Mi piacerebbe che il crocifisso esistesse nei cuori prima che sui muri pubblici, nelle coscienze prima che nei tribunali e nelle scuole.
Di: Maria de falco marotta.
Ogni tanto, qualcuno ce l’ha con il crocifisso.
Da togliere assolutamente, altrimenti deconcentra le coscienze di chi lo guarda( magari, visto che oggi nessuno si turba più per niente).
Così ha deciso la Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo contro la presenza del crocifisso in classe.
Quel simbolo è parte della nostra storia e della nostra cultura.
Non contrasta con la libertà di religione o di educazione(di fatto, ogni alunno può scegliere quale seguire).
Per i cristiani e’ un simbolo di fede, della vicinanza di Dio all’umanità’ fino ad assumerne fisicità, sofferenza, dolore e morte.
Per tutti indistintamente e’ segno di innocenza,mitezza, sacrificio di sé per gli altri.
Quella croce per nessuno e’ ragione di oppressione, costrizione o intolleranza.
Per tutti – anche per gli atei- e’ motivo di solidarietà e amore.
Tanto per far capire, provasse qualcuno a togliere il Corano dalle moschee che sono- prima di tutto scuole.
Si griderebbe allo scandalo e alla Fatwa.
Noi cristiani siamo proprio “deboli” come Gesù.
Oggi nessuno di noi alzerebbe la mano contro il fratello diverso.
E proprio non capisco il perché di questa sentenza della Corte di Strasburgo, anzi la capisco appieno.
Come si è tolto dal Documento fondativo della Comunità europea almeno un accenno alle radici cristiane d’Europa, oggi si pretende di imporre ad uno Stato quale è l’Italia, di estirpare le sue antiche fondamenta, solo per la ragione che ad una tizia disturba che i suoi figli( mi piacerebbe interrogarli…) vedono il crocifisso nelle loro classi.
In qualunque tempo il crocifisso significa questo: la potenza divina si è fatta inerme, rifiuta la spada non solo per la conquista ma anche per l’autodifesa e sceglie di morire su un patibolo infame.
Un simbolo per la non violenza come fonte di storia.
Sono convinta anche che non sono i crocifissi esibiti a fare cristiana una società, ma i cristiani, se sono capaci di pace e di giustizia, di adorazione e di rivolta di fronte all’oppressione e al massacro dei più deboli.
Chi ha paura del Crocifisso? C’è da chiedersi perché molti temono che il crocifisso stia lì su quella parete, non da oggi.
Non si tratta di accendere la miccia di una guerra di religione, né di affermare una supremazia della cultura cattolica sulle altre.
C’è solo di affermare che questa cultura c’è, che non si può pensare al futuro, ad un’integrazione di culture diverse, senza conoscere la propria storia e soprattutto senza amarla.
Ogni tanto in molte scuole il crocifisso è sparito dalla parete sulla quale era appeso.
La croce se ne stava buona ad assistere alle lezioni, appesa con un chiodo sopra alla lavagna e non aveva mai turbato la crescita degli alunni, né offeso i ragazzi di altre religioni.
Non si tratta di un simbolo di una supremazia, rappresenta la storia a cui apparteniamo.
Di seguito, propongo delle riflessioni pluraliste, sul perché e per come il Crocifisso debba essere o non essere sulle pareti delle istituzioni pubbliche italiane.
I pareri sono di ieri e di oggi, per tale motivo, possono apparire “superati”.
Ma le buone idee, non sono mai superate.
Non togliete quel crocifisso Dicono che il crocifisso deve essere tolto dalle aule di scuola.
Il nostro è uno Stato laico che non ha il diritto di imporre che nelle aule ci sia il crocifisso.
La signora Maria Vittoria Montagnana, insegnante a Cuneo, aveva tolto il crocifisso dalle pareti della sua classe.
Le autorità scolastiche le hanno imposto di riappenderlo.
Ora si sta battendo per toglierlo di nuovo, e perché lo tolgano da tutte le classi nel nostro paese.
Per quanto riguarda la sua classe ha pienamente ragione.
(…) I problemi sono tanti e drammatici, nella scuola e altrove, è questo è un problema da nulla.
È vero.
Pure a me dispiace che il crocifisso scompaia.
Se fossi un insegnante, vorrei che nella mia classe non venisse toccato.
Ogni imposizione delle autorità è orrenda , per quanto riguarda il crocifisso sulle pareti.
Non può essere obbligatorio appenderlo.
Però secondo me non può nemmeno essere obbligatorio toglierlo.
(…) Dovrebbe essere una libera scelta.
Sarebbe giusto anche consigliarsi con i bambini.
(…) Il crocifisso in classe non può che essere altro che l’espressione di un desiderio.
(…) L’ora di religione è una prepotenza politica.
È una lezione.
Vi si spendono delle parole.
La scuola è di tutti, cattolici e non cattolici.
Perché vi si deve insegnare la religione cattolica? Ma il crocifisso non insegna nulla.
Tace.
L’ora di religione crea una discriminazione fra cattolici e non cattolici, fra quelli che restano nella classe in quell’ora e quelli che si alzano e se ne vanno.
