Agora

di Maria de falco marotta Alejandro Amenábar, è un regista “difficile”.
Affronta con rigore i temi più controversi del nostro vivere quotidiano, premio Oscar per l’intimista Mare dentro che noi abbiamo visto alla Mostra di Venezia , ponendo poi domande all’autore, dice che il suo film da quasi 50 milioni di euro Agora portato al Festival di Cannes 2009 fuori Concorso, ha l’obiettivo di “far sentire il pubblico come se stesse seguendo una troupe della CNN mentre documenta qualcosa che accade nel IV secolo dopo Cristo”.
Bisogna credergli: E’ talmente serio, giovane e introverso che sicuramente il suo lavoro sarà apprezzato da molti.
Ma non da tutti.
Nell’Egitto del IV secolo a.C, la storia di Hypatia di Alessandria, primo astronomo-filosofo donna dell’Occidente.
Spinto dal desiderio di raccontare una storia su Romani e Cristiani nell’Antico Egitto, il regista spagnolo di origine cilena ha individuato la sua eroina nella figura di Ipazia, figlia di Teone, ultimo direttore della celeberrima biblioteca di Alessandria, e donna simbolo della tolleranza della società greco-romana di quel tempo.
Con la sua Himenóptero, Amenábar ha coinvolto la Mod Producciones di recente creazione e Telecinco Cinema, mettendo assieme un cast internazionale che recitasse in lingua inglese e permettesse di lanciare il film sul mercato internazionale.
A vestire la tunica di Ipazia è la star britannica Rachel Weisz (The Constant Gardener, La Mummia).
La vediamo insegnare astronomia, matematica e filosofia ai suoi allievi, in quel tempio della saggezza che doveva essere allora la Biblioteca alessandrina.
Ma mentre tra quelle mura si discetta di Aristotele e si preconizza l’eliocentrismo, per le strade e le piazze della città governata dall’Impero Romano d’Oriente cresce ed esplode il dissidio tra le religioni: cristiani contro pagani ed ebrei.
Presto i parabalani incappucciati(funzionari romani che disdegnano la propria vita per la causa della Chiesa.
In genere, sono attivisti, monaci, guerrieri e becchini, fanatici, ignoranti, violenti ) spingeranno la folla ad attaccare nel nome di Cristo gli adoratori degli déi e, nonostante la mediazione romana, la Biblioteca verrà saccheggiata e distrutta.
Il resto è storia, con la sola eccezione del servo Davus, personaggio inventato, interpretato dal giovane inglese Max Minghella.
Lo spettatore potrebbe trovare noiose e fintamente intellettuali le numerose discussioni “scientifiche” ma quello che non sfuggirà è la scelta di portare sul grande schermo questa martire del paganesimo che ha tutto l’aspetto di un attacco frontale del regista al Cristianesimo e non genericamente al fanatismo religioso.
All’uscita di Agora difficilmente le stanze del Vaticano apprezzeranno le scene in cui i cristiani sbudellano la gente urlando come invasati o vengono visualizzati come formiche nere che si affrettano sulla preda con una efficace ripresa dall’alto velocizzata.
Chi è il regista Alejandro Amenábar (Santiago del Cile, 1972) è figlio di madre spagnola e di padre cileno.
La sua famiglia si trasferisce in Spagna quando lui ha un anno, facendolo crescere e studiare a Madrid.
Scrive, produce e dirige il suo primo cortometraggio, “La cabeza”, a 19 anni, e ne ha 23 quando debutta nel lungometraggio con “Tesis” che in Spagna riceve molti premi.
Il suo “Apri gli occhi” riscuote in Spagna un enorme successo e viene distribuito in tutto il mondo: è stato ultimamente oggetto di un remake hollywoodiano diretto da Cameron Crowe e intitolato “Vanilla Sky”, con Tom Cruise (che ne è anche il produttore), Penelope Cruz (protagonista anche della versione originale) e Cameron Diaz.
