La Risurrezione

La domenica di Pasqua, nel messaggio al mondo dalla loggia centrale della basilica vaticana, e poi il mercoledì successivo, nell’udienza generale in piazza San Pietro, Benedetto XVI ha messo al centro della sua predicazione l’evento della risurrezione di Gesù.
L’ha fatto in coerenza con il calendario liturgico.
Ma anche con quello che è il suo obiettivo dichiarato, da papa: ravvivare la fede là dove è in pericolo di spegnersi, aprire agli uomini l’accesso a Dio: “non a un qualsiasi dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo nell’amore spinto sino alla fine, in Gesù Cristo crocifisso e risorto”.
I due discorsi papali di Pasqua e del mercoledì “in albis” formano un dittico profondamente unitario, che esprime più che mai il senso di questo pontificato.
Si sa che papa Joseph Ratzinger sta scrivendo il secondo volume del suo libro “Gesù di Nazaret”, dedicato principalmente ai racconti evangelici della passione e della risurrezione di Gesù.
Pare che sia piuttosto avanti nella stesura.
In ogni caso, chi ne volesse un’anticipazione, la trova proprio nei due discorsi citati, riportati integralmente più sotto.
Benedetto XVI ha insistito sul fatto che la risurrezione di Gesù “non è una teoria, ma una realtà storica, non è un mito né un sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile”.
E ancora: “Lo affermiamo con forza perché, anche in questi nostri tempi, non manca chi cerca di negarne la storicità riducendo il racconto evangelico a un mito, a una visione degli Apostoli, riprendendo e presentando vecchie e già consumate teorie come nuove e scientifiche”.
Già nel primo volume di “Gesù di Nazaret” papa Ratzinger aveva mostrato che questo era l’intento del suo libro: dire la verità intera su Gesù vero Dio e vero uomo.
Senza questa verità intera di Gesù crocifisso e risorto – ha insistito il papa nel messaggio di Pasqua – non c’è luce che illumini “le zone buie del mondo in cui viviamo” e “non c’è scampo per l’uomo”.
Nella catechesi del mercoledì “in albis” Benedetto XVI ha fatto un passo ulteriore.
Ha illustrato il senso della risurrezione di Gesù sulla traccia delle parole del “Credo”, la sintesi della fede cristiana che i fedeli di tutto il mondo recitano in ogni messa.
L’ha fatto risalendo a ritroso, a quel passaggio della prima lettera di Paolo ai Corinzi che è all’origine degli articoli centrali del “Credo”.
In particolare, il papa ha voluto spiegare il senso della formula che sia in san Paolo sia nel “Credo” accompagna l’annuncio della risurrezione di Gesù: “secondo le Scritture”.
Tale formula, ha detto, mostra che l’evento della morte e risurrezione del Figlio di Dio “porta in sé un logos, una logica”, l’unica capace di spiegare il significato dell’intera storia dell’uomo e del mondo.
Ma non una parola di più, qui.
Non c’è che da leggere per intero questi due straordinari testi di papa Benedetto: 2.  “È risorto il terzo giorno secondo le Scritture” di Benedetto XVI Cari fratelli e sorelle, la consueta udienza generale del mercoledì è oggi pervasa di gaudio spirituale, quel gaudio che nessuna sofferenza e pena possono cancellare, perché è gioia che scaturisce dalla certezza che Cristo, con la sua morte e risurrezione, ha definitivamente trionfato sul male e sulla morte.
“Cristo è risorto! Alleluia!”, canta la Chiesa in festa.
E questo clima festoso, questi sentimenti tipici della Pasqua, si prolungano non soltanto durante questa settimana – l’ottava di Pasqua – ma si estendono nei cinquanta giorni che vanno fino alla Pentecoste.
Anzi, possiamo dire: il mistero della Pasqua abbraccia l’intero arco della nostra esistenza.
In questo tempo liturgico sono davvero tanti i riferimenti biblici e gli stimoli alla meditazione che ci vengono offerti per approfondire il significato e il valore della Pasqua.