Ma il crocifisso non genera nessuna discriminazione.
Tace.
È l’immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l’idea dell’uguaglianza fra gli uomini fino ad allora assente.
La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo.
Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Siamo quasi duemila anni che diciamo “prima di Cristo” e “dopo Cristo”.
O vogliamo forse smettere di dire così? (…) Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei.
Perché mai dovrebbero sentirsi offesi gli ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano.
La corona di spine e i chiodi evocano le sue sofferenze.
La croce che vediamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte.
(…) Tutti, cattolici e laici portiamo o porteremo il peso di una sventura,versando sangue e lacrime e cercando di non crollare.
Questo dice il crocifisso.
Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici.
(…) Il crocifisso fa parte della storia del mondo.
I modi di guardarlo e non guardarlo sono, come abbiamo detto molti.
(…) E’ tolleranza consentire a ognuno di costruire intorno a un crocifisso i più incerti e contrastanti pensieri(Cfr: Natalia Ginzburg, estratto da “Il Giornale” del 15/10/02.
Il pezzo uscì anche sull’”Unità “ del 25/03/1988).
False guerre di religione.
…Il risultato è che l’anno scolastico si apre con un gesto inevitabilmente radicale, e non esattamente ospitale nei confronti delle sempre più numerose comunità non cattoliche che l’immigrazione ha infoltito.
Che le antipatie laiche per i residui confessionali nelle attività pubbliche si rafforzeranno.
E che il crocifisso tornerà a essere strumento di divisione e in qualche modo di potere (potere di dissuasione nei confronti degli stranieri riottosi all’integrazione), e non per ciò che rappresenta, ma come è usato, “obbligatorio” per volontà ministeriale, sgradevole come tutte le imposizioni(Rosanna Angioi , Liceo Scientifico – Isili: estratto da “Repubblica” del 19/09/2002, p.
17).
I druidi e il Crocifisso Tranne, forse, pochi storici, i cattolici hanno dimenticato la vicenda inquietante dell’Action Française e del suo leader Charles Maurras.
Dichiaratamente agnostico se non ateo, gli sembrò di scoprire che una certa tradizione cattolica (quella dei cavalieri, dei crociati, dei “re cristianissimi”, dei grandi reazionari), poteva essere strumentalizzata a servizio del suo obiettivo, tutto politico, di nazionalismo e di conservatorismo, in lotta con la Gauche.
Da qui, la difesa a spada tratta della chiesa (o, meglio, di una certa idea di chiesa) da parte di chi in realtà non credeva in Cristo.
Anche l’Action Française, come certi movimenti odierni si batté – con rumorose campagne – a favore della “ricattolicizzazione” della società, con il recupero dei simboli: croci alle pareti dei luoghi pubblici o agli angoli delle strade, campane suonate il più possibile, processioni spettacolari.
Maurras e i suoi furono condannati severamente da Roma.
Sembrerebbe che oggi qualcosa della deformazione maurassiana rischi di reincarnarsi in politici che – appunto per fini meramente politici – alternano riti paganeggianti e chiusure ai bisognosi a grida di crociata per difendere, dicono, “l’eredità cristiana dell’Occidente”(Vincenzo Marras, estratto da Jesus, Ottobre 2002, p.
3).
No, certi simboli non s’impongono.
Amos Luzzatto, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane: “Sono perplesso e preoccupato per quanto annunciato dal Ministro Moratti.
Per ragioni politiche, religiose, culturali, ma anche per motivi personali.
Non potrò mai dimenticare il senso di esclusione, di isolamento e di inferiorità imposta che provavo quando, alunno delle elementari, negli anni ’30, entravo in aula e vedevo il crocifisso esposto sulla cattedra.
Sono sensazioni che ti segnano per tutta la vita.
E’ vero che l’Italia è a grandissima maggioranza cattolica ed è giusto che abbia i suoi simboli.
Ma quando una maggioranza impone i suoi simboli alle minoranze, non è un buon segno e c’è da preoccuparsi (Estratto da “Repubblica” del 19/09/2002, pag.
5).
Se non togliete quella croce infilata sul mappamondo… MOSUL (Nord Iraq) – La minaccia islamica è arrivata assieme ai volantini che chiamano alla conversione, ormai periodicamente infilati di notte sotto le porte delle abitazioni cristiane a Mosul. Se non togliete quella croce infilata sul mappamondo, che sta sul tetto della chiesa di Nostra Signora di Fatima, ci penseremo noi a rimuoverla con la forza , ripetevano gli imam nelle moschee.
E così l’arcivescovo siro – cattolico, Georges Casmoussa, ha deciso di nascondere la croce sull’edificio appena restaurato l’anno scorso, coprendola in parte con una gran scritta nera su un pannello di plastica bianca che riporta il nome della chiesa.
Il motivo? I musulmani affermavano che il sostegno sferico su cui poggia la croce sembrava simboleggiare la volontà del dominio cristiano sul mondo intero.
E qui ribadiscono che questa è terra islamica , spiegano nei corridoi dell’arcivescovado.
