Vita e cosmo a rapporto

Inizia  il 6 novembre presso la Casina Pio iv la settimana di studi “Astrobiology” promossa dalla Pontificia Accademia delle Scienze.
Pubblichiamo l’introduzione al programma dei lavori del presidente del comitato scientifico organizzativo e del direttore della Specola Vaticana.
  L’astrobiologia è lo studio del rapporto della vita con il resto del cosmo:  i suoi temi principali includono l’origine della vita e la materia che l’ha preceduta, l’evoluzione della vita sulla Terra, le sue prospettive future sulla Terra e al di fuori di essa e l’eventualità che ci sia vita altrove.
Dietro a ognuno di questi temi vi è un insieme multidisciplinare di questioni che coinvolgono la fisica, la chimica, la biologia, la geologia, l’astronomia, la planetologia e altre discipline, ognuna delle quali si collega più o meno strettamente alle questioni centrali dell’astrobiologia.
Spinta da nuove possibilità di esplorazione scientifica sulla Terra e al di fuori di essa, l’astrobiologia sembra assurgere a disciplina scientifica a sé stante.
Lo studio dell’astrobiologia è piuttosto appropriato per la Pontificia Accademia delle Scienze che si basa su una collaborazione pluridisciplinare.
 La settimana di studio promossa dalla Pontificia Accademia delle Scienze ha un programma ambizioso:  riunire scienziati illustri nei diversi campi, condividere i risultati più recenti delle loro ricerche e offrire una prospettiva più ampia del modo in cui questi risultati incidono su altre aree dell’astrobiologia.
Raggiungere questi obiettivi non sarà facile perché il linguaggio di ognuna delle discipline rappresentate dai relatori non è completamente comprensibile.
Come spiegare a un astronomo la complessità dei marker chimici dell’attività biologica in antichi sedimenti della Terra? Oppure, come illustrare con l’accuratezza necessaria a un biologo molecolare le più recenti tecniche astronomiche per l’individuazione dei pianeti? Il paradosso dell’astrobiologia sta nel fatto che, sebbene la si possa considerare una disciplina circoscritta e specializzata, non si può sperare di comprendere adeguatamente la vastità delle discipline tradizionali che ne costituiscono la spina dorsale.
La settimana di studio, dunque, è veramente un corso interdisciplinare per esperti di una determinata materia per acquisire conoscenza e comprensione in altre materie più distanti, ma sempre sotto la giusta e ragionevole denominazione di astrobiologia.
In effetti non si tratta di nulla di nuovo:  sono 13 anni che l’astrobiologia è riconosciuta come una nascente disciplina autonoma.
Gli scienziati sono stati educati a comprendere gli uni le materie degli altri.
Tuttavia, a volte, ciò avviene nell’ambiente della frenetica “conferenza annuale”, quel fenomeno del sapere moderno in cui il massimo numero di interventi viene compresso nel tempo di pochi giorni e si crea una specie di bazar intellettuale dove gli scienziati acquistano frammenti preziosi di informazioni – generalmente, per facilità, nella propria disciplina – cercando di assicurarsi che i concorrenti non stiano vendendo proprio la merce che vogliono vendere loro, o dove (raramente) si avventurano in sessioni estranee alla propria competenza per scervellarsi su quanto viene detto.
Ovviamente si svolgono anche seminari di astrobiologia e di altre scienze, più concentrati, ma spesso riguardano una sottodisciplina.
In un qualsiasi mese dell’anno, geologi possono incontrarsi a Vancouver per approfondire i risultati più recenti sulla studio della comparsa più antica dei fossili sulla Terra, mentre a Rio de Janeiro astronomi presentano nuovi dati sull’abbondanza di elementi che formano la vita in vicine regioni in cui si formano stelle, a Potsdam intanto studiosi dei pianeti discutono dell’ultima prova dell’esistenza della vita sotto la superficie ossidante di Marte.
Questa settimana di studio non è un evento unico, ma è relativamente raro.
Una settimana intensiva in cui astrobiologi in relativo isolamento confrontano i propri campi di ricerca e cercano di comprenderli è un’impresa difficile, ma entusiasmante.
Per fare tutto ciò in un lasso di tempo determinato, abbiamo selezionato accuratamente i relatori che possono rendere i loro specifici campi di ricerca comprensibili a astrobiologi di altri campi, a laici intelligenti e a chi può collegare quelle ricerche ai più ampi problemi dell’astrofisica.
Il programma è suddiviso in otto sessioni.
La prima, “L’origine della vita”, riguarda il difficile quesito sui meccanismi che hanno permesso alle molecole di organizzarsi in modo da consentire l’inizio della vita.
La vita, come la conosciamo sulla Terra, è basata su una struttura di proteine e di polimeri acidi nucleici che trasportano le informazioni per costruire proteine dai loro aminoacidi costitutivi.
Seppur complessa, la vita è una chimica organica molto specifica e selettiva.
Infatti, dell’ampia gamma di possibili acidi organici che i sistemi abiotici possono produrre, la vita ne utilizza solo un manipolo.
Parimenti, utilizza ampiamente solo aminoacidi “di sinistra” e zuccheri “di destra”.
Nella biochimica della vita c’è molto di più, ma questo è un esempio della sfida che chimici e biochimici affrontano nel cercare di comprendere in che modo la cacofonia della chimica organica abiotica si è evoluta nella sinfonia strutturata della vita.
