Una scomoda croce nel deserto

Il caso della croce della riserva naturale del Mojave è arrivato alla Corte Suprema degli Stati Uniti dopo otto anni di controversie, nate quando Frank Buono, già assistente alla soprintendenza del parco, ha avanzato richiesta formale al National Park Service (Nps) – cui la Riserva fa parte – di rimuovere la croce lì impiantata sin dal 1934.
Trovandosi su un terreno appartenente al Governo degli Stati Uniti – è la tesi di Buono – la sua esistenza costituisce una violazione del principio di imparzialità del Governo rispetto alle diverse fedi, violando così la establishment clause del primo emendamento della Costituzione.
L’intera vicenda giudiziaria è emblematica e ricca di spunti di riflessione.
Nel 1934 l’associazione Veterans of Foreign War, un’organizzazione privata, decise di onorare i caduti della prima guerra mondiale impiantando una croce di legno alta otto piedi in cima a un’altura rocciosa, Sunrise Rock, su un terreno pubblico che ora fa parte appunto della riserva naturale del Mojave.
Nel corso degli anni, altri gruppi privati e singoli individui hanno sostituito la vecchia croce di legno con altre più nuove, fino a quella corrente, eretta nel 1998 da Henry Sadoz, un privato cittadino.
Nel 1999, un residente dello Utah ha chiesto all’Nps, l’organo che sovrintende alla gestione dei parchi negli Stati Uniti, il permesso di erigere uno stupa, una sorta di memoriale buddista, vicino alla croce.
L’Nps ha respinto la richiesta, affermando che la legge proibisce ai privati di installare memoriali e altri impianti permanenti su proprietà federali senza autorizzazione delle autorità pubbliche.
Rifiutando il memoriale buddista, l’Nps ha inoltre annunciato l’intenzione di rimuovere la croce da Sunrise Rock, la quale, fra l’altro, non sarebbe mai stata formalmente autorizzata.
Le dichiarazioni dell’Nps hanno da subito innescato una serie di polemiche e accesi dibattiti.
Nel dicembre del 2000 è intervenuto il Congresso degli Stati Uniti, che, attraverso un provvedimento legislativo ha di fatto vietato di rimuovere la croce, proibendo l’uso di fondi federali a tale scopo.
La controversia però non si è esaurita.
Nel marzo del 2001, l’ex assistente alla soprintendenza Buono ha adito le vie legali presso la corte distrettuale del distretto centrale della California sostenendo che l’Nps dovesse rimuovere la croce.
Nel gennaio del 2002, mentre il caso Buono giaceva ancora presso la corte distrettuale, il Congresso degli Stati Uniti è intervenuto nuovamente, dichiarando la croce memoriale nazionale e inserendola in un ristretto gruppo formato da altri 45 memoriali nazionali, tra i quali i famosi Washington Monument e il Jefferson Memorial.
Poco dopo, nel luglio 2002, la corte distrettuale ha sentenziato che la croce del Mojave costituisce una violazione dell’establishment clause e ha ordinato all’Nps di rimuoverla.
Anche in questo caso il Congresso ha deciso di intervenire, con un altro provvedimento, proibendo la rimozione e, nel 2003, approvando un’altra legge con la quale si è stabilito di cedere la proprietà di cinque acri della riserva nazionale del Mojave, attorno alla croce in questione, alla Veterans of Foreign War.
Sandoz, a sua volta, ha poi donato alla stessa riserva cinque acri confinanti di sua proprietà.
La legge a ogni buon conto ha stabilito che se usati per finalità diverse da quelle del mantenimento del memoriale, i cinque acri tornino nella proprietà del Governo.
Nel giugno del 2004, la corte d’appello del nono circuito, in un’opinione informale scritta dal giudice Alex Kozinski, confermava la sentenza della corte distrettuale, in quanto la croce viola l’establishment clause.
Il Governo non ha presentato opposizione.
Ciononostante, l’Nps ha proseguito nei passi per il trasferimento della proprietà di Sunrise Rock all’associazione dei veterani, causando la reazione di Buono, che ha chiesto alla corte distrettuale un’ingiunzione, in seguito accordata, di rimozione della croce e di proibizione al trasferimento della proprietà.
