi un’autentica “ecologia umana” e, quindi, affermi con rinnovata convinzione l’inviolabilità della vita umana in ogni sua fase e in ogni sua condizione, la dignità della persona e l’insostituibile missione della famiglia, nella quale si educa all’amore per il prossimo e al rispetto della natura (Caritas in veritate, 28.51.61).
Occorre salvaguardare il patrimonio umano della società.
Questo patrimonio di valori ha la sua origine ed è iscritto nella legge morale naturale, che è fondamento del rispetto della persona umana e del creato.
CIÒ CHE DIFFERENZIA L’UOMO DAGLI ALTRI ESSERI VIVENTI [13] Non va infine dimenticato il fatto, altamente indicativo, che tanti trovano tranquillità e pace, si sentono rinnovati e rinvigoriti, quando sono a stretto contatto con la bellezza e l’armonia della natura.
Vi è pertanto una sorta di reciprocità: nel prenderci cura del creato, noi constatiamo che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi.
D’altra parte, una corretta concezione del rapporto dell’uomo con l’ambiente non porta ad assolutizzare la natura né a ritenerla più importante della stessa persona.
Se il magistero della Chiesa esprime perplessità dinanzi ad una concezione dell’ambiente ispirata all’ecocentrismo e al biocentrismo, lo fa perché tale concezione elimina la differenza ontologica e assiologica tra la persona umana e gli altri esseri viventi.
In tal modo, si viene di fatto ad eliminare l’identità e il ruolo superiore dell’uomo, favorendo una visione egualitaristica della “dignità” di tutti gli esseri viventi.
Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo.
La Chiesa invita, invece, ad impostare la questione in modo equilibrato, nel rispetto della “grammatica” che il Creatore ha inscritto nella sua opera, affidando all’uomo il ruolo di custode e amministratore responsabile del creato, ruolo di cui non deve certo abusare, ma da cui non può nemmeno abdicare.
Infatti, anche la posizione contraria di assolutizzazione della tecnica e del potere umano, finisce per essere un grave attentato non solo alla natura, ma anche alla stessa dignità umana (Caritas in veritate, 70).
__________ PRIMA GLOSSA.
DA MOSCA CON AMORE Il messaggio “Se vuoi coltivare la pace, coltiva il creato” cita più volte l’enciclica “Caritas in veritate”, ultimo prodotto del magistero della Chiesa di Roma in materia di dottrina sociale.
Un interessante parallelo è il documento di analogo contenuto pubblicato dal patriarcato di Mosca nel 2000, dal titolo “Le fondamenta della dottrina sociale della Chiesa ortodossa russa”, dei cui sviluppi www.chiesa ha dato notizia in un recente servizio.
La sintonia tra questo documento e il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace 2010 è molto forte.
Ad esempio là dove si legge: “I problemi ecologici hanno sostanzialmente un carattere antropologico, essendo generati dall’uomo e non dalla natura.
La base antropogenica dei problemi ecologici dimostra che noi tendiamo a cambiare il mondo che ci circonda in conformità con il nostro mondo interiore, e proprio per questo la trasformazione della natura deve partire da una trasformazione dell’anima.
Secondo il pensiero di Massimo il Confessore, l’uomo potrà trasformare tutta la terra in un paradiso solo quando egli avrà portato il paradiso in se stesso”.
__________ SECONDA GLOSSA.
LA “FALSA PARTENZA” DI COPENAGHEN Nel suo quarto paragrafo, il messaggio “Se vuoi coltivare la pace, coltiva il creato” elenca tra i segnali di pericolo “i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali”.
Ma il documento non entra nello specifico.
Non formula diagnosi scientifiche, né propone soluzioni.
Questo ha fatto invece un commento apparso sulla prima pagina de “L’Osservatore Romano” del 7-8 dicembre 2009, a firma del professor Franco Prodi, membro dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche, nonché fratello di Romano Prodi, già capo del governo italiano e presidente della Commissione europea.
Il professor Prodi mostra di non condividere affatto il mantra ecologista secondo cui l’aumentata immissione nell’atmosfera di anidride carbonica e di altri gas, da parte dell’uomo, è la causa del surriscaldamento del pianeta e dell’innalzamento del livello dei mari.
A giudizio di Prodi questa non è una certezza, ma solo una probabilità.
E riguarderebbe comunque un aumento della temperatura media dell’aria in tutto il pianeta “che dall’inizio dell’Ottocento è di sette decimi di grado per secolo”.
Molto più influenti sul clima, secondi Prodi, sono altri fenomeni, ancora però in gran parte da studiare, come il flusso di calore dall’interno della terra, l’apporto di anidride carbonica dai vulcani e soprattutto il ruolo dell’aerosol, cioè delle particelle aerosospese messe in circolo dall’uomo, che oggi sono “già il 20 per cento di quelle prodotte dalla natura” e modificano le nubi e le piogge.
Prodi avverte però che ci vorranno almeno “trenta o quarant’anni” di studi prima di arrivare ad avere “modelli completi di clima che portino alla spiegazione del sistema e alla previsione sicura della sua evoluzione”.
E nel frattempo? Nel frattempo a Copenaghen è andata in scena una “falsa partenza”, tutta giocata sul “conteggio delle emissioni nell’ambito di una economia strettamente di mercato”.
Secondo il professor Prodi, sarebbe molto meglio che gli Stati si occupino più semplicemente di quel degrado della natura che è sotto gli occhi di tutti: aria inquinata, fiumi e acque sotterranee maltrattate, specie animali e vegetali minacciate.
