2) Liturgia e preghiera in musica Dalle origini al gregoriano Il termine greco “leiturghia”, nella “Bibbia dei Settanta” (la più antica raccolta, in greco, di testi dell’Antico Testamento) traduce un termine ebraico che significa “culto prestato a Dio”.
La liturgia cristiana comprende tutti i mezzi della comunità per comunicare con Dio, lodarlo, lasciarsi trasformare da Lui.
È un incontro trasformante tra il Risorto, invisibile ma presente, e la sua Chiesa attraverso i Sacramenti, la preghiera comunitaria, la Messa con il rinnovarsi dell’Eucaristia.
Il Risorto dona lo Spirito, Forza di Dio per amare e vincere il male nel quotidiano…
Le origini del rapporto tra liturgia cristiana e musica risalgono all’usanza ebraica di eseguire canti durante le cerimonie religiose; tale usanza, o meglio tale esigenza di pregare con maggiore intensità e coinvolgimento popolare, venne confermata presso i primi cristiani, come già attestano alcuni passi degli “Atti degli Apostoli” e delle Lettere di San Paolo.
L’espansione del cristianesimo vide affermarsi una musica liturgica unicamente vocale, memorizzata e influenzata da tradizioni mediorientali; soprattutto l’ordine monastico benedettino avrebbe conservato gli inni più antichi, costruiti ancora in base alle teorie musicali greche secondo un sistema di otto “modi” o scale, ispirati agli antichissimi “tetracordi”.
Quando, dopo Costantino, il culto divenne più solenne, il canto non si limitò alla recitazione cantata dei Salmi biblici e ad alcuni inni che esprimevano lode e semplici sintesi della dottrina: entrò anche nelle parti delle cerimonie liturgiche dedicate alla lettura del Vangelo, per sfociare in esuberanti vocalizzi sulla parola “Alleluia” (Lodate Dio).
Così si espresse S.
Agostino ricordando momenti di musica e preghiera: «Le voci fluivano e la verità penetrava nel cuore.
Allora traboccava l’agitarsi della mia fede e scorrevano le lacrime; mi sentivo benedetto nel mio intimo».
La Chiesa, consapevole della sua missione universale, volle unificare il culto stabilendo una lingua comune, il latino; diede un vasto repertorio di libri sacri cui attingere per preghiere e meditazioni e cercò di dare a tutti i fedeli le stesse melodie con cui cantare le lodi del Signore; il canto venne delegato a cantori ben istruiti e organizzati.
Il papa S.
Gregorio Magno, monaco benedettino, fu pontefice nel 590 d.C.: fu una figura straordinaria di uomo contemporaneamente attivo e contemplativo; fondò monasteri, distribuì ai poveri i suoi beni e fu un grandissimo riformatore e coordinatore della liturgia musicale cristiana.
Nell’“Antifonarium Cento” raccolse gli inni ordinando la difficile materia della musica liturgica in forme nuove; il canto gregoriano ebbe enorme diffusione per otto secoli.
Unicamente vocale e monodico, voleva elevare l’uomo a Dio, staccandolo da ogni passione negativa; la parola era sovrana, la musica era al suo servizio per esaltarla; la leggerezza e la fusione delle voci e la solennità della melodia avevano il compito di trasportare l’uditore in una dimensione priva di spazio e tempo, che avvicinasse a Dio e lasciasse emergere la parte migliore, spirituale e interiore, della persona.
La coralità era espressione di profonda unione dei cuori, della stessa comunità Chiesa.
Nacquero i canti strofici, con variazione delle strofe del testo su una melodia sempre uguale; i canti salmodici, su testi a versi liberi in cui la prima parte di ogni frase viene ripetuta; i canti commatici, su testi liberi e i canti “a dialogo” tra celebrante e coro o fedeli (Litanie)…
Lo studio accanito dei maestri di gregoriano fece sì che si giungesse alla “musica scritta”: alla notazione “neumatica”, basata sugli accenti, si sostituì la notazione “quadrata”, che già teneva conto della durata delle note e del ritmo.
Il monaco benedettino Guido d’Arezzo (997-1050 d.C.) diffuse il primo rigo musicale (tetragramma) e sempre a lui si deve l’attribuzione dei nomi moderni alle note.
Dai tempi della prima polifonia all’epoca del Concilio Vaticano II Presso la scuola di Notre Dame di Parigi, nacquero melodie ricche e complesse…
quanto, in architettura, le cattedrali gotiche.
Le preghiere in musica invariabili della Messa rimasero nei secoli il genere più prestigioso tra le composizioni di musica sacra; la polifonia divenne sontuosa, maestosa grazie anche alla presenza di strumenti a fiato accanto all’organo, utilizzato a partire dal Medioevo come strumento liturgico per eccellenza.
In ambiente protestante luterano fiorirono i “lieder”, canti spirituali popolari in tedesco e le “cantate”, vere brevi rappresentazioni drammatiche con soli, coro e strumenti.
I grandi compositori tedeschi del periodo barocco lasciarono un patrimonio di “arte spirituale” straordinario: ricordiamo Bach! Le sue “cantate” valorizzano l’elemento narrativo attraverso brevi rappresentazioni di episodi biblici, esaltando la vocalità di solisti e coro e utilizzando un’orchestrazione molto varia.
La sua musica sacra ebbe un respiro vertiginoso, fu perfetta nell’equilibrio di ogni elemento ma quasi “popolare” nel vigore drammatico.