Un nuovo ricorso alla Corte d’appello si è risolto con la conferma della decisione della corte distrettuale e quindi la vicenda è approdata, nel febbraio scorso, alla Corte Suprema degli Stati Uniti.
Essendo il National Park Service sotto la giurisdizione del Dipartimento degli interni, il cui segretario è Ken Salazar, la causa è appunto fascicolata con il titolo Salazar vs Buono.
Nella sua memoria presentata alla Corte Suprema, Salazar ha puntato soprattutto su due argomentazioni.
In primo luogo ha sollevato un’eccezione di competenza della corte distrettuale a seguito della mancanza di titolo giuridico da parte di Buono, il quale, secondo la legge, deve dimostrare di avere sofferto un qualche danno, cosa ardua, essendo fra l’altro, un cattolico praticante.
Riguardo al merito della questione, invece, Salazar afferma che, non essendo più su terreno governativo, a seguito della decisione del Congresso del 2003, la croce non costituisce un endorsement del Governo rispetto al messaggio religioso e quindi non viola più l’establishment clause.
La posizione di Buono è invece la seguente: il suo diritto a rivolgersi alla corte è affermato da precedenti disposizioni della Corte Suprema che riconoscevano tale diritto a chiunque avesse avuto “un diretto e non voluto contatto con un simbolo religioso in una proprietà pubblica”.
Nel suo caso, Buono si sarebbe sentito offeso nell’imbattersi nella croce come cittadino, perché la croce testimonia la preferenza del Governo per una fede a scapito delle altre.
Inoltre, Buono contesta la possibilità da parte della Corte Suprema di esprimere sentenza riguardo al fatto che la croce violi o no l’establishment clause, perché sul punto si è già espressa la Corte d’appello nel 2004, senza che il Governo abbia fatto ricorso.
Secondo Buono, la Corte Suprema può solo giudicare se il provvedimento del Congresso del 2007, con il quale veniva trasferita la proprietà di Sunrise Rock all’associazione di veterani ponga fine o meno a tale violazione.
Chiaramente, secondo Buono la violazione persiste, perché anzitutto il Governo ha consentito a creare un memoriale nazionale prevedendo come unico simbolo la croce e non anche altri simboli religiosi.
In secondo luogo perché in realtà tale proprietà non è pienamente trasferita, in quanto condizionata proprio al mantenimento del memoriale.
Il Governo dunque rimane, per così dire, complice del messaggio religioso.
Il caso, quale ne sia l’esito, avrà, come detto, conseguenze importanti.
Se la Corte Suprema deciderà a favore di Buono, tale decisione imporrà ai Governi locali, statali e federale di rimuovere molti simboli religiosi dai memoriali disseminati nel territorio degli Stati Uniti.
Al contrario, se l’Alta corte afferma che la croce non viola l’establishment clause, molti Governi potrebbero essere autorizzati a dare preferenza a un gruppo religioso rispetto a un altro in parchi ed edifici pubblici.
Se infine la Corte Suprema decidesse che Buono non ha titoli per adire le vie legali si avrebbero conseguenze evidenti sulla possibilità dei cittadini di presentare reclami su argomenti simili.
La decisione della Corte Suprema è importante poi, come accennato, anche per un altro motivo: consentirà di osservare qual è la posizione del nuovo giudice Sonia Sotomayor sul rapporto fra Stato e religione, dopo che questa ha preso il posto di David Souter, considerato un fervente partigiano dell’assoluta indipendenza dello Stato dalle confessioni religiose.
(©L’Osservatore Romano – 8 ottobre 2009) Sono previste per oggi, 7 ottobre, le audizioni, presso la Corte Suprema degli Stati Uniti, delle parti coinvolte nel procedimento Salazar vs Buono, un caso che, partendo dalle dispute attorno a una piccola croce posta all’interno della riserva naturale del Mojave – nella contea di san Bernardino, in California – è arrivato a coinvolgere il tema della libertà religiosa negli Stati Uniti.
La decisione della Corte sarà importante anche per verificare la condotta del nuovo giudice Sonia Sotomayor sui delicati temi religiosi e sul rapporto fra Stato e religione.

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