Il viaggio tra la provincia di più antica civilizzazione cristiana in Iraq rivela paure raccontate a bassa voce. Una comunità in decadenza , ammettono al patriarcato caldeo di Bagdad.
.
Nel 1989 c’erano oltre 600.000 cristiani (l’80 per cento cattolici) in Iraq, ma dall’invasione del Kuwait nel 1990 hanno iniziato ad emigrare.
Oggi non arrivano ai 450.000 , afferma un alto prelato.
Ma con i timori di una nuova guerra il senso di insicurezza si è fatto piÿ acuto, alimentato da una serie di fatti gravi.
Il più misterioso è stato l’assassinio di Cecilia Hannamushi, una suora di 70 anni sgozzata nel suo letto a Bagdad a metà agosto. Le hanno tagliato il collo con un coltellaccio da cucina, poi è stata legata seminuda mani e piedi, potrebbe anche esser stata violentata , raccontano.
Un delitto subito condannato dal regime.
I tre aggressori sono stati mostrati alla tv locale prima dell’esecuzione capitale. Erano solo dei ladri , dicono i portavoce della polizia.
Ma nella vicina chiesa di Mar Yusef non sono convinti: E’ stata un’esecuzione in pieno stile algerino, l’accanimento contro il cadavere si spiega solo con l’odio religioso .
La violenza ha raggiunto anche Mosul.
La seconda domenica di settembre, un gruppo di estremisti armati di pietre e coltelli si è scagliato contro i fedeli che uscivano dalla messa.
Se la sono presa in particolare con le ragazze che secondo loro portano le gonne troppo corte e non si coprono il capo , rivelano nella scuola vicino all’arcivescovado.
E’ una scuola mista per cristiani e musulmani, da qualche anno Saddam Hussein ha fatto chiudere in tutto il Paese quelle private finanziate dalla Chiesa.
Ma i professori cristiani accettano di bisbigliare qualche veloce testimonianza solo quando i colleghi e gli allievi musulmani si allontanano: Qui stanno crescendo i gruppi wahabiti finanziati e spalleggiati dall’ Arabia Saudita.
Vorrebbero che diventassimo tutti musulmani .
Il paradosso è che in verità il Ba’ath, il partito di Saddam Hussein, ha una tradizione laica che privilegia la convivenza tra le fedi.
Prova ne è che il numero due del regime, Tarek Aziz, è un cristiano.
Qui in passato c’era più tolleranza che in Egitto o in Giordania.
Ma ora i cristiani in Iraq sono una minoranza che teme l’anarchia del dopo Saddam, nel caso di un attacco americano.
Vedono nel regime l’unico scudo contro il fondamentalismo islamico.
Negli ultimi anni però lo stesso Saddam ha voluto islamizzare la società per raccogliere il consenso contro il nemico esterno.
E i cristiani si trovano in una posizione sempre più fragile , analizzano nei circoli diplomatici occidentali nella capitale.
I segni del nuovo islamismo di Stato sono evidenti: ormai non si può costruire una nuova basilica senza che vicino non sorga una moschea.
I nomi dei neonati cristiani devono essere arabizzati.
Non si può più chiamare, per esempio, il proprio figlio Giuseppe, ma solo Yusef.
È accettata Miriam, ma non Maria.
Il Vaticano ha protestato all’inizio dell’anno presso il governo di Bagdad quando era arrivata la notizia per cui il ministero dell’Interno stava approntando una lista dei nomi proibiti .
Ma la questione per ora resta aperta(Cfr.:Lorenzo Cremonesi, Corriere 10/11/02) Crocifisso da abolirsi? Non è la prima volta che la presenza del Crocifisso nelle Scuole pubbliche viene presa di mira all’insegna di un rispetto per l’altro e di una falsa concezione del ‘laicismo’ dello Stato.
Ultimo è l’intervento del Tribunale dell’Aquila che, accogliendo il ricorso presentato da Adel Smith, presidente dell’Unione Musulmani in Italia, ha ordinato la rimozione del Crocifisso esposto nelle aule della Scuola materna ed elementare ‘Antonio Silveri di Ofena’, frequentata dai figli dello stesso Smith.
Nella sentenza emessa dal giudice Mario Montanaro si legge tra l’altro: “Nell’ambito scolastico la presenza del simbolo della croce induce nell’alunno ad una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale della espressione di fede… La presenza del crocifisso nelle aule scolastiche comunica un’implicita adesione a valori che non sono realmente patrimonio comune di tutti i cittadini”.
Si tratta di un ultimo esempio che indica fin dove può giungere una ignoranza e miopia religiosa, dove può approdare il condizionamento da pregiudizi o visioni molto ristrette della realtà.
Alcune persone sono prigioniere di una ideologia che ha fallito.
Tuttavia continuano ancora a sostenerla con più determinazione ed esaltazione mistica.
Questo genere di cecità è davvero sconcertante.
Il Crocifisso, simbolo della fede cristiana da duemila anni, oggi si vuol rimuovere dalle aule scolastiche, dagli ospedali, dagli uffici pubblici in nome del pluralismo religioso ed all’insegna del rispetto per l’altro, della tolleranza, del dialogo religioso.