La “via crucis”, che nel triduo santo abbiamo ripercorso con Gesù sino al Calvario rivivendone la dolorosa passione, nella solenne veglia pasquale è diventata la consolante “via lucis”.
Visto dalla risurrezione, possiamo dire che tutta questa via della sofferenza è cammino di luce e di rinascita spirituale, di pace interiore e di salda speranza.
Dopo il pianto, dopo lo smarrimento del Venerdì Santo, seguito dal silenzio carico di attesa del Sabato Santo, all’alba del “primo giorno dopo il sabato” è risuonato con vigore l’annuncio della vita che ha sconfitto la morte: “Dux vitae mortuus regnat vivus”, il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa.
La novità sconvolgente della risurrezione è così importante che la Chiesa non cessa di proclamarla, prolungandone il ricordo specialmente ogni domenica: ogni domenica, infatti, è “giorno del Signore” e Pasqua settimanale del popolo di Dio.
I nostri fratelli orientali, quasi a evidenziare questo mistero di salvezza che investe la nostra vita quotidiana, chiamano in lingua russa la domenica “voskrescénje”, giorno della risurrezione.
È pertanto fondamentale per la nostra fede e per la nostra testimonianza cristiana proclamare la risurrezione di Gesù di Nazaret come evento reale, storico, attestato da molti e autorevoli testimoni.
Lo affermiamo con forza perché, anche in questi nostri tempi, non manca chi cerca di negarne la storicità riducendo il racconto evangelico a un mito, ad una “visione” degli Apostoli, riprendendo e presentando vecchie e già consumate teorie come nuove e scientifiche.
Certamente la risurrezione non è stata per Gesù un semplice ritorno alla vita precedente.
In questo caso, infatti, sarebbe stata una cosa del passato: duemila anni fa uno è risorto, è ritornato alla sua vita precedente, come per esempio Lazzaro.
La risurrezione si pone in un’altra dimensione: é il passaggio ad una dimensione di vita profondamente nuova, che interessa anche noi, che coinvolge tutta la famiglia umana, la storia e l’universo.
Questo evento che ha introdotto una nuova dimensione di vita, un’apertura di questo nostro mondo verso la vita eterna, ha cambiato l’esistenza dei testimoni oculari come dimostrano i racconti evangelici e gli altri scritti neotestamentari; è un annuncio che intere generazioni di uomini e donne lungo i secoli hanno accolto con fede e hanno testimoniato non raramente a prezzo del loro sangue, sapendo che proprio così entravano in questa nuova dimensione della vita.
Anche quest’anno, a Pasqua risuona immutata e sempre nuova, in ogni angolo della terra, questa buona notizia: Gesù morto in croce è risuscitato, vive glorioso perché ha sconfitto il potere della morte, ha portato l’essere umano in una nuova comunione di vita con Dio e in Dio.
Questa è la vittoria della Pasqua, la nostra salvezza! E quindi possiamo con sant’Agostino cantare: “La risurrezione di Cristo è la nostra speranza”, perché ci introduce in un nuovo futuro.
È vero: la risurrezione di Gesù fonda la nostra salda speranza e illumina l’intero nostro pellegrinaggio terreno, compreso l’enigma umano del dolore e della morte.
La fede in Cristo crocifisso e risorto è il cuore dell’intero messaggio evangelico, il nucleo centrale del nostro “Credo”.
Di tale “Credo” essenziale possiamo trovare una espressione autorevole in un noto passo paolino, contenuto nella prima lettera ai Corinzi (15, 3-8) dove, l’Apostolo, per rispondere ad alcuni della comunità di Corinto che paradossalmente proclamavano la risurrezione di Gesù ma negavano quella dei morti – la nostra speranza –, trasmette fedelmente quello che egli, Paolo, aveva ricevuto dalla prima comunità apostolica circa la morte e risurrezione del Signore.
Egli inizia con una affermazione quasi perentoria: “Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato.
A meno che non abbiate creduto invano!” (15, 1-2).
Aggiunge subito di aver loro trasmesso quello che lui stesso aveva ricevuto.
Segue poi la pericope che abbiamo ascoltato all’inizio di questo nostro incontro.