“The Others” – interpretato in modo perfetto da Nicole Kidman e prodotto da Tom Cruise – è il suo primo film girato in lingua inglese, presentato alla Mostra di Venezia, dove ha riscosso un grande successo di pubblico e critica.
Ha realizzato la colonna sonora di tutti i suoi film, nonchè di molti altri, tutti iberici.
Nel 2004 gira “Mare dentro”, un film sulla vita del tetraplegico Ramon Sampedro e il delicato tema dell’eutanasia, che segna una svolta nel suo cinema che riceve premi dal Festival di Venezia, da E.F.A., il premio Goya, e la candidatura al premio Oscar come miglior film straniero.
Presentando a Cannes 2009 Agorà(piazza, assemblea) ha dichiarato: «Il mio Agorà contro ogni fondamentalismo.
Ipazia (Rachel Weisz) filosofa e scienziata, martire del politeismo ad Alessandria, capitale culturale del Mediterraneo nel IV secolo della nostra era, controllata dall’Impero romano d’Oriente e centro di attriti tra il politeismo e i due monoteismi, l’uno frutto dell’eresia dell’altro: giudaismo e cristianesimo.
La vergine Ipazia – aggiunge- era uno spirito aperto, praticava la misericordia e fu torturata e uccisa dai cristiani alla vigilia del tracollo del mondo classico.
La sua vicenda ricorda – in senso opposto – quella di Gesù».
Attorno a lei, gli ex allievi, l’aristocratico (Oscar Isaac), convertito al cristianesimo onde avere la carriera pubblica che si aspettava; e lo schiavo (Max Minghella, figlio di Anthony), fanatico nella nuova fede.
In Agorà i ruoli di buoni e cattivi sono distribuiti per fazione.
Il tragico degli scontri politico-religiosi è che ognuno ha le sue ragioni” Il film: titolo internazionale: Agora titolo originale: Agora paese: Spagna, USA anno: 2009 genere: fiction regia: Alejandro Amenábar data di uscita: ES 02/09/2009 sceneggiatura: Alejandro Amenábar, Mateo Gil cast: Rachel Weisz, Max Minghella, Oscar Isaac, Ashraf Barhom, Michael Lonsdale, Rupert Evans, Homayoun Ershadi fotografia: Xavi Giménez scenografia: Guy Dyas costumi: Gabriella Pescucci musica: Alejandro Amenábar produttore: Fernando Bovaira produzione: Mod Producciones, Himenoptero, Telecinco Cinema distributori: Mars Distribution (FR) rivenditore estero: Focus Features International Chi era questa straordinaria scienziata? Ipazia era l’erede della Scuola alessandrina, la più notevole comunità scientifica della storia dove avevano studiato Archimede, Aristarco di Samo, Eratostene, Ipparco, Euclide, Tolomeo… e i geni che hanno gettato le fondamenta del sapere scientifico universale.
Filosofa neoplatonica, musicologa, medico, scienziata, matematica, astronoma, madre della scienza sperimentale (studiò e realizzò l’astrolabio, l’idroscopio e l’aerometro).… e, come scrisse Pascal, «ultimo fiore meraviglioso della gentilezza e della scienza ellenica».
Nei suoi settecento anni la Scuola alessandrina aveva raggiunto vette talmente elevate nel campo scientifico, che sarebbe bastato lasciar vivi e liberi di studiare Ipazia e i suoi allievi per acquisire 1200 anni in più di progresso.
Ma su Ipazia e sull’intera umanità si abbatté la più grossa delle sventure: l’ascesa al potere della Chiesa cattolica e il patto di sangue stipulato con l’impero romano agonizzante.
Questo patto – oltre alla soppressione del paganesimo – prevedeva la cancellazione delle biblioteche, della scienza e degli scienziati, l’annullamento del libero pensiero, della ricerca scientifica (nei concilî di Cartagine, infatti, fu proibito a tutti – vescovi compresi – di studiare Aristotele, Platone, Euclide, Tolomeo, Pitagora etc.).