Oltre a questo si sta infiltrando l’uso di non celebrare più il Natale nelle scuole, non fare il presepio, evitare di far cantare inni natalizi.
Il dibattito sulla presenza del Crocifisso nei luoghi pubblici evidenzia un problema più profondo, cioè il rapporto tra coscienza religiosa e coscienza civile all’interno della nostra società pluralistica e secolarizzata.
Per comprendere questo si deve tener conto che oggi la cultura laica ha assimilato nel suo seno alcuni elementi di natura religiosa.
Infatti oggi molti valori originati da una cultura e sensibilità religiosa sono comunemente ritenuti ‘valori laici’ come: primato della persona umana, valore della solidarietà, principio di sussidiarietà, da cui scaturiscono i vari movimenti di volontariato.
Tutti di antica origine cristiana che ormai fanno parte anche della cultura civile.
La distinzione tra l’ambito laico dello Stato e quello religioso della Chiesa, che tuttavia non esclude una collaborazione, implica anche alcune conseguenze.
Da parte della chiesa: c’è la consapevolezza che la fede religiosa non può essere imposta a nessuno.
Da parte dello Stato: la sua laicità esclude ogni ingerenza in campo religioso; non può perciò né imporre, né proibire gli atti religiosi e l’ostensione dei simboli religiosi.
“Nell’ambito del bene comune (nel rispetto sempre dell’ordine pubblico, della legalità e della pubblica moralità), lo Stato ‘laico’ riconosce la rilevanza sociale del fatto religioso, tutela la libertà religiosa e ne garantisce l’esercizio”.
Le soluzioni vanno cercate in un clima di mutua collaborazione.
Certamente si dovrà evitare qualunque tentativo di strumentalizzazione della religione e dei suoi simboli per scopi politici.
Coloro che desiderano esporre il Crocifisso nei luoghi pubblici non devono farlo né per opportunismo, né per ipocrisia.
Ma come segno del dolore di ogni uomo.
In un mondo in cui i segni sono tanti, il segno della croce obbliga ad alzare lo sguardo, a riconoscere l’appartenenza ad una civiltà nata dal cristianesimo.
Anche coloro che non sono disposti ad accettare il Crocifisso per motivi religiosi, dovrebbero ugualmente condividerne l’ostensione almeno per evidenziare i contenuti umanitari che quella realtà esprime.
Ma: come può atteggiarsi a paladino del Crocifisso colui che non s’impegna a vivere almeno ‘laicamente’ questi valori, con i quali invece Colui che si è fatto crocifiggere ha voluto identificarsi? “La croce è per eccellenza il simbolo della universalità dell’amore di Dio e dell’accoglienza aperta a tutti i popoli e a tutte le razze, specialmente ai più diseredati.
Non può divenire il simbolo di una sola cultura o di una specifica identità… Pertanto fare del Crocifisso il simbolo esclusivo della civiltà occidentale, e – peggio ancora – usarlo a fini di discriminazione culturale, etnica e razziale, equivale a distruggere il significato stesso della croce e a rinnegare l’universalità del messaggio cristiano” .
Quando alla croce non si riconoscono più tali caratteristiche, si tende ad eliminarla ma nel contempo viene sostituita con altri simboli (di tremenda memoria la ‘croce uncinata’) che non esprimono questi valori ma esattamente l’opposto.
L’essere umano ha bisogno di simboli ai quali appellarsi.
Se viene privato di quelli veramente religiosi, viene inevitabilmente obbligato a credere in altri non forieri di vita ma di morte.
Per fermarsi alla scuola: da giustamente ‘laica’ sta orientandosi verso un cammino di laicizzazione.
Da ‘laica’ la si vuol trasformare in ‘laicista’.
In questa prospettiva è molto difficile riconosce quei valori umani dei quali il Crocifisso è l’emblema ed il portavoce.
Il Crocifisso, anche da un punto di vista semplicemente umano, è un simbolo altamente educativo.
Non è forse il Crocifisso che, in vita, ha insegnato ad amare il prossimo come noi stessi? Non è questa una lezione di umanità universale? Non ha detto di amare anche i propri nemici, al contrario di altre religioni che invece insegnano l’odio? La croce era il supplizio riservato agli schiavi, alle persone più spregevoli, a coloro che erano considerate ‘res’, ‘cose’, non persone, non degno di un cittadino romano.
Colui che è morto in croce, ha voluto riscattare il dolore umano, ridare personalità a coloro che il diritto romano privava di dignità umana; ha riabilitato i deboli, i poveri, il rifiuto della società.
Il Crocifisso è il simbolo di tutti coloro che nel mondo soffrono e muoiono per l’egoismo e la cattiveria di quelli che li schiacciano con la violenza delle armi e con la sopraffazione del loro potere economico e politico.
La croce è il supremo simbolo dell’amore.
