Classe terza – Giugno

Seconda fase dell’attività Gli insegnanti presentano l’ultimo testo-guida, riguardante il termine della vita umana.
4) La conclusione dell’avventura Quale “buona morte”? – Morire con dignità Il termine “eutanasia” ha, di per sé, un significato positivo: “buona morte”.
Morire con dignità significa, per ogni essere umano, affrontare questo inevitabile momento, per quanto possibile, in modo sereno…
cosa può significare? In un contesto fortemente “tecnologico”, accettare la dimensione di un mistero non riducibile alla nostra misura diviene sempre più difficile: si vorrebbe poter controllare razionalmente anche la propria morte, poterla gestire…
Questa tendenza, nella visione materialistica prevalente oggi, può condurre alla convinzione di essere padroni assoluti della propria vita, di poter scegliere, al limite, quando e come interromperla; questo potere su di sé, questo voler essere il Dio di se stessi sembra rientrare in un’ottica di lotta disperata per “salvare il salvabile”, soffrendo il meno possibile in un’esistenza fondamentalmente inspiegabile, forse priva di senso, forse frutto soltanto di un caso che condanna gli esseri umani a vivere come animali troppo intelligenti e consapevoli.
Il Cristiano ritiene di non poter in nessun caso disporre della vita altrui e propria, che è dono di Dio: soltanto Lui può decidere quando debba iniziare e finire, per il bene di ciascuno dei suoi figli; Egli soltanto conosce il mistero di ogni esistenza, unica e irripetibile, donata perché l’amore venga appreso e vissuto.
Ogni essere umano può trovare il senso della vita anche attraverso la sofferenza, che può essere un mezzo di crescita eccezionale per scoprire ciò che realmente conta: l’assoluta esigenza dell’amore dato e ricevuto come unico senso possibile dell’avventura terrena.
Si comprende il significato del “darsi” nella solidarietà e del ricevere e l’incommensurabile valore di ogni persona, a partire dai propri cari, quando si farebbe qualsiasi cosa ‒ e si perde così ogni egoismo ‒ per evitare a qualcuno la sofferenza, quando ci si accorge sulla propria pelle che l’amore soltanto l’allevia realmente…
È evidente come le gravi difficoltà ci offrano occasioni ineguagliabili per diventare ciò che possiamo realmente essere…
al massimo grado: responsabili, pronti ad apprezzare i valori autentici.
Secondo l’uomo di fede, l’avventura più importante e conclusiva dell’esistenza terrena, il passaggio alla vita piena con Dio attraverso l’oscuro tunnel della morte, può essere affrontata serenamente con il suo aiuto e il sostegno dei propri cari.
Le sofferenze conclusive della vita possono avere senso come tutte le altre, se vissute insieme a un Padre che non permette nulla che non conduca a varcare una “nuova soglia”.
Il nostro stesso coraggio, quando viene a galla, non manca di spalancare nuovi orizzonti, di farci evolvere e diventare nuovi.
Lo stato di malattia grave, anche cronico e irreversibile, rappresenta comunque una condizione di vita, delicata e misteriosa: secondo i Cristiani, ipotizzare un’interruzione della vita “per pietà” rappresenta un pericoloso arbitrio.
L’essere umano è imperfetto: può agire per sottile egoismo e non per amore, per il desiderio inconscio di eliminare i problemi troppo grossi ‒ come occuparsi per anni di un lungodegente, o di una persona in coma o comunque in stato di incoscienza…
‒ In sintesi, gestire con dignità morte e malattia può comportare, secondo una certa ottica, il diritto illimitato all’autogestione della propria esistenza, fino al suicidio assistito chiamato eutanasia; in un’altra ottica, la persona umana non può avere questo diritto, né chiedere ad altri di essere suoi complici: il suicidio assistito comporta l’intervento medico.
Anche molti non cristiani condividono con i credenti l’idea che il rifiuto dell’eutanasia non rientri in una questione di opinioni, ma che esprima la difesa di un principio universalmente condivisibile: quello del rispetto assoluto del mistero della vita, della “sacralità” della vita.
«Perché lasciare ai soli cristiani l’onere e l’onore di difendere il valore della vita?» affermava il filosofo torinese Norberto Bobbio, non credente.
– L’eutanasia L’eutanasia è un intervento medico indolore mirato ad abbreviare o decisamente sopprimere la vita, su richiesta di un malato cosciente.
Si può verificare soprattutto in situazioni-limite di malattia terminale mortale, dolorosa e causa di degrado della persona.
Sembrerebbe particolarmente legata a un pericolo di abuso tale scelta da parte di un “tutore” che decida al posto di un malato incosciente.
