Demoni confusi nel parco giochi di Ron Howard di Luca Pellegrini I santi di travertino che ornano il colonnato di piazza San Pietro ne hanno certamente viste tante, nei secoli.
Questa volta, però, impietriti davvero, non si sarebbero mai immaginati che tra quelle colonne e pilastri si potesse scatenare una frenetica ricerca, senza esclusione di colpi: da qualche parte sul colle Vaticano è pronta a esplodere un’ampolla di ipotetica antimateria a confronto della quale l’atomica assomiglia a un petardo.
Minaccia direttamente il conclave e con questo il futuro della Chiesa, mentre un assassino pazzoide scatena il panico volendosi sbarazzare, con molta fantasia e crudeltà, di alcuni eminenti cardinali in nome della difesa della scienza e della verità scientifica, contro (ancora una volta) il supposto oscurantismo ecclesiastico.
L’eroe senza fede, ma con intelletto fino e intuito da vendere, chiamato di gran fretta in Vaticano per dare una mano, è il professore americano Robert Langdon, imbattibile quando si tratta di decifrare simboli e svelare misteri: si muove agevolmente tra manoscritti e antichi libri, si trasforma in coraggioso avventuriero nell’Urbe – splendidamente fotografata da Salvatore Totino – e in un cauto investigatore tra i Sacri Palazzi, intercetta fantomatiche minacce, decodifica complotti secolari, insegue i cattivi e salva il futuro Papa, preparandosi forse a nuove avventure.
Certamente è un personaggio utile più al cinema che alla Chiesa, il protagonista di Angeli e demoni.
Può rimanere comodamente negli interstizi della storia dello spettacolo, forse sarà a breve dimenticato, così come la scaltra operazione letteraria da cui proviene – ossia il fortunato, sbilenco e inverosimile romanzo di Dan Brown, solo leggermente adattato e limato alle esigenze della pellicola – che non porta certo il sigillo della cultura, semmai quello della gigantesca e furbesca operazione commerciale.
Il grossolano impianto immaginativo serve a Ron Howard per imbastire un film pretenzioso, eppure ben alimentato da una regia dinamica e attraente – l’americano è un artista eclettico di innegabili qualità, soprattutto quando affronta generi più seri e di dimensione cameristica, come il recente Frost/Nixon – che strizza l’occhio ai fumetti, al thriller e al fantasy.
Langdon – ancora Tom Hanks, migliore che nell’irritante e irriverente Codice da Vinci – è un frullato di personaggi stereotipi: Hercules Poirot, James Bond, Indiana Jones, Ethan Hunt, l’agente di Mission impossible, e Ben Gates, l’eroe che svela Il mistero dei templari e Il mistero delle pagine perdute.
Questa volta lascia da parte, fortunatamente, i dogmi della fede cristiana e si cala coraggioso in una realtà sconosciuta e che non gli appartiene: la Santa Sede, della quale sono stati ricostruiti magnificamente in studio e con il computer alcuni ambienti topici come la Basilica Vaticana e la Cappella Sistina, dove avvengono fatti per nulla abituali.
È un addensarsi di secoli di storia e di riti quello che si trova a fronteggiare per oltre due ore di innocuo intrattenimento, che scalfisce ben poco il genio e il mistero del cristianesimo, attenendosi anche questa volta a sbrigativi (e manichei) luoghi comuni.
Il Vaticano con i suoi monumenti, palazzi, uffici e residenze, è rappresentato come un condensato di arte inespugnabile, un’area geografica diversa da tutte le altre e spesso invalicabile ai più.
Viene invaso dalle teorie farneticanti e dalle vendette imminenti di una fantomatica setta segreta (gli Illuminati) mentre sul piano temporale è concentrato sulla storia delle successioni papali: l’inizio del conclave e la scelta del successore di Pietro.
Spazio e tempo collimano generando un immenso – e per Hollywood assai redditizio – parco giochi, un cinema opulento, effimero e accattivante nel quale tutti trovano il loro spazio: sacerdoti e alti prelati, guardie svizzere e gendarmi vaticani, carabinieri e popolo di Roma, figurine di un videogame che accende prima di tutto la curiosità, e poi, forse, diverte anche un po’.
Non vale la pena elencare le incongruenze storiche e le iperboliche cerimonie che si susseguono irreversibili nel film (il camerlengo, i cardinali “preferiti”, l’assassinio di un Papa, i riti e i ruoli), anzi può essere un divertimento aggiuntivo quelle di scoprirle, annotarle e vincere come in un gioco.