Alla donna doveva essere impedito l’accesso alla religione, alla scuola, all’arte, alla scienza.
In poche decine di anni il piano venne quasi interamente realizzato.
Ma Ambrogio, Giovanni Crisostomo, Agostino e Cirillo – i giganti del nascente impero della Chiesa – trovarono, sulla loro strada lastricata di roghi e di sangue, un ultimo impedimento: una giovane bellissima creatura a capo della Scuola alessandrina, una scienziata con una dirittura morale impossibile da piegare la quale, al termine d’una giornata di studio e di ricerca, si gettava sulle spalle il tribon – il mantello dei filosofi – e se ne andava in giro per Alessandria a spiegare alla gente – con ingegno oratorio e straordinaria saggezza – cosa volesse dire libertà di pensiero, l’uso della ragione.
E Cirillo, vescovo e patriarca di Alessandria, ordì il martirio di Ipazia.
Uccidere ingiustamente un qualunque essere umano è troncare una vita, spezzare una possibilità, ma trucidare una creatura come Ipazia è arrecare un danno incalcolabile all’umanità intera, è uccidere la speranza nel progresso umano.
Questo delitto segnò la fine del paganesimo, il tramonto della scienza e della dignità stessa della donna.
Segnò la definitiva affermazione del gruppo più astuto, raffinato, vorace, spietato e feroce prodotto dalla specie umana: da quel marzo del 415 d.C.
la Chiesa Cattolica, oltre a imprigionare, torturare, bruciare vivi popoli interi, incatenò la mente degli uomini per manovrarli, dirigerli, dominarli, alleandosi sempre con il potere e con l’ingiustizia.
Nessun mea culpa potrà mai restituire all’umanità tanto sangue innocente e tanti secoli di progresso mancato.
In quel 415 d.C.
a nulla valse la voce isolata del prefetto Oreste, che cercò inutilmente di difendere e di salvare la scienziata.
Quando giunse ad Alessandria, Oreste si recò a rendere omaggio a Ipazia, astro incontaminato della sapiente cultura.
Da lei apprese che non poteva definirsi realmente pagana perché «qualunque religione, qualunque dogma, è un freno alla libera ricerca, e può rappresentare una gabbia che non permette d’indagare liberamente sulle origini della vita e sul destino dell’uomo».
Ipazia gli raccontò che dopo l’incendio della biblioteca, il prefetto Evagrio le aveva proposto di convertirsi al cristianesimo in cambio di maggiori sovvenzioni per la sua scuola e che lei aveva rifiutato dicendo: «Se mi faccio comprare, non sono più libera.
E non potrò più studiare.
È così che funziona una mente libera: anch’essa ha le sue regole».
Dopo il massacro di Ipazia, il vescovo e patriarca Cirillo governò Alessandria da padrone assoluto per i successivi trent’anni.
I libri di Ipazia e di tutta la Scuola alessandrina furono bruciati (con la sola eccezione del suo commento alla Syntaxis), la sua memoria cancellata.
A parte Ierocle (di cui sono rimaste solo due modeste opere di filosofia neoplatonica) e il poeta Pallada che con i suoi versi cantò l’irreprensibilità dei costumi, l’alto sentire, l’accuratezza e il savio giudicare della filosofa e scienziata alessandrina, tutti i discepoli della scienziata scomparvero e di loro, del loro pensiero, delle loro opere, nulla è rimasto.
Alcuni riuscirono ad emigrare in India (tra cui Paulisa, autore dell’opera astronomica Paulisa siddhānta), importandovi le ultime scoperte di trigonometria ed astronomia.
Ci è pervenuta, però, una parte dell’opera di uno degli allievi preferiti di Ipazia: Sinesio di Cirene, vescovo di Tolemaide.