Egli seppe esaltare musicalmente gli elementi essenziali del cristianesimo, sintetizzandoli nel suo messaggio musicale (ricordiamo le “Passioni” secondo San Matteo e San Giovanni…).
Già dopo il Concilio di Trento (1546-63) la Chiesa cattolica aveva indicato la necessità di eliminare dalla musica liturgica un’eccessiva grandiosità che la rendeva sempre più concertistica e sempre meno spirituale; il grande Palestrina ritrovò lo spirito gregoriano utilizzando contemporaneamente le possibilità tecniche del suo tempo: ottenne melodie serene e distese, la fusione anche di cinque o sei voci, una bellezza nuovamente al servizio della preghiera.
Ancora con il “movimento ceciliano” ottocentesco della Chiesa cattolica italiana, tedesca e francese si tentò di porre un freno allo stile concertistico utilizzato in chiesa e si ebbero personalità come il direttore della Cappella Sistina, Lorenzo Perosi, sacerdote, che nelle sue “Messe” e in tutte le sue composizioni introdusse spunti “veristi” abbinati a una toccante esaltazione dei sentimenti migliori dell’uomo.
Nella tradizione della musica sacra “non liturgica” risalta l’“oratorio”, fin dai tempi del grande Haendel.
Si tratta di una specie di melodramma sacro, privo di scenografia ma estremamente coinvolgente per gli uditori.
La Costituzione del Concilio Vaticano II (grande momento di rinnovamento della Chiesa cattolica che approfondirai nel terzo anno) “Sacrosanctum Concilium” è dedicata alla musica sacra, definita “un patrimonio di inestimabile valore”; il canto sacro è “parte necessaria e integrante della liturgia” come espressione di preghiera intensa, soprattutto comunitaria, capace di far emergere ciò che, dell’animo umano, le sole parole non possono esprimere; è mezzo per arricchire di solennità i riti…
Occorrono, tuttavia, alcune condizioni: le lingue nazionali devono trovare più ampio spazio accanto al latino; è necessario il maggior coinvolgimento possibile dei fedeli nel canto, pur senza rinunciare alla ricerca di “bellezza “ nelle esecuzioni, con il supporto di maestri, cantori e strumentisti (soprattutto organisti) ben preparati.
Musica classica e nuove composizioni, opera di autori sensibili e attenti alle esigenze della liturgia, possono coesistere in momenti opportuni.
(Nella seconda parte: attività di ascolto e approfondimento inerenti specifici brani musicali) Per l’inserimento dell’argomento in Unità di Apprendimento articolate, vedere Tiziana Chiamberlando, Sentinelle del Mattino, SEI, Volume per il biennio e Guida Unità di Lavoro di approfondimento interdisciplinare (religione, educazione musicale).
Prima parte OSA di riferimento (Irc) Conoscenze – Conoscere e saper descrivere vari modi di interpretare il messaggio di Gesù nell’arte.
– Conoscere e saper descrivere dati, inerenti la storia della musica, di supporto allo studio sulla storia e l’“identità” della Chiesa (aspetti liturgici).
Obiettivi Formativi ipotizzabili (Irc, educazione musicale) – Conoscere e saper descrivere elementi basilari di storia della musica sacra e il loro significato religioso.
– Conoscere le “intenzioni espressive” di alcuni compositori di musica sacra.
– Dopo averli ascoltati, descrivere i messaggi spirituali di alcuni brani di musica sacra, cogliendo in modo personale il collegamento tra espressione musicale e sentimento religioso.
Competenze di riferimento dell’allievo in prospettiva triennale: – Comprendere e/o utilizzare espressioni artistiche in relazione all’esperienza e alla ricerca religiosa.
Prima fase dell’attività L’insegnante di religione presenta i testi-guida unitamente all’insegnante di educazione musicale; quest’ultimo potrà approfondire alcuni aspetti tecnici riguardanti la musica sacra, mentre l’insegnante di religione approfondirà gli aspetti teologico-spirituali.
1) Il linguaggio musicale e l’esperienza umana L’arte può essere definita perfezione raggiunta in un campo, compatibilmente con i limiti umani.
Tramite il linguaggio verbale (pensiamo alla poesia) e non verbale (arti figurative, musica), l’artista “produce bellezza”, porta alla luce con la sua opera la verità del suo essere – e la verità non può che essere bella – comunicando ciò che per lui è importante condividere sul senso della vita.
Egli comunica sentimenti ed emozioni – gioia, dolore –, desideri fondamentali, addirittura convinzioni sul bene e sul male.
Ascoltando un brano di musica che ci coinvolge, aggiungiamo a quelli dell’autore i nostri sentimenti, le nostre certezze, i nostri desideri…
tutto è destato in noi dal “racconto musicale” che a un certo punto sembra raccontare tutto anche di noi.
Proviamo gioia nel ritrovarci in quella melodia, nel ritrovare descritta con le note, per esempio, una nostra grande speranza, narrato “quel” nostro sogno che ci fa battere il cuore…
La musica, come le altre arti, può facilitare la ricerca di pace e fratellanza perché esprime sentimenti, speranze e intuizioni comuni a tutti gli esseri umani, in ogni tempo.
Per questo, la musica esprime anche e soprattutto il sentimento religioso, racconta l’esperienza del rapporto con Dio: la gratitudine della creatura amata da Lui, la lode, la ricerca del suo sostegno, speranza e certezze.
La musica narra comunque e sempre la sete di Bellezza, Verità e Infinito della persona umana.
In questa sete può esistere anche inconsapevolmente la ricerca di Qualcuno a cui affidarsi.
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