Non sono forse questi aspetti condivisi anche dai laici? “Togliere da un’aula scolastica il Crocifisso significa, in fondo, privare gli studenti di un segno che potrebbe aiutarli a riflettere sulle cause profonde del peso immane e crudele di sofferenza e di morte che grava sui poveri, in particolare sui bambini, in tante parti del mondo; cause che sono l’egoismo e l’avidità del denaro e del potere” .
Questi sono i motivi che hanno convinto il legislatore a mantenere il Crocifisso.
“La Croce, a parte il significato per i credenti rappresenta un simbolo della civiltà e della cultura cristiana, della sua radice storica come valore universale, indipendente da una specifica confessione religiosa” .
La Corte di Cassazione (13 ottobre 1998) ha affermato che la presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche non contrasta con la libertà religiosa sancita dalla Costituzione.
Ha inoltre rilevato che la Croce, a parte il significato per i credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale, indipendentemente da specifica confessione religiosa.
Ha concluso osservando che la presenza dell’immagine del Crocifisso nelle aule scolastiche non può costituire motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le proprie convinzioni in materia religiosa .
L’Avvocatura di Stato di Bologna (16 luglio 2002) ha sostenuto che “le disposizioni che prevedono l’affissione del Crocifisso nelle aule scolastiche vanno ritenute ancora in vigore… L’affissione del Crocifisso va ritenuta non lesiva del principio della libertà religiosa”.
Nessuno che abbia un minimo di apertura culturale, può negare queste conclusioni.
Questo approccio non può essere frainteso con il proselitismo.
Quante volte si elogiano Martin Luthering, Gandhi per i valori universali che hanno espresso, Buddha per alcuni principi sulla mortificazione ed il superamento delle passioni! Eppure nessuno si permette di dire che si fa propaganda per l’Induismo o per il Buddismo! Perché l’unica eccezione dovrebbe farsi per gl’insegnamenti universali espressi dal Crocifisso? Non si tratta di una estrema miopia intellettuale? Non manifesta questo quanto siano ancora radicati certi pregiudizi storici e quanto sia difficile liberarsene? A meno che uno desideri eliminare anche il riferimento a questi valori che stanno invece a fondamento di una società laica.
Perché allora il Crocifisso come emblema umano, simbolo di una umanità sofferente, tradita e sfruttata, non dovrebbe essere accettato universalmente? Se non si vogliano accettare i contenuti religiosi che illuminano l’umana esistenza e danno un significato a tutto, si possono sempre condividere i contenuti umani, laici.
O forse c’è tanta cecità ed ostinazione da essere disposti a rifiutare anche i contenuti umani pur di non accettare quelli religiosi? Non è forse segno di limitatezza e di poca duttilità mentale il non essere capaci di distinguere i due ambiti? Compassione sarà il lievito dei secoli bui, la fratellanza degli oppressi, l’eguaglianza nel dolore, la libertà di chi non ha più nulla da perdere.
Non c’è progresso senza compassione.
E’ per questo che il Crocifisso non appartiene solo ai cristiani, non è loro monopolio.
Si deve ancora chiarire la natura della laicità.
La Chiesa non ha paura della laicità.
Già Pio XII sosteneva che “la legittima sana laicità dello Stato è uno dei principi della dottrina cattolica” .
Da un certo punto di vista significa distinzione tra poteri civili e religiosi, autonomia dello Stato e rispetto per la Chiesa.
Ma questo non significa marginalizzazione e relativizzazione delle fedi religiose.
Non si può ridurre la fede a qualcosa semplicemente di intimo, privato e pubblicamente irrilevante.
In conseguenza del rispetto che si deve portare per le varie fedi e culture, si dovrebbe rispettare anche il Crocifisso con i suoi significati.
Il rispettare infatti le fedi altrui, non implica compromettere la propria.
L’accettazione dell’altro non dovrebbe concludere con il venir meno alle proprie convinzioni offuscando i contenuti della religione di appartenenza.
La condivisione delle altrui culture non deve portare ad alterare e svuotare la propria dei suoi genuini contenuti.
Il rispetto per le altre religioni non può portare a denigrare la propria.
L’accoglienza di credenti di altre religioni che hanno chiesto ospitalità nel suolo italiano, non può concludersi con la mancanza di rispetto verso coloro che condividono la religione cristiana.
Non è giusto sottovalutare e tanto meno dimenticare una constatazione storica: che cioè l’Italia affonda le sue radici nel cristianesimo che ne ha ispirato i codici morali di base; che la cultura italiana è stata plasmata dal cristianesimo; che le espressioni letterarie ed artistiche non possono essere comprese prescindendo dai contenuti cristiani.
Questa è storia e “contra factum non valet argumentum”.
Il dialogo consiste nell’incontro di due entità, capaci di arricchirsi reciprocamente.
“Se non diamo al Crocifisso significati arroganti e strumentali che non ha, allora conserva quello che è, l’immagine di un Innocente sacrificato dal potere, la fonte, la causa ed il simbolo della nostra compassione, antica, contemporanea e futura.
Guardare poi al Crocifisso non sarà – non potrà mai essere – un atto ideologico, soggetto a interpretazioni o strattoni di parte.