San Paolo presenta innanzitutto la morte di Gesù e pone, in un testo così scarno, due aggiunte alla notizia che “Cristo morì”.
La prima aggiunta è: morì “per i nostri peccati”; la seconda è: “secondo le Scritture” (15, 3).
Questa espressione “secondo le Scritture” pone l’evento della morte del Signore in relazione con la storia dell’alleanza veterotestamentaria di Dio con il suo popolo, e ci fa comprendere che la morte del Figlio di Dio appartiene al tessuto della storia della salvezza, ed anzi ci fa capire che tale storia riceve da essa la sua logica ed il suo vero significato.
Fino a quel momento la morte di Cristo era rimasta quasi un enigma, il cui esito era ancora insicuro.
Nel mistero pasquale si compiono le parole della Scrittura, cioè, questa morte realizzata “secondo le Scritture” è un avvenimento che porta in sé un “logos”, una logica: la morte di Cristo testimonia che la Parola di Dio si è fatta sino in fondo “carne”, “storia” umana.
Come e perché ciò sia avvenuto lo si comprende dall’altra aggiunta che san Paolo fa: Cristo morì “per i nostri peccati”.
Con queste parole il testo paolino pare riprendere la profezia di Isaia contenuta nel quarto canto del Servo di Dio (Isaia 53, 12).
Il Servo di Dio – così dice il canto – “ha spogliato se stesso fino alla morte”, ha portato “il peccato di molti”, ed intercedendo per i “colpevoli” ha potuto recare il dono della riconciliazione degli uomini tra loro e degli uomini con Dio: la sua è dunque una morte che mette fine alla morte; la via della Croce porta alla Risurrezione.
Nei versetti che seguono, l’Apostolo si sofferma poi sulla risurrezione del Signore.
Egli dice che Cristo “è risorto il terzo giorno secondo le Scritture”.
Di nuovo: “secondo le Scritture”! Non pochi esegeti intravedono nell’espressione: “è risorto il terzo giorno secondo le Scritture” un significativo richiamo di quanto leggiamo nel salmo 16, dove il salmista proclama: “Non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la corruzione” (v.10).
È questo uno dei testi dell’Antico Testamento, citati spesso nel cristianesimo primitivo, per provare il carattere messianico di Gesù.
Poiché secondo l’interpretazione giudaica la corruzione cominciava dopo il terzo giorno, la parola della Scrittura si adempie in Gesù che risorge il terzo giorno, prima cioè che cominci la corruzione.
San Paolo, tramandando fedelmente l’insegnamento degli Apostoli, sottolinea che la vittoria di Cristo sulla morte avviene attraverso la potenza creatrice della Parola di Dio.
Questa potenza divina reca speranza e gioia: è questo in definitiva il contenuto liberatore della rivelazione pasquale.
Nella Pasqua, Dio rivela se stesso e la potenza dell’amore trinitario che annienta le forze distruttrici del male e della morte.
Cari fratelli e sorelle, lasciamoci illuminare dallo splendore del Signore risorto.
Accogliamolo con fede e aderiamo generosamente al suo Vangelo, come fecero i testimoni privilegiati della sua risurrezione; come fece, diversi anni dopo, san Paolo che incontrò il divino Maestro in modo straordinario sulla via di Damasco.
Non possiamo tenere solo per noi l’annuncio di questa verità che cambia la vita di tutti.
E con umile fiducia preghiamo: “Gesù, che risorgendo dai morti hai anticipato la nostra risurrezione, noi crediamo in Te!”.
Mi piace concludere con una esclamazione che amava ripetere Silvano del Monte Athos: “Gioisci, anima mia.
È sempre Pasqua, perché Cristo risorto è la nostra risurrezione!”.
Ci aiuti la Vergine Maria a coltivare in noi, e attorno a noi, questo clima di gioia pasquale, per essere testimoni dell’Amore divino in ogni situazione della nostra esistenza.