Nello stesso modo ricavare dallo scarso materiale geologico delle prime fasi della Terra qualche indicazione sulle condizioni ambientali nelle quali si è formata la vita è un compito estremamente difficile, perché l’attività geologica, ossia le forze della tettonica, l’erosione, gli impatti del materiale asteroidale, ha cancellato del tutto le prove dell’ambiente terrestre nel mezzo miliardo di anni successivo alla sua formazione.
La seconda sessione, “Abitabilità nel tempo”, riguarda il problema di come la Terra sia riuscita a sostenere la vita per tutta la sua lunga storia geologica.
Qui il materiale geologico è maggiore di quello risalente al periodo in cui si presume la vita abbia avuto inizio (e dovrebbe essere chiarito che non abbiamo un’idea precisa di quando questo sia accaduto).
Tuttavia, ora i processi sono molto complessi:  una varietà di gradazioni spaziali, temporali ed energetiche entrano in gioco.
Il Sole stesso, che spesso è tacitamente considerato come il sostenitore stabile dell’acqua allo stato liquido, che è essenziale per la vita come la conosciamo, era circa il 30 per cento meno luminoso di oggi all’inizio della storia della Terra.
Tuttavia la prova geologica dell’esistenza di acqua allo stato liquido sulla superficie della Terra quando il Sole era così pallido suggerisce che la nostra atmosfera deve aver causato un effetto serra molto più forte di quello odierno e anche piuttosto diverso.
Episodi di seria glaciazione nelle testimonianze geologiche suggeriscono che, di quando in quando, il “termostato” atmosferico non ha funzionato.
In che modo la vita, perfino a livello molecolare, e l’ambiente abbiano interagito nel corso del tempo geologico è il tema della terza sessione, “Ambiente e genomi”.
I tracciati molecolari delle reazioni biochimiche che sostengono la vita restano nella testimonianza geologica, suggerendoci i cambiamenti avvenuti nel corso di lunghi periodi di tempo.
Lezioni da forme di vita che vivono in ambienti estremi, come i venti sottomarini e i deserti più aridi della Terra, contribuiscono all’interpretazione di queste testimonianze.
La comparsa relativamente improvvisa di vita animale, tarda nella storia della Terra, resta un mistero la cui soluzione si potrebbe trovare sia nell’ambiente sia nei meccanismi del genoma.
La Terra sembra essere unica nel nostro sistema solare in quanto ad abbondanza di vita e, ciononostante, non possiamo essere sicuri che non ci sia vita su Marte o altrove nel sistema solare.
La quarta sessione, “Individuare la vita altrove”, si occupa delle prospettive e delle tecniche per individuare la vita in una varietà di ambienti altrove nel sistema solare, al di là di Marte fino agli asteroidi e ai satelliti di Giove e di Saturno.
Indipendentemente dall’esistenza di vita altrove nel nostro sistema solare, la vasta galassia della Via Lattea di cui siamo parte contiene più di cento miliardi di stelle.
Se i pianeti sono una caratteristica comune di tali stelle, non potrebbe esserlo anche la vita? Le tre sessioni successive studiano in modo sistematico l’individuazione, la formazione e le proprietà dei pianeti intorno ad altre stelle:  “pianeti extrasolari”.
La quinta sessione, “Strategie di ricerca di pianeti extrasolari”, spiega le varie tecniche utilizzate per individuare pianeti intorno ad altre stelle e determinare le loro proprietà.
Conosciamo già 380 pianeti extrasolari e gli studi suggeriscono che il 10 per cento di stelle con proprietà simili a quelle del nostro Sole ha almeno un pianeta.
La sesta sessione, “Formazione di pianeti extrasolari”, descrive dettagliatamente in che modo si formano i pianeti come parte del processo di formazione delle stelle.
Occorre domandarsi cosa determina il momento in cui un pianeta roccioso come la Terra si forma in opposizione a un gigante gassoso come Giove e se il processo di formazione del pianeta è materialmente differente intorno a stelle molto più piccole del nostro Sole.
La settima sessione, “Proprietà dei pianeti extrasolari”, riguarda modelli computerizzati, dati astronomici e alcune ipotesi sulla questione delle proprietà dei pianeti extrasolari come funzione delle proprietà delle stelle originarie e delle distanze da esse.
Molto del fascino dell’astrobiologia deriva dal chiedersi se forme di vita senziente esistono in altri mondi e se forme di vita diverse dalla nostra di fatto coesistono con noi, oggi, nel nostro mondo.
L’ottava sessione, “Intelligenza altrove e vita ombra”, studia entrambe le questioni.
La ricerca di vita intelligente altrove è condotta ascoltando il cosmo con radiotelescopi nello sforzo di cogliere un segnale di origine indiscutibilmente artificiale.
La ricerca sul nostro pianeta di una vita con una biochimica diversa da quella nota, la cosiddetta  “vita  ombra”,  è  una possibilità affascinante, ma piena di difficoltà.
L’astrobiologia si sforza di utilizzare una vasta gamma di tecniche scientifiche, focalizzate su obiettivi che vanno dalle molecole nelle cellule al vasto mondo intorno a noi, affinché il posto dell’umanità nel cosmo possa essere maggiormente apprezzato.
È il riconoscimento della notevole complessità di tutto ciò che è in e intorno a noi ed è il modo in cui il XXI secolo realizza l’esortazione del salmista di ricercare (Salmi, 111, 2).
(©L’Osservatore Romano – 7 novembre 2009)

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