«L’esperienza dimostra che molti malati terminali temono più la sofferenza o il dover dipendere dagli altri, che la morte» osserva Daniel Kevles, esperto in bioetica.
Il più delle volte, l’eliminazione del dolore e l’assistenza psicologica fanno scomparire questa richiesta.
Chiedere di morire è spesso una disperata richiesta di aiuto, a cui in campo medico è doveroso rispondere con i massimi sforzi nell’ambito innanzitutto della terapia del dolore! Leggi che autorizzassero l’eliminazione di un malato con enormi esigenze potrebbero significare una pericolosa tendenza al disimpegno nei confronti della ricerca di una sempre migliore assistenza.
Afferma l’anziano senatore Giulio Andreotti: «Mi preoccupa la deriva disumana cui si andrebbe incontro, ho paura degli scivolamenti.
Se si afferma che l’eutanasia è lecita giuridicamente, temo che ci si avvii verso una china di disumanità, per cui si rischia di discutere se la malattia è curabile o no, se i vecchi sono necessari o inutili…».
La Chiesa cattolica, nel corso di tutta la sua tradizione, ha sempre condannato l’eutanasia vera e propria in quanto «uccisione deliberata, moralmente inaccettabile, di una persona umana» (EV, 65).
– L’accanimento terapeutico «È lo sforzo di prolungare a oltranza e con ogni mezzo fornito dalla tecnologia medica, la vita dei malati terminali, nonostante la loro sofferenza e impotenza.
Si tratta di interventi sproporzionati ai risultati che si potrebbero ottenere in situazioni in cui la morte si preannuncia imminente e inevitabile.
Certo, curarsi è un dovere.
Ma la rinuncia a mezzi straordinari sproporzionati non equivale certo al suicidio o all’eutanasia» (Carlo Fiore in Etica per giovani, ElleDiCi, p.
301).
Tali mezzi potrebbero essere per esempio interventi chirurgici effettuati senza speranza di guarigione, unicamente prolungando l’esistenza per breve tempo, con sofferenze aggiuntive.
Anche l’accanimento terapeutico è inaccettabile per il cristiano: può essere un voler “forzare la mano di Dio” in modo opposto all’eutanasia, ma altrettanto poco rispettoso della vita nel suo naturale concludersi.
– Le cure palliative Esse sono attente alla qualità della vita che resta; si basano sulle migliori terapie antidolorifiche possibili, ma anche sull’atteggiamento di presenza costante di chi assiste e di attenzione alle esigenze di un malato mai solo; sull’“umanizzazione” del ricovero ospedaliero e del rapporto tra medico e paziente.
Secondo lo studioso di bioetica G.
Russo, l’eutanasia è dunque «una risposta semplicistica e sbrigativa nei confronti di sentimenti umani come il dolore e lo smarrimento angoscioso della sofferenza.
La richiesta di eutanasia, da qualunque parte venga (paziente, medico, società), è soltanto l’evidenziarsi di una triste realtà di mancanza di effetti, mancanza di cure, solitudine».
Terza fase dell’attività L’insegnante di scienze potrà approfondire alcuni aspetti fondamentali a sua scelta; l’insegnante di religione proporrà il seguente questionario agli allievi, perché sintetizzino le conoscenze ed elaborino opinioni personali, dopo aver letto con attenzione tutti i testi-guida.
1) Definisci con parole tue i seguenti concetti.
– Bioetica.
– Embrione e cellule staminali.
– Eutanasia.
– Accanimento terapeutico.
– Cure palliative.
2) Secondo te, è giusto ricercare “principi universali” validi per tutti gli esseri umani? La difesa della vita fa parte di questi principi? Se sì, in quali modi condivisibili da tutti la vita può essere tutelata? 3) Secondo un determinato modo di intendere l’esistenza, la persona umana può disporre della vita: la propria, anche decidendo di porvi fine, e anche quella altrui, con l’interruzione volontaria di gravidanza o decidendo, al posto di un malato non cosciente, di interromperne l’esistenza per il suo bene.
Secondo questa posizione, il medico dovrebbe poter accondiscendere legittimamente alle richieste.
Un’altra ottica ritiene che la vita umana, al contrario, sia indisponibile; che le richieste di morte siano in realtà richieste di aiuto a cui è doveroso rispondere con il massimo della solidarietà umana e con le cure palliative, non agendo come chi, per rispettare la libertà di un uomo che scavalca il parapetto per buttarsi nel fiume, gli darebbe una spinta per aiutarlo…
– Quali sono le motivazioni di chi aderisce alle due diverse visioni sulla disponibilità della vita? – Qual è la posizione della Chiesa cattolica? – Esprimi, se te la senti, una tua opinione, motivandola.