Ancora una volta, buona Pasqua a voi tutti! __________ Tutte le omelie pronunciate da Benedetto XVI nella settimana santa di quest’anno, nel sito del Vaticano: > Omelie 2009 1.  “La risurrezione di Cristo è la nostra speranza” di Benedetto XVI Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero! Formulo di cuore a voi tutti l’augurio pasquale con le parole di sant’Agostino: “Resurrectio Domini, spes nostra”, la risurrezione del Signore è la nostra speranza (Agostino, Sermo 261, 1).
Con questa affermazione, il grande vescovo spiegava ai suoi fedeli che Gesù è risorto perché noi, pur destinati alla morte, non disperassimo, pensando che con la morte la vita sia totalmente finita; Cristo è risorto per darci la speranza.
In effetti, una delle domande che più angustiano l’esistenza dell’uomo è proprio questa: che cosa c’è dopo la morte? A quest’enigma la solennità odierna ci permette di rispondere che la morte non ha l’ultima parola, perché a trionfare alla fine è la Vita.
E questa nostra certezza non si fonda su semplici ragionamenti umani, bensì su uno storico dato di fede: Gesù Cristo, crocifisso e sepolto, è risorto con il suo corpo glorioso.
Gesù è risorto perché anche noi, credendo in Lui, possiamo avere la vita eterna.
Questo annuncio sta nel cuore del messaggio evangelico.
Lo dichiara con vigore san Paolo: “Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede”.
E aggiunge: “Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini” (1 Corinzi 15,14.19).
Dall’alba di Pasqua una nuova primavera di speranza investe il mondo; da quel giorno la nostra risurrezione è già cominciata, perché la Pasqua non segna semplicemente un momento della storia, ma l’avvio di una nuova condizione: Gesù è risorto non perché la sua memoria resti viva nel cuore dei suoi discepoli, bensì perché Egli stesso viva in noi e in Lui possiamo già gustare la gioia della vita eterna.
La risurrezione pertanto non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall’Uomo Gesù Cristo mediante la sua “pasqua”, il suo “passaggio”, che ha aperto una “nuova via” tra la terra e il Cielo (cfr Ebrei 10,20).
Non è un mito né un sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile: Gesù di Nazaret, figlio di Maria, che al tramonto del venerdì è stato deposto dalla croce e sepolto, ha lasciato vittorioso la tomba.
Infatti all’alba del primo giorno dopo il sabato, Pietro e Giovanni hanno trovato la tomba vuota.
Maddalena e le altre donne hanno incontrato Gesù risorto; lo hanno riconosciuto anche i due discepoli di Emmaus allo spezzare il pane; il Risorto è apparso agli Apostoli la sera nel cenacolo e quindi a molti altri discepoli in Galilea.
L’annuncio della risurrezione del Signore illumina le zone buie del mondo in cui viviamo.
Mi riferisco particolarmente al materialismo e al nichilismo, a quella visione del mondo che non sa trascendere ciò che è sperimentalmente constatabile, e ripiega sconsolata in un sentimento del nulla che sarebbe il definitivo approdo dell’esistenza umana.
È un fatto che se Cristo non fosse risorto, il “vuoto” sarebbe destinato ad avere il sopravvento.
Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c’è scampo per l’uomo e ogni sua speranza rimane un’illusione.
Ma proprio oggi prorompe con vigore l’annuncio della risurrezione del Signore, ed è risposta alla ricorrente domanda degli scettici, riportata anche dal libro di Qoelet: “C’è forse qualcosa di cui si possa dire: Ecco, questa è una novità?” (1,10).
Sì, rispondiamo: nel mattino di Pasqua tutto si è rinnovato.
“Mors et vita duello conflixere mirando: dux vitae mortuus regnat vivus”, morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello; il Signore della vita era morto, ma ora, vivo, trionfa.
Questa è la novità! Una novità che cambia l’esistenza di chi l’accoglie, come avvenne nei santi.
Così, ad esempio, è accaduto per san Paolo.
Più volte, nel contesto dell’Anno Paolino, abbiamo avuto modo di meditare sull’esperienza del grande Apostolo.
