Nel 2000 si era convenuto che per la competenza degli adolescenti europei nell’interpretazione dei testi linguistici (literacy) fosse tollerabile avere non più del 17% di quindicenni fermi ai livelli minimi, cioè a quello che le ricerche PISA fissano alla capacità inferiore, livello 1.
Nel 2000 la media dell’Unione era attestata al 21,3%.
Si trattava di scendere di poco più di quattro punti con l’apporto, s’intende, di tutti i Paesi membri.
L’Italia nel 2000 era a poco meno di due punti dal benchmark 2010 del 17%.
Ma le cose in questi sette anni (2000-2007) sono andate ben diversamente dal previsto e molti Paesi, anziché migliorare i propri livelli medi di competenza linguistica dei 15enni, hanno elevato i livelli di incompetenza, tanto che la media europea, anziché scendere, è salita di 2,8 punti, passando dal 21,3% del 2000 al 24,1% del 2006.
Hanno peggiorato i precedenti livelli di competenza linguistica del 2000 la Francia (salita da un buon 15,2% ad un mediocre 21,7%), la Gran Bretagna (salita dal 12,8% al 19%), l’Olanda (peggiorata anch’essa risalendo da un buonissimo 9,5% al 15,1%) e la Spagna (risalita addirittura dal 16,3% al 25,5).
E l’Italia che nel 2000 era così vicina alla meta finale? Male anch’essa, perché è risalita al 26,4%: un livello che registra una diffusa scarsa competenza linguistica tra i nostri quindicenni per un ragazzo ogni quattro: un peggioramento di 7,5 punti.
Un livello tra i peggiori in ambito europeo (26,4%): peggio di noi soltanto la Grecia, la Bulgaria e la Romania.
Tuttoscuola avanza un’ipotesi interpretativa del dato Rispetto all’obiettivo fissato a Lisbona per contenere al 2010 il deficit di competenza linguistica dei quindicenni al 17%, nella rilevazione intermedia del 2007 è emerso che hanno migliorato il proprio livello, anche senza raggiungere l’obiettivo fissato del 17%, la Polonia, la Germania, l’Ungheria, il Lussemburgo, la Lettonia, la Danimarca e la solita Finlandia.
Proprio il Paese scandinavo, ormai noto per le sue performances in campo formativo e scolastico, ha fatto registrare, oltre all’abbassamento di oltre due punti di quel già buon livello del 7% raggiunto nel 2000, la miglior posizione in assoluto tra i Paesi Europei, attestandosi sul 4,8% di scarsa competenza linguistica tra i suoi quindicenni, che è come dire che più del 95% di quei ragazzi ha una buona o buonissima competenza linguistica: una condizione di base per conseguire ulteriori elevati traguardi in campo scolastico e formativo.
L’Italia, peggiorando la sua situazione del 2000, si è attestata al 26,4%.
C’è da chiedersi quale è la ragione per un diffuso peggioramento delle competenze linguistiche registrato tra tanti quindicenni europei nell’arco di sei anni o poco più.
Un peggioramento che non si registra in termini così generalizzati per altri indicatori sui livelli di istruzione rilevati dall’Unione.
Non è facile trovare risposte, ma si possono avanzare alcune ipotesi per cercare di capire un fenomeno “strano” che vede molti Paesi peggiorare la propria situazione o, comunque, faticare più del previsto, per avvicinarsi all’obiettivo prefissato.
Se la competenza linguistica dei nostri (e di tanti altri) quindicenni è peggiorata, è causa soltanto del sistema di istruzione oppure ha altri fattori agenti esterni fortemente incidenti nei cui confronti la scuola non ha capacità di contrasto? Ci sentiamo di avanzare l’ipotesi che il crescente e diffuso ricorso a strumentazione telematica e tecnologica nella comunicazione quotidiana di cui si avvalgono i giovanissimi (internet, cellulari, blog, ecc.) stia inducendo semplificazioni del linguaggio comunicativo che risulta alla fine più funzionale e immediato, ma lessicalmente impoverito e ridotto.
E la scuola sembra subire la situazione in atto senza efficaci interventi di contrasto che richiedono un’azione di formazione linguistica strutturale che affonda le radici nella scuola primaria e che ha bisogno di essere mantenuta e integrata in modo sistematico nella scuola secondaria di I grado.
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