Dalle sue lettere indirizzate alla maestra, si apprende che Ipazia è stata la madre della scienza moderna in quanto, all’analisi teorica dei problemi di fisica e di astronomia, faceva seguire la sperimentazione pratica (il grande matematico del ‘600 Pierre de Fermat, studiando l’idroscopio realizzato dalla scienziata alessandrina, rese omaggio «alla grande Ipazia, che fu la meraviglia del suo secolo»).
Mentre la sua maestra era ancora in vita, Sinesio scriveva: «L’Egitto tien desti i semi di sapienza ricevuti da Ipazia».
Le testimonianze antiche su Ipazia sono offerte, principalmente, da quattro storici: Socrate Scolastico (Storia Ecclesiastica), Filostorgio (Storia Ecclesiastica), Sozomeno (Storia della Chiesa) – tutti contemporanei di Ipazia -, e Damascio, ultimo direttore dell’Accademia platonica di Atene, che scrisse di lei 50 anni dopo il suo massacro.
Ambrogio, Giovanni Crisostomo, Agostino e Cirillo vennero fatti santi.
Sant’Ambrogio, San Giovanni Crisostomo, Sant’Agostino e San Cirillo d’Alessandria sono stati elevati, inoltre, al rango di dottori e padri della Chiesa universale.
Per i successivi 1200 anni la Chiesa di Roma manovrò principi, re ed imperatori per tenere a freno il suo più acerrimo nemico: il sapere, la conoscenza.
Soprattutto la scienza della Scuola alessandrina.Il 17 febbraio dell’Anno Santo 1600 la Chiesa di Roma fece bruciare vivo Giordano Bruno, il filosofo e scienziato che aveva studiato gli atomisti greci e che attraverso le opere di Democrito aveva capito l’essenza di quegli universi infiniti che Ipazia aveva intuito.
Il 22 giugno 1633 la Chiesa di Roma fece imprigionare ed abiurare il padre della scienza moderna Galileo Galilei, il quale aveva proseguito l’opera iniziata dalla Scuola alessandrina e da Ipazia nella sperimentazione della scienza e che, nel Dialogo sui massimi sistemi del mondo, aveva avuto il coraggio di proporre l’ipotesi eliocentrica che Aristarco di Samo aveva formulato nel 280 a.C.
nella Scuola alessandrina e che Ipazia aveva elaborato.
Papa Pio XII nel 1944, per festeggiare i 1500 anni della morte di San Cirillo d’Alessandria (la cui opera teologica è alla base del dogma della Vergine Madre di Dio) promulgò l’enciclica Orientalis Ecclesiae, per «esaltare con somme lodi» e «tributare venerazione a San Cirillo», a colui che aveva cacciato e fatto massacrare ebrei, nestoriani, novaziani (chiamati catari – puri) e pagani da Alessandria d’Egitto.
Il vescovo-patriarca S.
Cirillo aveva studiato per cinque anni – dal 394 al 399 – nel monastero della montagna della Nitria, nel deserto di San Marco, e lì era stato ordinato Lettore.
In questo monastero aveva stretto vincoli di amicizia con gran parte dei monaci parabolani (di cui si servì per sterminare ebrei, nestoriani, novaziani e pagani) e soprattutto con Pietro il Lettore, a cui sedici anni dopo ordinò di trucidare Ipazia… l’ultima voce libera, l’ultima luce femminile di sapienza dell’antichità.
Purtroppo le donne che tentarono di studiare e d’inserirsi nel mondo della scienza dovettero combattere su due fronti: il primo risaliva ai tempi di Platone, che le considerava esseri inferiori per natura (e questo sembra incredibile: Platone, Aristotele e i più grandi pensatori che ha prodotto il genere umano, che hanno dato vita all’attuale libertà di pensiero, ebbene… consideravano la donna inferiore per natura); il secondo… il ruolo secondario assegnatole proprio dai padri fondatori della Chiesa (Sant’Agostino… e San Giovanni Crisostomo che affermò che la donna porta il marchio di Eva e che Dio non le ha concesso il diritto di ricoprire cariche politiche, religiose o intellettuali).