Il testo completo dell’articolo di Franco Prodi, su “L’Osservatore Romano” del 7-8 dicembre 2009: > La Conferenza dell’ONU sull’ambiente.
Aggiustamento mercantile o accordo mondiale? __________ TERZA GLOSSA.
I FENDENTI DEL BANCHIERE DEL PAPA Il 17 dicembre “L’Osservatore Romano” è tornato sulla Conferenza di Copenaghen con un secondo commento di prima pagina, questa volta affidato a Ettore Gotti Tedeschi, l’economista e banchiere che da pochi mesi è anche presidente dell’Istituto per le Opere di Religione, la banca vaticana.
Gotti Tedeschi è ancora più radicalmente critico del professor Prodi, circa gli orientamenti della Conferenza.
E in più si fa forte del messaggio di Benedetto XVI “Se vuoi coltivare la pace, coltiva il creato”, reso pubblico due giorni prima.
Ecco che cosa scrive: “Il pensiero nichilista, con il suo rifiuto di ogni valore e verità oggettivi causa gravissimi danni se applicato in economia.
[…] Ma sulla questione ambientale il pensiero nichilista sta producendo danni forse ancora più gravi.
[…] Pretende di risolvere i problemi climatici – dove regna molta confusione – attraverso la denatalità e la deindustrializzazione, anziché attraverso la promozione di valori che riportino l’individuo alla sua dignità originaria.
La conferenza sul clima di Copenaghen sta confermando questo percorso, provocando più contrapposizioni che soluzioni.
[…] “In realtà, manca una visione strategica del problema, proprio a causa del diffuso nichilismo che giunge a teorizzare l’assenza di valore della vita umana rispetto a una presunta centralità della natura – l’ecocentrismo denunciato da Benedetto XVI – che dall’uomo viene solo danneggiata.
[…] “Sul tema dell’ambiente si cercano quindi accordi vaghi sulle emissioni nocive, prescindendo da premesse etiche e da considerazioni scientifiche condivise.
Il pensiero nichilista rischia cioè di trasformare il processo di globalizzazione – che in realtà è positivo per i paesi poveri – in un disordine dovuto all’uomo economico, che è anche causa dei mali ambientali e pertanto candidato all’autoeliminazione.
[…] Fanno bene gli ambientalisti a sollecitare maggiore attenzione per la natura.
Ma farebbero meglio a leggere anche la ‘Caritas in veritate’.
Capirebbero perché – ma soprattutto per chi – l’ambiente si deve rispettare”.
Il testo integrale dell’articolo di Ettore Gotti Tedeschi su “L’Osservatore Romano” del 17 dicembre 2009: > Incertezze del vertice di Copenaghen.
Per chi salvare l’ambiente La prestigiosa rivista americana di geopolitica “Foreign Affairs” ha classificato Benedetto XVI al 17.mo posto tra i “100 maggiori pensatori globali” dell’anno: quelli che con le loro “grandi idee hanno modellato il nostro mondo nel 2009”.
Tra i meriti che “Foreign Affairs” riconosce a papa Benedetto c’è quello di “aver collocato la Chiesa inaspettatamente in prima fila nella difesa dell’ambiente e nella denuncia dei pericoli del cambiamento di clima”.
Ma qual è la “rivoluzione verde” che Benedetto XVI propone? La risposta è venuta dal messaggio che accompagnerà la prossima Giornata Mondiale della Pace, quella che la Chiesa di Roma celebra ogni anno il 1 gennaio.
Il messaggio per il Capodanno del 2010 è stato firmato dal papa l’8 dicembre ed è stato reso pubblico due giorni fa, proprio mentre a Copenaghen i rappresentanti di tutti gli Stati erano riuniti per una litigiosa e infruttuosa conferenza mondiale sul clima.
Nel sito web del Vaticano il messaggio lo si può leggere integralmente in sette lingue.
E già il suo titolo è un programma: > “Se vuoi coltivare la pace, coltiva il creato” Più sotto ne sono riprodotti tre passaggi salienti, ripresi dai paragrafi sesto, dodicesimo e tredicesimo.
Al centro del messaggio c’è un’immagine biblica: quella del giardino della creazione, affidato da Dio all’uomo e alla donna perché lo custodiscano e lo coltivino.
La natura non ha quindi alcun primato sull’uomo, né questi è una particella della natura.
Né a sua volta l’uomo può arrogarsi il diritto di depredare la natura invece di prenderne cura.
Il giusto rapporto tra l’essere umano e la terra è quello mirabilmente raffigurato in quel capolavoro di Piero della Francesca del 1472 di cui sopra è riprodotto un particolare.
Il paesaggio che fa da sfondo è coltivato, ordinato e luminoso, come nobilmente “illuminata” di perle è la donna in primo piano, la sposa di quel Federico da Montefeltro che ha il dominio su quelle terre.
Un concetto essenziale del messaggio di papa Benedetto è proprio questo.
Tra l’ecologia della natura e l’ecologia dell’uomo c’è identità di destino.
La cura del creato deve fare tutt’uno con la cura della “inviolabilità della vita umana in ogni sua fase e in ogni sua condizione”.
Tutto si tiene: cura della natura, rispetto della dignità dell’uomo e pace tra i popoli.
Dove scoppiano l’odio e la violenza, anche la natura geme.
Un paesaggio devastato e una città inabitabile sono il prodotto di un’umanità che ha fatto il deserto nella propria anima.
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