“Siamo convinti che una Conferenza di tutte le Chiese europee possa, concordemente, rispondere al meglio al comandamento sacro del ristabilimento della comunione ecclesiale e servire l’uomo contemporaneo posto di fronte a una moltitudine di problemi complessi”: è la proposta lanciata ieri, domenica, dal Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo, all’assemblea della Conferenza delle Chiese europee (Kek) in corso di svolgimento a Lione dal 15 al 21 luglio.
Nel testo dell’allocuzione quel “tutte” appare in neretto, a sottolineare la volontà del Patriarca ortodosso di allargare, di “migliorare l’impegno ecumenico” già garantito dalla cooperazione tra la Kek e il Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (Ccee).
”Proponiamo – ha detto Bartolomeo – di porre in essere un modo di cooperare meglio organizzato e strutturato fra queste due istanze”.
Al riguardo, il Patriarca ecumenico ha ricordato che “la Chiesa di Costantinopoli aveva proposto, durante l’ottava assemblea della nostra conferenza”, tenuta all’Accademia ortodossa di Creta nel 1979, “che la Chiesa cattolica romana divenisse in futuro membro della Kek”.
Bartolomeo non nasconde che “questa sfida non è facile e che si mostrerebbero necessari dei lavori preparatori e degli emendamenti ai relativi regolamenti”.
Tuttavia, la creazione di una Conferenza di tutte le Chiese europee consentirebbe “di promuovere più efficacemente il dialogo delle Chiese d’Europa con le istituzioni europee e l’Unione europea”.
Questo dialogo, “instaurato da molto tempo dalla nostra Chiesa”, ha detto ancora Bartolomeo, è “prezioso e necessario non solo per le Chiese ma anche per le istanze politiche dell’Unione europea, e soprattutto per i popoli dell’Europa”.
La risposta da parte cattolica non si è fatta attendere.
Interpellato dai giornalisti a margine dell’assemblea della Kek, l’arcivescovo di Lione, cardinale Philippe Barbarin, ha detto – riferisce il Sir – che scriverà direttamente al Papa per informarlo dell’idea lanciata da Bartolomeo.
“Il Patriarca – ha dichiarato il porporato – ha espresso la speranza che si intensifichino i rapporti con la Chiesa cattolica ed è andato oltre questa affermazione”.
Barbarin, come del resto ricordato da Bartolomeo, ha spiegato che tale proposta non rappresenta una novità perché la questione è già stata posta dalle Chiese in passato, aggiungendo che ciò implicherebbe “modificazioni strutturali abbastanza importanti” e una certa correlazione con la non partecipazione della Chiesa cattolica al Consiglio ecumenico delle Chiese.
L’arcivescovo di Lione ha tenuto a distinguere due piani: da una parte “il terreno concreto della collaborazione che esiste e può essere sicuramente intensificato”, dall’altra “la questione dell’integrazione della struttura che presuppone una riflessione”.
L’appello, “forte, pieno di speranza e fraterno”, è stato tuttavia “ascoltato”.
Al riguardo, il presidente della Kek, Jean-Arnold de Clermont, ritiene “possibile avere un Consiglio di tutte le Chiese cristiane in Europa”, un luogo attorno al quale “si incontrano tutti i cristiani d’Europa per elaborare un messaggio comune da portare alle società europee”.
Tornando al discorso del Patriarca ecumenico, egli ha sottolineato “le nostre responsabilità e i nostri obblighi nei confronti della Kek” e quelli che “ci spettano riguardo al comandamento di nostro Signore”, il quale “ci impone di fare tutto il possibile per ristabilire la piena comunione fra le Chiese cristiane in Europa”.
Rifacendosi al tema dell’assemblea riunita a Lione – Chiamati a una sola speranza in Cristo – Bartolomeo ribadisce che “ciò costituisce la nostra speranza e la nostra incrollabile convinzione”.
La Conferenza delle Chiese europee festeggia quest’anno il cinquantesimo anniversario della fondazione.
Mezzo secolo caratterizzato, secondo il Patriarca di Costantinopoli, da tante luci ma anche da qualche ombra.
Durante questo periodo – ha detto – “sono stati elaborati innumerevoli documenti di tenore ecumenico, testi di grande profondità teologica, come la Charta oecumenica, che è il frutto degli sforzi congiunti di tutte le Chiese d’Europa, e cioè della Kek e della Ccee”.
Tuttavia, ricorda Bartolomeo, “come è stato sottolineato nel messaggio della iii Assemblea ecumenica europea, a Sibiu nel 2007, numerose proposizioni della Charta non sono state né assorbite dalla coscienza dei nostri fedeli né, a fortiori, applicate dalle nostre Chiese”.
Sono restate “lettera morta”, incapaci di produrre i risultati positivi sperati.
La conclusione è che “i nostri discorsi si dimostrano non essere coerenti con i nostri atti”, circostanza che “intacca la credibilità delle nostre Chiese e dà l’impressione, tanto all’interno che all’esterno, che esse sono incapaci di trovare delle soluzioni ai problemi esistenti”.
Un aspetto toccato anche da fratel Alois, priore della comunità ecumenica di Taizé, che nella meditazione tenuta sabato a Lione nel tempio della Chiesa riformata si è chiesto: “Come essere credibili, parlando di un Dio dell’amore, se i cristiani restano separati?”.
L’avvenire della nuova Europa in costruzione, senza i valori spirituali cristiani, “che toccano tutto ciò che concerne il sostegno e la protezione della persona umana e della sua dignità”, è “buio, perfino incerto”, ha concluso il Patriarca ecumenico di Costantinopoli.
(giovanni zavatta) (©L’Osservatore Romano – 20-21 luglio 2009)
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