Non ha senso appellarsi al Crocifisso e ignorare o disprezzare le persone crocifisse nella storia di ieri e di oggi, dimenticare le vittime dei campi di sterminio come dei gulag siberiani, scalciare sui disperati che arrivano sui nostri lidi.
Così induce a sospetto dichiararsi con gli ultimi e nel contempo rimuovere l’Ultimo” .
“Soltanto questo ricordo inattuale di lui libera gli uomini dal potere esercitato da fatti e leggi del nostro tempo, dalle coercizioni della storia, e li apre ad un futuro che non ripiomba nell’oscurità.
Ciò che oggi importa è che la chiesa e la teologia riflettano sul Cristo crocifisso per mostrare al mondo la sua libertà” .
Natalia Ginzburg (1916-1991) il 25 marzo 1988- come ho già riportato- ha scritto sul quotidiano L’Unità, un articolo dal titolo “Non togliete quel Crocifisso”.
E’ interessante che un giornale non religioso come L’Unità abbia pubblicato un articolo i cui contenuti tanti cristiani invece non sono capaci di cogliere .
Lei laica ma intelligente ed intellettuale, aveva nella sua onestà compreso i valori universali di quel simbolo.
Ed obiettava contro coloro che, pur cattolici, avevano la vista così corta da non essere capaci di cogliere nel Crocifisso il suo messaggio universale, di non vedere il Lui l’archetipo di ogni persona che soffre.
Passiamo ad una obiezione frequente: la presenza del Crocifisso urterebbe la sensibilità dei musulmani e potrebbe turbare il loro sentimento religioso.
Si tratta di una questione di contenuto teologico.
Prima di rispondere analizziamo alcuni aspetti.
Se un musulmano ha diritto al rispetto delle proprie convinzioni religiose, uguale diritto ha il cristiano al rispetto della propria fede e dei simboli nella quale la esprime.
Se quindi il togliere il Crocifisso da un’aula scolastica può apparire rispettoso verso il sentimento di un musulmano credente, nello stesso tempo però non è rispettoso verso i sentimenti di un cristiano, che si sente gravemente offeso nella propria fede.
Ma forse dietro tutto questo non si nasconde una forte presenza laicista nella cultura e nell’insegnamento, un tentativo tout court di abolire tutto ciò che c’è di religioso nelle espressioni del popolo italiano? Il Crocifisso non può essere ridotto ad una dimensione sociologica.
E’ pregno di contenuti teologici, che qui non posso affrontare per esteso.
Solo due chiarificazioni.
1) Dietro questo ‘zelo’ ed apparente rispetto mi sembra nascondersi una buona dose di ignoranza verso la religione musulmana.
Si sono voluti togliere anche il presepio ed i canti natalizi.
Ma: i cristiani che hanno fatto infelicemente questa scelta non sanno che anche i musulmani venerano Gesù, seppur solo come un grande profeta, ne festeggiano il natale e lo tengono in alta considerazione? L’abrogare queste manifestazioni ed il significato dei simboli non potrebbe essere una mancanza di rispetto verso la loro sensibilità religiosa? Il celebrare il natale non sarebbe una buona occasione di far meglio conoscere il contenuti della fede musulmana e cristiana e far capire che nelle differenze ci sono anche punti in comune? 2) Per la religione musulmana è impossibile che un Dio si sia fatto crocifiggere; questa possibilità è considerata altamente offensiva.
Si tratterebbe di una sconfitta e del trionfo dei suoi carnefici.
Il Corano nega la crocifissione di Cristo come conseguenza della grande stima che ha del Profeta.
Il Profeta deve essere sempre vincitore.
Dio invia il suo messaggero che deve essere sempre vittorioso.
Questa è la visione teologica coranica.
Non potendo negare il fatto della crocifissione, il Corano è ricorso alla escamotage della ‘sostituzione vicaria’: al momento di venire messo in croce, Cristo sarebbe stato misteriosamente ‘sostituito’ da un altro essere umano.
Per cui non sarebbe stato Cristo a morire in croce come un malfattore, ma solo un suo ‘sostituto’.
In tal modo però, secondo questa concezione, non c’è più salvezza, crolla tutto il progetto redentivo del Padre… Per cui anche per i musulmani Gesù Cristo è vivo, seppur con modalità diverse dalla concezione cristiana .
E’ proprio evidenziando questo aspetto che si potrà meglio mettere a fuoco il valore del Crocifisso, che non rappresenta soltanto Cristo apparentemente sconfitto ma che rinvia a tre giorni dopo, alla sua gloriosa risurrezione, preludio della vittoria finale.
Su questo punto Bormans così si esprime: “La pietà occidentale si è compiaciuta, soprattutto a partire dal Medioevo, a rappresentarlo al massimo della sua sofferenza, come il ‘servo sofferente’ cantato da Isaia, mentre la pietà orientale ha rappresentato generalmente nei suoi crocifissi bizantini, un Cristo già glorioso, dotato di attributi reali ed effettivamente ‘pantocrator’, perché vincitore del peccato e della morte proprio nel momento in cui questi pensavano di averlo vinto.
