A Praga il papa in difesa della ricristianizzazione

Per il suo tredicesimo viaggio all’estero, papa Benedetto XVI arriva sabato 26 settembre in uno dei paesi più scristianizzati d’Europa.
La sua venuta nella Repubblica ceca coincide con il 20° anniversario della “rivoluzione di velluto” che vide il crollo del regime comunista.
Questa visita di tre giorni non avrà il carattere storico di quella che il suo predecessore Giovanni Paolo II aveva effettuato nel 1990, incontrando il presidente ceco di allora, Vaclav Havel.
Ma Benedetto XVI dovrebbe ricordare lì l’importanza delle radici cristiane e della democrazia in Europa.
La Repubblica ceca “che si trova geograficamente e storicamente nel cuore dell’Europa, dopo aver attraversato i drammi del secolo scorso, ha bisogno di ritrovare le ragioni della fede e della speranza, come tutto il continente”, ha detto Benedetto XVI domenica 20 settembre.
Questo viaggio dà anche l’occasione di ritornare sul ruolo, contrastato, delle Chiese cristiane nei processi di democratizzazione degli ex paesi dell’Est e sul loro posto attuale.
“Bisogna distinguere diverse situazioni”, avverte lo storico Krysztof Pomian.
“Le Chiese ortodosse sono sempre state delle Chiese ‘statalizzate’, tanto in Russia che in Romania o in Bulgaria.
E, se una forma di dissidenza religiosa” appare negli anni ’70, essa è portata avanti solo da individui, sconfessati dalla gerarchia”, spiega lo storico polacco.
Anche all’interno dei paesi cattolici, le situazioni variano.
Per ragioni storiche, la Chiesa è debole nella Repubblica ceca: la rivolta religiosa del XV secolo, condotta dal riformatore Jan Hus, condannato a morte, ha lasciato profonde tracce.
“Imposta dal potere imperiale germanofono, la Chiesa cattolica vi è percepita, soprattutto a partire dal risveglio nazionale, come una religione straniera”, ricorda Pomian.
“Questo substrato creerà d’altronde una certa ricettività alla corrente socialdemocratica poi al comunismo ceco dopo la prima guerra mondiale”, aggiunge.
Durante il periodo comunista, la Chiesa conoscerà forti persecuzioni e le sue possibilità d’azione saranno limitate.
Negli anni ’80, certe chiese diventeranno comunque luoghi di raccolta della dissidenza.
Durante tutto questo periodo, la Polonia cattolica resta un caso a parte.
“È rimasta una potenza che potere comunista ha cominciato col trattare con riguardo, spiega Krysztof Pomian.
Poi sono venute le persecuzioni e l’internamento nel 1953 del cardinale primate di Polonia.
Dopo la sua liberazione nel 1956, si è installata una sorta di coabitazione conflittuale.
A partire dagli anni ’70, cambiamento di politica: la Chiesa diventa un interlocutore quasi ufficiale del potere.
Ciò non le impedisce di criticarlo, in particolare attraverso delle lettere pastorali lette nelle chiese.
Nel contesto dell’epoca, la Chiesa incarna una forza liberatrice.” L’elezione del papa polacco, Giovanni Paolo II, nel 1978 accentuerà questa dimensione.
“Sostenuta da un laicato cattolico forte, si può dire che la Chiesa polacca abbia accompagnato il movimento di contestazione.
Ma sicuramente non lo ha preceduto.
Del resto ha svolto il ruolo di moderatrice e di mediatrice tra le parti in campo”, aggiunge Pomian.
Nella Germania protestante, le parrocchie accoglieranno la contestazione nella seconda metà degli anni ’80.
Ma, come sottolinea lo storico, “nel regime comunista, ogni manifestazione di credenza religiosa acquisiva un significato politico.
I pastori hanno quindi svolto un ruolo di opposizione spirituale al regime.” Vent’anni più tardi, sembra che le Chiese non abbiano profittato appieno dell’avvento della democrazia.
La Repubblica ceca, con il suo 40% di atei, ne è un esempio.
E, anche in Polonia, dove, secondo Pomian, “la Chiesa come istituzione ha beneficiato della transizione democratica oltre i suoi meriti reali e dove mantiene un’influenza politica in certe regioni, si constata un riflusso e in particolare una diminuzione del numero di seminaristi e della pratica domenicale”.
“Il rinnovamento religioso atteso dopo il 1989 non sembra essere avvenuto”, dichiara lo storico.
in “Le Monde” del 27 settembre 2009 (traduzione: www.finesettimana.org)

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