Luigi Berlinguer, parlamentare europeo del Pd, ex ministro dell’Istruzione, ed ex professore.
Che ne pensa dell’analisi del professor Ricolfi? «La trovo piuttosto cupa.
Anche se il suo è un testo di grande interesse».
Non le piace questa idea di una scuola che recuperi un suo rigore? «Io credo che il vero rigore sia dato da un codice condiviso».
Che invece non c’è? «A me pare che la scuola non sia più in grado di sollecitare l’interesse dei ragazzi».
E come si recupera questo rapporto? «Intanto col porre l’accento sull’apprendere invece che sull’insegnare.
Dobbiamo, cioè, puntare a che l’allievo si interessi, studi e impari in profondità, non solo teoricamente».
Si fa presto a dirlo.
La via quale sarebbe? «Iniziare dall’esperienza.
Non dalla lezione, non dalla teoria.
Ma semmai dal laboratorio, dal fare.
Utilizzando in questo quanto di positivo può venire dalle nuove tecnologie.
Mentre qui siamo rimasti alla scuola dell’Ottocento con la cattedra e i banchi, la lezione frontale, il docente e il discente.
Allora si andava sul calesse e si comunicava gridando da una collina all’altra.
Ora ci sono i jet e si comunica via Skype.
Immutati sono rimasti solo la cattedra e i banchi».
E’ sicuro che l’esperienza generi interesse? «Certamente ed è anche dimostrato dal vissuto della scuola elementare italiana, dove si svolgono molte attività creative.
Poi dopo, alle superiori, tutto questo scompare, perché ci portiamo ancora appresso l’impostazione idealista per cui si deve iniziare dalla teoria e non dall’osservazione della realtà».
Occorre rivedere la gerarchia dei saperi? «Assolutamente sì.
Ma quando si parla della scuola si parla di tutto – l’aggiornamento, l’organizzazione, la valutazione, i nuovi esami e quant’altro – ma mai di questo».
Faccia un esempio.
«Non possiamo fare finta che non esistano nuove fonti di informazione e di formazione.
Le tecnologie sono entrate nella vita dei ragazzi, introducendo anche nuovi metodi e nuovi approcci al sapere».
Più pratica, quindi, più laboratori? «La conoscenza deve cominciare dal contatto con la realtà e non con la lezione teorica.
E’ importante saper parlare prima di sapere cosa sia il dittongo.
Questo può stimolare nei ragazzi un desiderio di conoscere, che poi approderà anche ad un inquadramento teorico, beninteso, ma come punto di arrivo e non come inizio».
Siamo sicuri che funziona, professore? «Abbiamo di fronte l’esperienza della scuola finlandese, che l’Ocse considera la migliore scuola del mondo: questo tipo di metodo funziona».
Una proposta finale, prego.
«Due.
Centralità della conoscenza sperimentale.
E che si introduca la pratica della musica in tutte le scuole».
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