Infatti se Ipazia fosse stata uomo, l’avrebbero solamente uccisa.
Essendo donna, dovevano farla a pezzi, nella cattedrale cristiana, per rendere quel massacro simbolico d’un sacrificio.
Per escludere, nel cammino dei secoli a venire, metà del genere umano.Ipazia ci ha insegnato che la via della ragione – la via dell’esperienza personale non mediata da altri, la ricerca continua della verità sulla nostra vita, verità che racchiude il nostro corpo, la mente, l’universo, l’intelligibile… come direbbero gli antichi filosofi, la metafisica… che vuol dire il raggiungimento d’un principio supremo non creatore, ma che è e che si evolve insieme a noi – è la via a cui ha diritto ogni essere umano.
Naturalmente, colto e rigoroso com’è A.
Amenabar, si è documentato su fonti storiche e su altri studi di cui non citiamo che la minima parte.Eccole: Fonti • Cirillo, Homilia VIII, in J.
P.
Migne, Patrologia Graeca, vol.
LXXVII • Esichio di Mileto, Fragmenta, in «Fragmenta Historicorum Graecorum», Paris, Didot 1841-1870 • Damascio, Vita Isidori, Hildesheim, Olms 1967 • Filostorgio, Historia Ecclesiastica, in J.
P.
Migne, Patrologia Graeca, vol.
LXV; Epitome in Fozio, Bibliotheca, 8 voll., Paris, Les Belles Lettres 1959 • Palladas, in Antologia Palatina, Yorino, Einaudi 1978 • Sinesio, Opere, Torino, UTET 1989 • Socrate Scolastico, Historia Ecclesiastica, in J.
P.
Migne, Patrologia Graeca, vol.
LXVII • Sozomeno, Historia Ecclesiastica, in J.
P.
Migne, Patrologia Graeca, vol.
LXVII • Suda, Lexicon, Lipsia, Teubner 1928 • Teodoreto, Historia Ecclesiastica, Berlin Akademie Verlag 1954 • Teone, Commentaria in Ptolomaei syntaxin mathematicam I-II, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana 1936 • Teone, Commentaria in Ptolomaei syntaxin mathematicam III-IV, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana 1943 • Teone, Le Petit commentare de Théon d’Alexandrie aux Tables faciles de Ptolomée, tr.
da A.
Tihon, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana 1978 Bibliografia • Diodata Saluzzo Roero, Ipazia ovvero Delle Filosofie (romanzo in versi), Torino, Chirio e Mina 1827 • Richard Hoche, Hypatia, die Tochter Theons, in «Philologus» 15, 1860 • Guido Bigoni, Ipazia Alessandrina, Venezia, Antonelli 1887 • Augusto Agabiti, Ipazia: la prima martire della liberta di pensiero, Roma, E.
Voghera 1914 • Karl Praechter, Hypatia in «Real Enzyklopädie der Altertums», IX, Stuttgart 1914 • Christian Lacombrade, Synésios de Cyrène, hellène et chrétien, Paris, Les Belles Lettres 1951 • John M.
Rist, Hypatia, in «Phoenix», 19, 1965 • Joseph Vogt e Matthias Schramm, Synesius vor dem Planisphaerium, in «Das Altertum und jedes neue Gute für Wolfgang Schadewaldt zum 15.
März 1970», Stuttgart-Berlin-Köln-Mainz, Kohlhammer 1970 • Otto Neugebauer, A history of ancient mathematical astronomy, Berlin-Heidelberg-New York, Springer 1975 • Étienne Évrard, A quel titre Hypatie enseigna-t-elle la philosophie?, «Revue des Etudes Grecques», 90, 1977 • Mario Luzi, Libro di Ipazia (poemetto), Milano, Biblioteca Universale Rizzoli 1978 • Jay Bregman, Synesius of Cyrene.
