Gli scrutini finali di questo anno scolastico si presentano come un gran pasticcio.
Il susseguirsi di annunci e smentite, regolamenti e circolari, ha creato un’incertezza tale che ne trarranno vantaggio solo gli avvocati per il gran numero di ricorsi che potranno promuovere.
Il regolamento della valutazione, che sarebbe dovuto uscire già da tempo, ha avuto un iter più lento del previsto e potrà entrare in vigore solo a scrutini ultimati.
Si sono quindi rese necessarie le CCMM 50 e 51 del 20-5-2009, che hanno riepilogato la normativa vigente nella fase transitoria in cui è già in vigore la legge 169/08 (che ha reintrodotto il voto numerico nel primo ciclo e ha inserito la valutazione del comportamento tra i fattori determinanti per la promozione) ma non è ancora in vigore il regolamento che doveva stabilire ulteriori modalità applicative della nuova normativa.
In questa fase di transizione, per esempio, nell’esame di primo ciclo non potrà far media il voto di idoneità con cui lo studente è ammesso all’esame, ma farà media per l’ammissione il voto di comportamento.
Sull’Irc le circolari citate tacciono nella maniera più assoluta, e questo silenzio può solo accrescere l’incertezza maturata nel corso dell’anno.
L’ultimo riferimento normativo è la CM 10 del 23-1-2009, che in maniera un po’ criptica si limitava a ricordare l’applicazione delle «specifiche norme vigenti» per l’Irc.
Il nodo è, come sempre, l’uso del voto numerico, ma si è posto da più parti anche il caso del peso complessivo che deve avere l’Irc nel determinare l’ammissione alla classe successiva o all’esame.
Nella confusione generale sono infatti venuti meno anche quei pochi punti di riferimento che finora erano dati dalle «specifiche norme vigenti».
Vediamo allora di riepilogare il quadro normativo.
La CM 50/09 ricorda come dalla legge 169/08 discenda la promozione solo in presenza di un voto non inferiore a sei decimi in ogni disciplina di studio.
Deve rientrare tra queste anche l’Irc o l’Irc non è una disciplina di studio? È chiaro che, dovendosi applicare la normativa previgente, l’Irc deve esprimersi con un giudizio che, quand’anche di insufficienza, non può essere immediatamente considerato «inferiore a sei decimi».
Ma ciò non vuol dire che l’Irc sia stato escluso dal novero delle discipline di studio o che la sua valutazione sia del tutto ininfluente in sede di scrutinio finale (anche se il fatto di non poter essere compreso nella “media” lo rende irrilevante agli occhi di molti studenti e anche di qualche insegnante).
Per capire come stanno le cose occorre distinguere tra l’insegnamento e l’insegnante: il primo è oggetto di specifiche restrizioni, il secondo fa «parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri insegnanti» (Intesa, 2.7).
Se è vero che l’Irc non partecipa alla media dei voti e viene valutato mediante giudizi verbali, è tuttavia altrettanto vero che l’Idr partecipa agli scrutini periodici e finali, come ricorda anche la CM 51/09 per quanto riguarda l’ammissione all’esame di primo ciclo (assicurando peraltro un’identica posizione agli insegnanti di attività alternative, invece esclusi dal regolamento non ancora in vigore).
Vale qui il controverso testo dell’Intesa-bis del 1990, che aveva introdotto specifiche disposizioni proprio relative allo scrutinio finale, quando, «nel caso in cui la normativa statale richieda una deliberazione da adottarsi a maggioranza, il voto espresso dall’insegnante di religione cattolica, se determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale».
A seguito di numerosi ricorsi amministrativi che avevano tentato di negare valore determinante al voto dell’Idr nello scrutinio finale, si è affermato un orientamento giurisprudenziale che invece riconosce all’Idr piena partecipazione alla determinazione della maggioranza deliberante, con l’unico onere di dover motivare il proprio voto nel verbale.
La prima sentenza in tal senso è del 1994 da parte del Tar di Puglia (sez.
Lecce); dieci anni dopo si è pronunciato definitivamente anche il Consiglio di Stato (sez.
VI, ord.
5822 del 3-12-2004), riconoscendo che il voto dell’Idr non può perdere la sua rilevanza ai fini della valutazione finale.
Quindi ormai è chiaro che il voto dell’Idr non va scorporato, pena l’invalidazione dello scrutinio e delle sue decisioni.
In un certo senso possiamo dire che, mentre l’Irc è diverso dalle altre materie in sede di valutazione finale, l’Idr è uguale agli altri docenti ed è pienamente determinante per l’esito dello scrutinio, a prescindere dal fatto che la sua valutazione sia espressa con un voto o un giudizio.
L’equivoco sta tutto nell’uso dei numeri al posto dei giudizi: con i numeri si possono fare operazioni che con i giudizi non sono possibili.
È stato enfatizzato a sproposito il valore della “media”, riducendo un’operazione complessa come la valutazione a un semplice calcolo aritmetico.
Ma l’esito di un anno scolastico non è il risultato di un calcolo aritmetico; è l’effetto di una decisione collegiale che precede la traduzione numerica del profitto.
L’uso dei voti favorisce questi equivoci, ma almeno gli Idr dovrebbero essere consapevoli del proprio ruolo in sede valutativa e non accettare semplificazioni improprie.
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