A Barack Obama il Nobel per la pace

È Barack Obama il premio Nobel per la pace 2009.
La commissione di Oslo ha deciso di assegnare il riconoscimento al presidente degli Stati Uniti, insediatosi alla Casa Bianca da meno di un anno.
La motivazione è legata agli sforzi per il dialogo mostrati dal presidente nel corso dei primi mesi del suo mandato: «per il suo straordinario impegno per rafforzare la diplomazia internazionale e la collaborazione tra i popoli».
Hanno pesato a favore della scelta gli appelli di Obama per la riduzione degli arsenali nucleari e il suo impegno per la pace globale MOTIVAZIONE).
Primo afro-americano a rivestire la carica più alta del paese, Obama ha chiesto il disarmo nucleare e sta lavorando dall’inizio del suo mandato per riavviare le trattative di pace in Medio Oriente.
Il riconoscimento di 10 milioni di corone svedesi (1,4 milioni di dollari) sarà consegnato a Oslo il 10 dicembre.
Il portavoce del presidente americano, Robert Gibbs, ha comunicato che Obama devolverà in beneficenza l’intera somma, senza però specificare a quale istituzione il denaro sarà consegnato.
DECISIONE ALL’UNANIMITA’ – La decisione è stata presa all’unanimità, ha detto il presidente della commissione norvegese per il Nobel, Thorbjoern Jagland.
La commissione ha riconosciuto gli sforzi del presidente statunitense per ridurre gli arsenali nucleari e lavorare per la pace nel mondo.
«Obama ha fatto molte cose» ha detto Jagland durante la conferenza stampa a Oslo, «ma è stato riconosciuto soprattutto il valore delle sue dichiarazioni e degli impegni che ha assunto nei confronti della riduzione degli armamenti, della ripresa del negoziati in Medio Oriente e la volontà degli Stati Uniti di lavorare con gli organismi internazionali».
Non deve invece avere pesato il fatto che Obama ha rifiutato nei giorni scorsi di incontrare un altro past-laureate per la pace, il Dalai Lama (che lo vinse nel 1989), leader del governo tibetano in esilio, per evitare di compromettere i rapporti con la Cina in vista della prossima visita ufficiale che il capo della Casa Bianca effettuerà a Pechino.
«SONO ONORATO» – La notizia è arrivata quando negli Usa era notte fonda e Obama è stato svegliato dai suoi collaboratori che gli hanno comunicato le decisioni dell’accademia norvegese del Nobel.
Il presidente si è detto «onorato» della decisione, anche «se non sono sicuro di meritarlo»: ricevo il premio «con umiltà», ha aggiunto, facendo poi sapere che andrà personalmente a Oslo per ritirare il riconoscimento.
Più tardi una breve conferenza del presidente Usa: «Sono sorpreso e profondamente commosso.
Non sono sicuro di meritare di essere al fianco delle persone straordinarie che hanno ispirato me ed il mondo intero.
Accetto questo premio come chiamata all’azione per tutte le nazioni di fronte alle sfide del ventunesimo secolo.
Un premio non per i risultati ma per gli ideali» I PRECEDENTI – Obama non è il primo inquilino (o ex inquilino) della Casa Bianca a ricevere il riconoscimento.
Nel 1906 toccò infatti a Theodor Roosevelt (e l’anno successivo sarebbe stato assegnato al primo e unico italiano a conquistare questo tipo di riconoscimento, il giornalista e scrittore pacifista brianzolo Ernesto Teodoro Moneta) e nel 2002 a Jimmy Carter.
Nel 2007 venne invece assegnato ad Al Gore, vicepresidente ai tempi di Clinton.
Altro esponente di primo piano dell’amministrazione usa insignito del premio è stato all’ex segretario di Stato Henry Kissinger nel 1973, assieme al vietnamita Le Duc Tho (quest’ultimo tuttavia, unico caso fino ad ora nella storia del premio per la pace declinò il riconoscimento per la difficile situazione che viveva allora il suo Paese).
I CASI CONTROVERSI – Attorno alle nomination per il Nobel per la pace, l’unico tra i premi in memoria dello scienziato svedese che viene assegnato a Oslo e non a Stoccolma (un retaggio di quando, ai tempi in cui visse Nobel, la Norvegia era ancora sotto la monarchia svedese), si scatenano spesso dubbi e polemiche.
Basti pensare che in passato tra i candidati a riceverlo ci fu anche Stalin (nominato due volte, nel 1945 e nel 1948, ufficialmente per l’impegno nel far finire la seconda guerra mondiale), che però non lo vinse mai.
E la candidatura l’ha mancata per poco Adolf Hitler: era stato nominato nel 1939 da un parlamentare svedese che poi però cambiò idea e ritirò la sua proposta.
E’ invece rimasta, ma senza seguito, la nomination di Benito Mussolini.
Per contro, tra coloro che non lo ottennero mai nonostante ne avesse chiaramente i requisiti, ci fu il mahatma Gandhi, che non a caso viene definito il «missing laureate»: di nomitanion ne ricevette diverse, in almeno cinque anni diversi, e probabilmente sarebbe stato anche insignito del premio.