Philosopher Bishop, Berkeley-Los Angeles-London, University of California Press 1982 • Robert J.
Penella, When was Hypatia born?, in «Historia», XXXIII, 1984 • Alessandra Colla, Quella femmina… fatta a pezzi, in «Risguardo IV», Ar, Brindisi 1985 • Margaret Alic, L’eredità di Ipazia, Editori Riuniti, Roma 1989 • Jean Rougé, La politique de Cyrille d’Alexandrie et le meurtre d’Hypatie, in «Cristianesimo nella storia», 11/3, 1990, pp.
485-504 • Maria Dzielska, Ipazia e la sua cerchia intellettuale, in «Paganism in the Later Roman Empire and in Byzantium», Cracovia, Byzantina et Slavica Cracoviensia 1991 • Angela Putino, La signora della Notte stellata, in Diotima, Mettere al mondo il mondo.
L’ordine simbolico della madre, Milano, La Tartaruga 1992 • Gemma Beretta, Ipazia d’Alessandria, Roma, Editori Riuniti 1993 • Silvia Ronchey, Ipazia, l’intellettuale, in «Roma al femminile», a cura di A.
Fraschetti, Roma-Bari, Laterza 1994, pp.
213-258; • Silvia Ronchey, Filosofa e martire: Ipazia tra storia della chiesa e femminismo, in «Vicende e figure femminili in Grecia e a Roma», a cura di R.
Raffaelli, Atti del Convegno di Pesaro, 28-30 aprile 1994, Ancona, Commissione per le Pari Opportunità della Regione Marche 1995 pp.
449-465 • Denis Roques, La famille d’Hipatie (Sinésios, epp.
5 et 16), in «Revue des Études Grecques», CVIII, 1995 • Olivier Masson, Theoteknos, Fils de Dieu, in «Revue des Études Grecques», CX, 1997 • Denis Rocques, Theoteknos, Fils de Dieu, in «Revue des Études Grecques», CXI, 1998 • Morris Kline, Storia del pensiero matematico, 2 voll., Torino, Einaudi 1999 ISBN 88 061 5417 6 • Tassilo Schmitt, Die Bekehrung des Synesios von Kyrene.
Politik und Philosophie, Hof und Provinz als Handlungsräume eines Aristokraten bis zu seiner Wahl zum Metropoliten von Ptolemaïs, München-Leipzig, K.
G.
Saur 2001 ISBN 978 3 598 77695 3 • Antonio Colavito, Adriano Petta, Ipazia, scienziata alessandrina.
8 marzo 415 d.C.
(romanzo), prefazione di Margherita Hack, Milano, Lampi di Stampa 2004 • Aida Stoppa, Ipazia e la rete d’oro (racconto), in Aida Stoppa, Sette universi di passione, Colledara, Andromeda 2004, pp.
20-34 e anche: Nell’Egitto del IV secolo a.C, la storia di Hypatia di Alessandria, primo astronomo-filosofo donna dell’Occidente.
Spinto dal desiderio di raccontare una storia su Romani e Cristiani nell’Antico Egitto, il regista spagnolo di origine cilena ha individuato la sua eroina nella figura di Ipazia, figlia di Teone, ultimo direttore della celeberrima biblioteca di Alessandria, e donna simbolo della tolleranza della società greco-romana di quel tempo.
Con la sua Himenóptero, Amenábar ha coinvolto la Mod Producciones di recente creazione e Telecinco Cinema, mettendo assieme un cast internazionale che recitasse in lingua inglese e permettesse di lanciare il film sul mercato internazionale.
A vestire la tunica di Ipazia è la star britannica Rachel Weisz (The Constant Gardener, La Mummia).
La vediamo insegnare astronomia, matematica e filosofia ai suoi allievi, in quel tempio della saggezza che doveva essere allora la Biblioteca alessandrina.