Per l’inserimento dell’argomento in Unità di Apprendimento articolate, vedere Tiziana Chiamberlando, Sentinelle del Mattino, SEI, Volume per la classe terza e Guida.
Unità di lavoro interdisciplinare (religione, scienze)  Seconda parte OSA di riferimento per l’Irc Conoscenze  – Fede e scienza, letture distinte ma non conflittuali dell’uomo e del mondo.
– Vita e morte nella visione di fede cristiana.  Abilità  – Confrontare spiegazioni religiose e scientifiche del mondo e della vita.
– Descrivere l’insegnamento cristiano sui rapporti interpersonali, l’affettività e la sessualità.
– Motivare le risposte del Cristianesimo ai problemi della società di oggi.
– Confrontare criticamente comportamenti e aspetti della cultura attuale con la proposta cristiana.  Obiettivi Formativi ipotizzabili Conoscenze e abilità – Conoscere e descrivere:  termini e concetti fondamentali riguardanti la bioetica; la posizione della Chiesa cattolica su alcune questioni di bioetica, nel confronto con opinioni diverse.
– Esprimere opinioni motivate sui “vincoli morali” che la scienza dovrebbe avere e sul concetto di “tutela della vita umana”.
Competenze di riferimento dell’allievo in prospettiva triennale  – Saper prendere in considerazione il progetto di vita cristiano e la visione cristiana dell’esistenza.
– Sviluppare interesse alla distinzione tra bene e male, alla ricerca della verità.  1) Dalla Dichiarazione sull’eutanasia della “Congregazione per la dottrina della fede” della Chiesa cattolica.
«Bisogna ribadire con tutta fermezza che nessuno può autorizzare l’uccisione di un essere umano, feto o embrione, bambino o adulto, vecchio malato incurabile o agonizzante.
Nessuno può richiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro affidato la sua responsabilità, né può acconsentirvi.
Nessuna autorità può imporlo o permetterlo.
Si tratta infatti della violazione di una legge divina, di una offesa alla dignità della persona umana, di un crimine contro la vita, di un attentato contro l’umanità».
2) Dal Manifesto dell’eutanasia firmato, nel 1973, da 37 personalità del mondo culturale.
«È crudele e barbaro esigere che una persona venga mantenuta in vita contro il suo volere, che le si rifiuti l’auspicata liberazione quando la sua vita ha perduto qualsiasi dignità, bellezza, significato, prospettiva di avvenire…
Ogni individuo ha diritto di vivere con dignità, ha anche il diritto di morire con dignità».
3) Da un documento della Pontificia Accademia per la Vita.
«È dichiarando curabile il dolore e proponendo come impegno di solidarietà l’assistenza verso colui che soffre, che si afferma un vero umanesimo: il dolore richiede amore e condivisione solidale, non la sbrigativa violenza della morte anticipata.
Il cosiddetto principio di autonomia, con cui si vuole talvolta esasperare il concetto di libertà individuale, non può certo giustificare la soppressione della vita propria o altrui: l’autonomia personale, infatti, ha come presupposto primo l’essere vivi, e reclama la responsabilità dell’individuo, libero per fare il bene secondo verità…».
4) Sull’accanimento terapeutico.
«Sappiamo che non è facile tracciare una linea netta di demarcazione tra la cura dell’ammalato e l’accanimento terapeutico, cioè quando un trattamento non è più una cura ma diventa una violenza contro la persona.
Però sappiamo anche che la persona, nel prendere una decisione, deve tener presenti i seguenti elementi oggettivi.
Anzitutto che la vita non è in potere dell’uomo.
L’uomo porta in sé il dovere di vivere la sua vita in tutta la sua estensione.
È un talento che deve far fruttificare e di cui dovrà rendere conto.
Ma se non ha diritto alla morte, non ha neppure il dovere di conservare la sua vita a ogni costo.
C’è un limite oltre il quale può decidere di non essere più curato.
Quando? Possiamo cercare di offrire dei criteri oggettivi che servono da guida nella formulazione di questo giudizio.
Si possono rifiutare le cure quando si constata che la terapia è inefficace o inutile; quando è penosa e procura sofferenza e umiliazione, senza produrre risultati significativi; quando si utilizzano mezzi terapeutici sproporzionati ed eccezionali, senza previsioni di miglioramento.
Sospendere le cure sproporzionate non significa interrompere le cure ordinarie.
E tra le cure ordinarie dobbiamo mettere l’alimentazione e l’idratazione, anche quando sono realizzate in modo diverso da quello comune.
E dobbiamo contemplare adeguate terapie contro il dolore, anche se possono accorciare la vita» (Giordano Muraro).

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