Ma è morto assassinato nel 1948 prima che una decisione in tal senso potesse essere presa e per statuto il Nobel non può essere assegnato a persone decedute.
L’APPLAUSO DEL GOVERNO ITALIANO – La notizia dell’assegnazione del premio a Obama ha raggiunto anche il governo italiano, riunito in Consiglio dei ministri.
E lo stesso Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi, ha rivelato che l’esecutivo ha tributato un applauso in onore del presidente usa.
Un presidente destinatario di tale premio, ha detto il premier, « È un investimento sul futuro, perchè è un presidente Nobel per la Pace sarà tenuto a un comportamento assolutamente ecumenico nei confronti di tutti».
Il Nobel a Obama, ha poi sottolineato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, «non è una forzatura in nessun modo, ma è solo la testimonianza che la comunità internazionale è tutta accanto a lui per incoraggiarlo ad andare avanti con più forza, proprio contro i suoi detrattori».
Al.
S.
09 ottobre 2009 Corriere della Sera Grande è stato lo stupore e la meraviglia all’annuncio che il Premio Nobel per la pace per il 2009 è stato assegnato al giovane, semplice, religioso Presidente nero degli USA, quel Barak Obama che già tanta ammirazione ha suscitato per il suo comportamento spontaneo e le sue dichiarazioni politiche che si possono così sintetizzare: disarmo e non proliferazione, promozione della pace, preservazione del pianeta e un’economia che offra opportunità a tutti..
E’ presidente degli Stati Uniti dal novembre del 2008, dopo una clamorosa vittoria contro lo sfidante repubblicano, John McCain divenendo – così- il primo presidente afroamericano nella storia degli States.
La speranza e l’idealismo unificatore sono i grandi temi che hanno richiamato grandi folle ad ogni sua apparizione pubblica, evocando paragoni con Martin Luther King e John F.
Kennedy.
L’atmosfera intensa dei comizi di Obama, che spinge qualcuno ad ascoltare a mani giunte le sue parole, non è dovuta solo alla sua indubbia abilità oratoria, ma anche al contenuto del suo messaggio.
La promessa di “cambiare” le cose a Washington è per lui solo il primo passo verso il progetto ben più audace ed ambizioso di “cambiare l’America e poi il resto del mondo”.
A porlo sulla mappa politica degli Stati Uniti e nel cuore della gente fu uno straordinario discorso alla Convention Democratica del 2004, intitolato “L’Audacia della Speranza”, dove l’idealismo di impronta kennedyana era esaltato da una oratoria alla King(per forza, è stato un buon predicatore della sua chiesa cristiana) Senza dimenticare che la speranza per un mondo migliore è una “radice” molto profonda del Vangelo e Obama(= Benedetto)la sta mettendo in pratica.
Nulla lo spaventa o lo intimorisce e non ha paura di correre incontro ai “nemici”.
Proprio come suggerisce Gesù.
La sua infanzia è stata difficile, come grande è la sua carriera.
Nato il 4 agosto 1961 a Honolulu (Hawaii) da un padre di colore (giunto negli Usa dal Kenya con una borsa di studio) e da una madre bianca (nata in Kansas e poi trasferita nelle Hawaii con i genitori) Barack Hussein Obama ha avuto una infanzia instabile: a due anni ha perso la figura del padre (andato via da casa per studiare ad Harvard), a sei anni è finito in Indonesia (col nuovo marito della madre), a dieci anni è tornato da solo nelle Hawaii per vivere con i nonni materni.
Bravissimo negli studi, entra poi alla Columbia University a New York, lavora come assistente sociale a Chicago, viene accettato alla prestigiosa Harvard Law School.
Rifiuta le offerte d’impiego delle corporation di New York per tornare a Chicago per inseguire una missione sociale e anche l’amore: qui vive infatti Michelle Robinson, la ragazza che dopo un paio di anni diventerà sua moglie e la madre delle loro due bambine, Malia e Natasha.
A Chicago svolge opera di assistenza legale per i poveri ed insegna legge.
Ma i suoi obiettivi sono più ambiziosi.
Nel 1996 viene eletto al Senato dell’Illinois.
Nel 2000 si candida al Congresso Usa come deputato ma viene battuto.
Nel 2004 ci riprova, stavolta per il Senato Usa, e vince alla grande diventando il quinto senatore nero nella storia del Congresso americano.
Nel 2007 si candida alla Casa Bianca: l’annuncio ufficiale arriva il 10 febbraio dalla stessa piazza davanti al Campidoglio di Springfield (Illinois) dove Abramo Lincoln quasi 150 anni prima aveva pronunciato uno storico discorso sulla necessità di restare uniti.
Un simbolismo perfetto.
Il 4 novembre del 2008 la trionfale vittoria che lo conduce alla Casa Bianca, da dove, in pochi mesi, rilancia il dialogo con il mondo musulmano, affronta il delicato tema dei rapporti con l’Iran, avvia una intensa campagna contro la proliferazione nucleare, solo per citare i principali temi della sua azione in ambito internazionale.
Questo nostro mondo, così difficile e complicato, con immensi problemi, eppure con lui troverà la strada verso la pacificazione e – probabilmente, sebbene sia ancora un obiettivo tanto lontano- la fratellanza.

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