In questa seconda prospettiva non si potrebbe forse sviluppare un discorso comune sulla ‘potenza di Dio’, per potervi meglio includere in seguito una valorizzazione della sofferenza, dell’agonia, e della morte nei confronti delle quali l’Islam ci propone soltanto una ‘bella rassegnazione’?”.
Una riflessione linguistica sarà molto utile.
Cristo è considerato il vero musulmano ante litteram e preso come modello dagli stessi musulmani.
Perché? Perché Cristo è colui che si è abbandonato completamente alla volontà di Dio.
Infatti: il vocabolo Islam significa ‘sottomissione a Dio’, ‘abbandono di sé a Dio’.
Il vero sentimento religioso è quello di abbandonarsi a Dio.
Muslim (musulmano) è colui che pratica l’Islam, cioè colui che si abbandona totalmente a Dio.
In questo contesto anche Adamo, Abramo sono stati musulmani perché si sono messi completamene nelle mani di Dio, si sono affidati del tutto a Lui.
Di riflesso l’essere umano in quanto tale è ‘musulmano’ e l’Islam si pone come religione naturale dell’umanità .
Il Prof.
Samir in una conferenza a Palermo l’11 novembre 1989, si è espresso in questa maniera: “Il vero Muslim, ossia l’unico vero musulmano è Cristo.
Lo è stato proponendo al mondo un insegnamento che rovescia i valori del mondo, mettendo la non violenza al posto della violenza, l’amore al posta della ‘giusta vendetta’.
Lo è stato rivelando al mondo un Dio che è anzitutto Padre, che si manifesta nell’amore più che nella potenza, che è sì l’Onnipotente, ma l’Onnipotente nell’amore.
Lo è stato vivendo perfettamente quest’insegnamento insolito, preferendo l’umiliazione alla gloria, la povertà alla ricchezza ‘per arricchirci della sua povertà.
Sì, il Muslim per eccellenza è Cristo, quello che sulla croce si abbandona per amore all’amore di Dio Padre, per amore dell’umanità”.
Dietro l’alibi del rispetto per l’altro, in alcuni cattolici non si nasconde forse una certa… allergia nei riguardi del Crocifisso? La motivazione di andare verso gli altri non potrebbe indicare una mancanza di interesse per i contenuti e simboli della propria religione? Alle spalle di tutto non ci potrebbe stare una limitata e frazionata conoscenza del cristianesimo, per cui, non conoscendo, non si può neanche comprendere ed apprezzare? Schiavitù dell’ignoranza, della indifferenza, del fastidio.
Schiavitù di un falso perbenismo: si vogliono coprire con il rispetto nei riguardi verso l’altro le proprie mancanze e deficienze.
Schiavitù dell’orgoglio intellettuale.
Si ha appena una patina di religiosità, sia teorica che pratica, e nello stesso tempo uno si ritiene preparato a fare scelte ed a prendere decisioni estremamente importanti e di grande rilevanza come se ne avesse la preparazione e capacità( ; Cfr.
Bartolomeo Sorge, “Votare per il Crocifisso?”, in Aggiornamenti Sociali, dicembre 2002, p.
805 – 810 ; “Via il Crocifisso dalle Scuole italiane?”, in La Civiltà Cattolica, Editoriale, 5 gennaio 2002, n.
3637, p.
5.; Consiglio di Stato, 27 aprile 1988.
La prima codificazione risale all’articolo 140 del regio decreto 15 settembre 1860, n.
4336, riguardante il regolamento per l’istruzione elementare e attuativo della legge 13 novembre 1859, n.
3725, la c.d.
legge Casati che prescriveva l’esposizione del Crocifisso in tutte le aule scolastiche.
L’ultima codificazione in ordine di tempo risale al 19 ottobre 1967, quando il Ministro della Pubblica Istruzione emanò la circolare n.
367 circa l’edilizia e l’arredamento delle scuole dell’obbligo.
Cfr.
Paolo Armaroli, “Il Crocifisso a scuola è ammesso dalla Costituzione”, in Il Giornale, 8 ottobre 1999, p.
10. Bartolo Ciccardini, Il crocifisso e i crocifissi nella storia, in Avvenire, 22 settembre 2002, p.
2. Jürgen Moltmann, Il Dio crocifisso, Queriniana, Brescia 1973, p.
7; da notare che l’Autore nello scrivere quest’opera pensava ancora alla tragedia del nazionalsocialismo conseguenza della pretesa di poter costruire una società senza Dio e senza cristianesimo; cfr.
anche: “La croce di Cristo speranza del cristiano”, in La Civiltà Cattolica, marzo 2001, n.
3618, Editoriale, p.
547 – 559.
Inoltre: articolo ripubblicato sul numero 14 di Liberal, novembre 2002; cfr.
L’Enciclica di Benedetto XV, Maximum Illud, in AA.
VV.
Roma e Pechino, a c.
di Agostino Giovagnoli, Studium, Roma 1999, p.
69 – 90.
Cfr.