Ma mentre tra quelle mura si discetta di Aristotele e si preconizza l’eliocentrismo, per le strade e le piazze della città governata dall’Impero Romano d’Oriente cresce ed esplode il dissidio tra le religioni: cristiani contro pagani ed ebrei.
Presto i parabalani incappucciati(funzionari romani che disdegnano la propria vita per la causa della Chiesa.
In genere, sono attivisti, monaci, guerrieri e becchini, fanatici, ignoranti, violenti ) spingeranno la folla ad attaccare nel nome di Cristo gli adoratori degli déi e, nonostante la mediazione romana, la Biblioteca verrà saccheggiata e distrutta.
Il resto è storia, con la sola eccezione del servo Davus, personaggio inventato, interpretato dal giovane inglese Max Minghella.
Lo spettatore potrebbe trovare noiose e fintamente intellettuali le numerose discussioni “scientifiche” ma quello che non sfuggirà è la scelta di portare sul grande schermo questa martire del paganesimo che ha tutto l’aspetto di un attacco frontale del regista al Cristianesimo e non genericamente al fanatismo religioso.
All’uscita di Agora difficilmente le stanze del Vaticano apprezzeranno le scene in cui i cristiani sbudellano la gente urlando come invasati o vengono visualizzati come formiche nere che si affrettano sulla preda con una efficace ripresa dall’alto velocizzata.
Alejandro Amenábar (Santiago del Cile, 1972) è figlio di madre spagnola e di padre cileno.
La sua famiglia si trasferisce in Spagna quando lui ha un anno, facendolo crescere e studiare a Madrid.
Scrive, produce e dirige il suo primo cortometraggio, “La cabeza”, a 19 anni, e ne ha 23 quando debutta nel lungometraggio con “Tesis” che in Spagna riceve molti premi.
Il suo “Apri gli occhi” riscuote in Spagna un enorme successo e viene distribuito in tutto il mondo: è stato ultimamente oggetto di un remake hollywoodiano diretto da Cameron Crowe e intitolato “Vanilla Sky”, con Tom Cruise (che ne è anche il produttore), Penelope Cruz (protagonista anche della versione originale) e Cameron Diaz.
“The Others” – interpretato in modo perfetto da Nicole Kidman e prodotto da Tom Cruise – è il suo primo film girato in lingua inglese, presentato alla Mostra di Venezia, dove ha riscosso un grande successo di pubblico e critica.
Ha realizzato la colonna sonora di tutti i suoi film, nonchè di molti altri, tutti iberici.
Nel 2004 gira “Mare dentro”, un film sulla vita del tetraplegico Ramon Sampedro e il delicato tema dell’eutanasia, che segna una svolta nel suo cinema che riceve premi dal Festival di Venezia, da E.F.A., il premio Goya, e la candidatura al premio Oscar come miglior film straniero.
Presentando a Cannes 2009 Agorà(piazza, assemblea) ha dichiarato: «Il mio Agorà contro ogni fondamentalismo.
Ipazia (Rachel Weisz) filosofa e scienziata, martire del politeismo ad Alessandria, capitale culturale del Mediterraneo nel IV secolo della nostra era, controllata dall’Impero romano d’Oriente e centro di attriti tra il politeismo e i due monoteismi, l’uno frutto dell’eresia dell’altro: giudaismo e cristianesimo.
La vergine Ipazia – aggiunge- era uno spirito aperto, praticava la misericordia e fu torturata e uccisa dai cristiani alla vigilia del tracollo del mondo classico.
La sua vicenda ricorda – in senso opposto – quella di Gesù».
Attorno a lei, gli ex allievi, l’aristocratico (Oscar Isaac), convertito al cristianesimo onde avere la carriera pubblica che si aspettava; e lo schiavo (Max Minghella, figlio di Anthony), fanatico nella nuova fede.
In Agorà i ruoli di buoni e cattivi sono distribuiti per fazione.
Il tragico degli scontri politico-religiosi è che ognuno ha le sue ragioni”

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