Saulo di Tarso, l’accanito persecutore dei cristiani, sulla via di Damasco incontrò Cristo risorto e fu da Lui “conquistato”.
Il resto ci è noto.
Avvenne in Paolo quel che più tardi egli scriverà ai cristiani di Corinto: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Corinzi 5, 17).
Guardiamo a questo grande evangelizzatore, che con l’entusiasmo audace della sua azione apostolica, ha recato il Vangelo a tante popolazioni del mondo di allora.
Il suo insegnamento e il suo esempio ci stimolino a ricercare il Signore Gesù.
Ci incoraggino a fidarci di Lui, perché ormai il senso del nulla, che tende ad intossicare l’umanità, è stato sopraffatto dalla luce e dalla speranza che promanano dalla risurrezione.
Ormai sono vere e reali le parole del Salmo: “Nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno” (139[138],12).
Non è più il nulla che avvolge ogni cosa, ma la presenza amorosa di Dio.
Addirittura il regno stesso della morte è stato liberato, perché anche negli “inferi” è arrivato il Verbo della vita, sospinto dal soffio dello Spirito (v.
8).
Se è vero che la morte non ha più potere sull’uomo e sul mondo, tuttavia rimangono ancora tanti, troppi segni del suo vecchio dominio.
Se mediante la Pasqua, Cristo ha estirpato la radice del male, ha però bisogno di uomini e donne che in ogni tempo e luogo lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse armi: le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore.
È questo il messaggio che, in occasione del recente viaggio apostolico in Camerun e in Angola, ho inteso portare a tutto il Continente africano, che mi ha accolto con grande entusiasmo e disponibilità all’ascolto.
L’Africa, infatti, soffre in modo smisurato per i crudeli e interminabili conflitti – spesso dimenticati – che lacerano e insanguinano diverse sue nazioni e per il numero crescente di suoi figli e figlie che finiscono preda della fame, della povertà, della malattia.
Il medesimo messaggio ripeterò con forza in Terrasanta, ove avrò la gioia di recarmi fra qualche settimana.
La difficile ma indispensabile riconciliazione, che è premessa per un futuro di sicurezza comune e di pacifica convivenza, non potrà diventare realtà che grazie agli sforzi rinnovati, perseveranti e sinceri, per la composizione del conflitto israelo-palestinese.
Dalla Terra Santa, poi, lo sguardo si allargherà sui paesi limitrofi, sul Medio Oriente, sul mondo intero.
In un tempo di globale scarsità di cibo, di scompiglio finanziario, di povertà antiche e nuove, di cambiamenti climatici preoccupanti, di violenze e miseria che costringono molti a lasciare la propria terra in cerca di una meno incerta sopravvivenza, di terrorismo sempre minaccioso, di paure crescenti di fronte all’incertezza del domani, è urgente riscoprire prospettive capaci di ridare speranza.
Nessuno si tiri indietro in questa pacifica battaglia iniziata dalla Pasqua di Cristo, il quale – lo ripeto – cerca uomini e donne che lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse armi, quelle della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore.
“Resurrectio Domini, spes nostra!”, la risurrezione di Cristo è la nostra speranza! Questo la Chiesa proclama oggi con gioia: annuncia la speranza, che Dio ha reso salda e invincibile risuscitando Gesù Cristo dai morti; comunica la speranza, che essa porta nel cuore e vuole condividere con tutti, in ogni luogo, specialmente là dove i cristiani soffrono persecuzione a causa della loro fede e del loro impegno per la giustizia e la pace; invoca la speranza capace di suscitare il coraggio del bene anche e soprattutto quando costa.
Oggi la Chiesa canta “il giorno che ha fatto il Signore” ed invita alla gioia.
Oggi la Chiesa prega, invoca Maria, Stella della Speranza, perché guidi l’umanità verso il porto sicuro della salvezza che è il cuore di Cristo, la Vittima pasquale, l’Agnello che “ha redento il mondo”, l’Innocente che “ha riconciliato noi peccatori col Padre”.
A Lui, Re vittorioso, a Lui crocifisso e risorto, noi gridiamo con gioia il nostro Alleluia!

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