Maurice Bormans, I musulmani di fronte al mistero della croce: rifiuto o incomprensione?, in AA.VV., La sapienza della croce oggi, Atti Convegno internazionale, Roma 13-18 ottobre 1975, LDC, Torino 1976, vol.
I, p.
615 – 628; cfr.
lo studio di Samir Khalil Samir, La crocifissione di Cristo nel Corano, in Piero Coda – Mariano Crociata, Il Crocifisso e le religioni, Città Nuova, Roma 2002, p.
49 – 82.
E…) E perché non qualche poesia al Crocifisso? Sul Calvario tre croci hanno piantato e Gesù Cristo ha un ladro da ogni lato.
Ma, dice, e gli occhi suoi al cielo vanno: Padre, perdona, non san quel che fanno Mentre gli sgherri aspettan la sua morte, le vesti di Gesù tirano a sorte.
Il popolo indugia a riguardare e tutti lo volevano beffare.
Perfino uno dei ladroni lo scherni Sei Cristo? – disse -Vola via di qui! Ma l’altro mormor: – O buon Gesti, non mi scordar, quando sarai lassù…
Disse Gesù, piegando il dolce viso: Oggi sarai con me, su in paradiso.
Era già l’ora sesta e fece notte la tenebra dur infino a nona trema la terra e tutto il ciel rintrona A quel punto Gesù lancia un alto grido Padre lo spirito mio in te confido! Poi la fronte da un lato reclin e su la Croce per tutti noi spir(poesia parecchio antica di Giuseppe Fanciulli).
Crocifisso al tuo amore Tu che conosci me, sono l’ultimo dei figli tuoi, attendo la salvezza, dalle Tue mani disseterò d’amore la mia anima, tienimi stretto inchioda le mie mani, siano aperte le mie braccia per abbracciarti e non lasciarti mai più, i miei piedi serra al tuo legno in modo che non vada per altre vie.
Incidi il Tuo nome sul cuore t’appartengono le mie membra e lo spirito, io in Te Tu in me in un eterno dono d’amore(Bruno Quattrone).
PREGHIERA DI S.
CARLO BORROMEO AL SANTO CROCIFISSO Ciò che mi attira verso di Voi, Signore, siete Voi! Voi solo, inchiodato alla Croce, con il corpo straziato tra agonie di morte.
E il vostro amore si è talmente impadronito del mio cuore che, quand’anche non ci fosse il Paradiso, io vi amerei lo stesso.
Nulla avete da darmi per provocare il mio amore perché quand’anche non sperassi ciò che spero, pure vi amerei come vi amo.
Amen Sentenza sul crocefisso.
”Amarezza” della Cei, soddisfazione nell’estrema sinistra Il commento forse più significativo alla sentenza della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo (Coe) sul crocefisso in classe viene dalla Cei (Conferenza Episcopale Italiana), che dal suo sito esprime “amarezza e non poche perplessità”: “La decisione della Corte di Strasburgo suscita amarezza e non poche perplessità.
Fatto salvo il necessario approfondimento delle motivazioni, in base a una prima lettura, sembra possibile rilevare il sopravvento di una visione parziale e ideologica.
Risulta ignorato o trascurato il molteplice significato del crocifisso, che non è solo simbolo religioso ma anche segno culturale.
Non si tiene conto del fatto che, in realtà, nell’esperienza italiana l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici è in linea con il riconoscimento dei principi del cattolicesimo come ‘parte del patrimonio storico del popolo italiano’, ribadito dal Concordato del 1984”.
La Cei spiega che “in tal modo, si rischia di separare artificiosamente l’identità nazionale dalle sue matrici spirituali e culturali”, e cita eloquentemente le parole di papa Benedetto XVI: “Non è certo espressione di laicità, ma sua degenerazione in laicismo, l’ostilità a ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche”.
Sul fronte opposto, si registrano anche commenti apertamente positivi, come quello dell’Unione degli studenti, Uds: “Da sempre chiediamo una scuola plurale, democratica, laica e interculturale, che non ostacoli la libertà di scelta religiosa e la sensibilità degli studenti- spiegano dall’Uds- Sono questi i principi che devono caratterizzare le nostre scuole e riteniamo che anche il Governo e le forze politiche debbano agire in questa direzione perché si parta proprio dai luoghi della cultura e dell’educazione per raggiungere un costruttivo dialogo tra le varie culture e le varie fedi, in primo luogo tra i cittadini europei”.
Esultano anche i Cobas, il cui portavoce Piero Bernocchi parla di “sentenza storica della Corte Europea, il crocefisso in aula viola la libertà dei genitori e quella di religione”.
Berrnocchi spiega che la Corte ha emesso una “importantissima sentenza che afferma testualmente quello che da sempre i Cobas e vari gruppi laici e anticlericali sostengono”.
Nell’ambito della sinistra extraparlamentare, il segretario del Prc Paolo Ferrero, esprime “un plauso per la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che ci segnale giustamente come uno stato laico debba rispettare le diverse religioni ma non identificarsi con nessuna”.
Gelmini sulla Corte di Strasburgo: ӏ ideologizz
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