Mentre scorrono i titoli di coda, sarebbe però utile riflettere sul perché la cultura cattolica – così vicina al cinema che è stato uno dei suoi strumenti prediletti – sembra oggi quasi avere lasciato alla finzione d’oltreoceano e alla falsità storica il compito di parlare sui grandi media della Chiesa e della sua realtà più profonda.
Nella quale gli angeli le sono vicini.
E i demoni? Sono confusi, come il film ai quali si ispira.
(©L’Osservatore Romano – 7 maggio 2009) Angeli e demoni: il titolo è ben scelto, ma il romanzo è modesto, così come il film, salvato solo dalla presenza di Tom Hanks, attore di consumata bravura.
Il vero problema, allora, è quello di capire le ragioni di tanto successo, ragioni che interessano i cattolici perché le opere di Dan Brown trattano della Chiesa, e più precisamente si inseriscono nel filone del fantavaticano, che però lo scrittore americano ha portato a successi mai visti.
Cosa piace tanto di Dan Brown? Senza dubbio, che tratti di religione e di mistero, cioè di quei temi che la secolarizzata cultura contemporanea, tutta ragione e scienza, evita sempre con cura, ma che rimangono sempre vivi, se pure apparentemente dimenticati, nell’immaginario contemporaneo.
Che la religione affronti il mistero della vita e della morte, e dunque il senso del nostro vivere e morire, è indubbio: proprio per questo una società che sembra felicemente assestata su una cultura materialista e superficiale – fondata su una fede nella possibilità di spiegare ogni cosa con la scienza, e forse anche di vincere la morte – ne è in fondo assetata.
Questo innanzi tutto rivelano i successi di Dan Brown.
Ma allora perché tale successo non arride alla Chiesa, che diffonde il messaggio evangelico con ben altra profondità e levatura? Perché pochi hanno il coraggio di mettere in discussione un’identità così come vuole il politically correct del contesto di oggi, e Dan Brown offre religione e mistero all’interno di questo rassicurante recinto.
Il mistero che inserisce nei suoi intrecci, infatti, evita le questioni profonde, limitandosi a lambirle: è un mondo fantastico di sette segrete e misteriose che combattono all’interno della Chiesa, ridotta in fondo a setta anch’essa.
La tradizione cristiana vi è raffigurata come un patrimonio di simboli e di testi occulti, che la scienza – ben rappresentata dall’eroe, l’agnostico professore americano – sa decifrare, a differenza dei suoi rappresentanti ufficiali, che hanno dimenticato la loro storia per cancellare il sangue di cui sarebbe intrisa.
Quello che si vuole dimenticare è infatti sempre legato a menzogne e a sanguinose repressioni, che svelerebbero il volto nero e crudele della Chiesa, sempre in bilico fra purezza evangelica ed efferato delitto.
Il tema dunque è in fondo sempre lo stesso, nei due romanzi: una setta contro la Chiesa, anche se le parti dei buoni e dei cattivi si distribuiscono diversamente.
Questa volta, con Angeli e demoni, la Chiesa è dalla parte dei buoni, anche se paga il prezzo di immaginarie efferatezze passate.
Nel Codice da Vinci i buoni, invece, erano fuori della Chiesa, e ne minavano, addirittura, la base.
Piuttosto innocuo, dunque, è questo secondo romanzo (e film), che però era stato scritto prima, a dimostrare che il vero successo poteva venire solo dal rovesciamento della tradizione osato nel Codice da Vinci.
In entrambi – con una certa grossolanità ma non senza acutezza – si affrontano questioni chiave per la Chiesa contemporanea: nel Codice la sessualità, in Angeli e demoni il rapporto fra scienza e fede.
Il punto di vista è quello meno problematico possibile: i buoni sono sempre i progressisti a favore del sesso e della scienza, siano essi eretici o Papi, e cattivi quanti si oppongono in nome della fedeltà a una tradizione dura e chiusa, che si sarebbe sempre macchiata di delitti.
Che questa semplicistica e parziale visione della Chiesa abbia tanto successo, tanto da corrispondere – almeno così pare – a un senso comune piuttosto generalizzato, deve fare pensare e riflettere.
Sarebbe probabilmente esagerato considerare i libri di Dan Brown come un campanello di allarme, ma forse sono uno stimolo a rivedere e vivificare le forme e le modalità mediatiche attraverso le quali la Chiesa spiega le sue posizioni sui temi più scottanti di attualità.
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