Spiritualità secolare

Nel grigiore invadente del cielo “pesante come un coperchio” – secondo le parole di Charles Baudelaire, che ha sempre ragione – con le litanie continue di crisi, di epidemie, di indici negativi, di cupe prospettive, si fatica a tirare avanti.
La natura è allo stremo, si dice, e gli specialisti suonano già la campana a morto di un degrado “irreversibile”, senza speranza di recupero.
Il mondo è malato, gli uomini lo hanno asservito alle loro comodità, da incoscienti.
Abbiamo svuotato il sottosuolo delle sue risorse, carbone, petrolio, per soddisfare i bisogni crescenti delle società dell’opulenza, abbiamo proiettato nell’atmosfera sempre più scorie gassose ed emissioni elettriche di cui il cielo non sa più che fare.
I nostri organismi sono sottoposti alla stessa follia.
Le nostre terre e i nostri cieli sono esauriti! Visito un amico malato.
Da diversi giorni, sono una passante di un luogo divenuto familiare, l’Institut Curie.
Potrebbe essere il luogo della desolazione, è invece quello dello stupore.
Nei corridoi dell’ospedale specializzato nel trattamento del cancro, ci sono molteplici occasioni per rallegrarsi.
I sorrisi e l’attenzione all’altro sono di una qualità speciale, sono di quelli che sanno che la vita è fugace, e reale il legame tra gli uomini.
Il medico radiologo di fronte al mio amico, a cui occorre salvare la vita, è, per un caso del destino, mio fratello.
Paradossalmente, scopro di non conoscere l’essere di cui ho condiviso l’intimità per molti anni.
Mio fratello si è spogliato di tutto ciò che una persona a vent’anni costruisce del suo ego per mostrare agli altri una certa immagine di sé.
Ha lasciato emergere ciò che era profondamente nascosto, tra molte altre possibilità del suo carattere: l’empatia.
– Vedi, mi dice, trascinandomi fuori a bere un caffè, sono diventato un prete! Sorrido a colui che di solito si diverte a stuzzicarmi per il mio gusto per le interpretazioni religiose.
Che cosa lo separa oggi da un essere che ha la fede? Me lo chiedo mentre lo vedo chinarsi sull’altro per portarlo verso la vita.
C’è molto di più nella sua mano che si attarda sulla spalla che nell’attenzione al corpo.
Le ore passate a cercare, a rispondere senza dar peso al tempo, a rimettere il camice che si è appena tolto perché c’è un paziente di cui vorrebbe essere sicuro che non ha niente.
– Ah, eccoti qua, aspettami che finisco un’ecografia e torno a casa con te.
Vincent detta il suo rapporto osservando ogni parte di quel polmone che la vecchia signora teme di vedere malato.
Constata con piacere che non c’è niente di sospetto.
– Ah, mammina! dice con aria scherzosa alla paziente, lei mi fa perdere tempo.
Non ha niente.
Ha ottant’anni e fa ottanta mila cose al giorno.
Altro che affaticata! Forza, torni a casa.
Non la voglio più vedere.
La vecchia signora se ne va, felice di aver rivisto il medico dai capelli rossi.
– Le voglio bene.
È una suora.
Fa delle conferenze molto profonde.
Una testa! E tu, come stai? – Sono felice di veder risplendere le luci nella notte di Natale.
– Ancora con le tue interpretazioni religiose! di Paule Amblard in “Témoignage chrétien” n° 3374 del 10 dicembre 2009 (traduzione: www.finesettimana.org) “Beati i poveri in spirito, di essi è il Regno dei Cieli” (Mt 5, discorso della montagna).
C’era di che scioccare gli ascoltatori.
Aspettavano con impazienza da secoli il ritorno di un re che avrebbe ridato forza e potenza al popolo d’Israele, ed ecco che parlava di un Regno di poveri…
Quello sguardo sulla povertà ci urta ancora oggi, assetati come siamo di ricchezze, di potere, di consumi.
Padre Dominique Barthélémy, domenicano, che è stato membro della Pontificia Commissione biblica, propone in un libro postumo di aprire la Bibbia e di scoprire nelle sue pagine che cos’è il povero.
Non la povertà, ma il povero.
“Lo Spirito del Signore è su di me, perché il Signore mi ha unto.
Mi ha inviato a portare la buona notizia ai poveri, a consolare i cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la liberazione dei prigionieri” (Is, 61, 1-2): già per Isaia, il povero è colui che è l’Emmanuele, “Dio con loro”, “un neonato avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia” (Lc 2,12).
La sua ricchezza è un cuore puro e libero che si dona (“Questo è il mio Corpo offerto per voi”, Lc 22, 19), e il cui regno culminerà nell’annientamento della Croce, perdonando l’umanità per le sue infedeltà, annunciando al buon ladrone, povero tra i peccatori, “fin da oggi sarai con me in Paradiso” (Lc 23, 35-43).
Il povero Lazzaro (Lc 16, 19-31), spiega anche a lungo padre Barthélémy, è colui che è piccolo, umile, che subisce la povertà (il povero passivo) e “fu portato dagli angeli nel seno di Abramo”.
Diverso è il povero attivo, colui che si riconosce peccatore, con cuore ingombro dei suoi desideri, ma decide un cambiamento di vita (la metanoia, il pentimento, un passo verso la guarigione) e che “sarà innalzato, perché si è abbassato” (Lc 18, 9).
I visi dei poveri sono legione: li incontriamo tra noi, tra gli immigrati respinti, gli stranieri che bussano alle porte dei paesi ricchi, gli analfabeti, quelli buttati fuori dalla loro famiglia o dal lavoro, le migliaia di emarginati sradicati.
Solo la giustizia e la solidarietà, l’“esser con” senza miserabilismo, possono addolcire le ferite di queste povertà sulle strade umane.
Il diritto e gli Stati che raddrizzano i torti e rendono giustizia agli oppressi, da un lato, il perdono evangelico che offre a tutti i poveri dei percorsi di speranza, dall’altro, apriranno la via verso una maggiore equità sulla terra e saranno, così, insieme, promessa e realtà di salvezza.
Questo Dio che è, che era e che viene trascende il tempo con la sua presenza nella nostra attualità: la salvezza annunciata, per noi uomini, per un “dopo” è in realtà una salvezza presente da ricevere e da accogliere ogni istante.
Il povero è volto del Signore, ci porta al Signore povero, sofferente (Is 42, 1-6).
La parola biblica invita ognuno a fare un posto alla povertà, alla spogliazione e a convertirsi.
Ad impegnarsi in questo, con gioia, per vivere.
di Bernard Rivière in “Témoignage chrétien” n° 3374 del 10 dicembre 2009 (traduzione: www.finesettimana.org)

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